martedì 14 marzo 2017

Dolori d'Oltralpe

Per chi è stato bambino negli anni ottanta in Italia, i calci di rigore hanno sempre rappresentato un trauma. Quando arrivarono finalmente i mondiali a casa nostra, ci presentammo come favoriti, però perdemmo in semifinale contro l'Argentina. Ai rigori.
Quattro anni dopo, mondiali oltre oceano, negli Stati Uniti: finale persa ai rigori, con errore del simbolo della squadra, Roberto Baggio.
Quelli come me che sono nati sul finire degli anni ottanta hanno scarsa memoria di quest'ultimo episodio e nessuna del primo, per cui il loro primo grande appuntamento fu il mondiale di Francia nel '98. Come al solito l'Italia si presentava con discrete ambizioni di successo finale, pur non essendo la favorita; ai quarti peschiamo i padroni di casa e, per la terza volta consecutiva, ci giochiamo la permanenza nel torneo dal dischetto. I nostri sogni, come ahimé ricordiamo, si infransero contro la traversa centrata in pieno da Di Biagio.
Lacrime, calde lacrime, prima grande delusione e desideri di profonda vendetta.
Manco a farlo apposta, l'occasione buona si presenta al giro di giostra successivo: finale degli Europei del 2000. Questa volta, se possibile, l'epilogo è ancora più doloroso. La Francia acciuffa il pareggio negli ultimi trenta secondi dei regolamentari e si aggiudica il trofeo al Golden Gol (regola che verrà poi eliminata nel giro di pochi anni).
Questa doppietta per me è stata letale, mi ha segnato in maniera indelebile, al punto che la celebre vittoria del 2006 non è bastata a rimuovere del tutto il trauma. Forse è legato al disincanto col quale da fanciulli viviamo qualunque esperienza, però il mondiale tedesco è stato una sorta di contentino, o meglio, ci ha permesso di pareggiare i conti, non di passare in vantaggio.
Più vado avanti negli anni e più sento che quella sfida l'ho persa. Non intravedo all'orizzonte la concreta possibilità di chiudere per sempre quelle ferite, è più forte di me.
Tuttora, nonostante siano passati quasi diciassette anni, soffro come un cane a vedere le immagini della finale europea. Distolgo lo sguardo, cambio canale, faccio altro.
Forse ero troppo fragile all'epoca e di conseguenza esposto in maniera eccessiva alle negatività della vita.
O forse, crescendo, una vittoria non mi dà più quell'autentica gioia che avrei provato da bambino.

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