venerdì 23 gennaio 2015

pensierino del giorno-23/01/2015

svegliarsi bene è importante, ma non sempre possibile. per questo esistono i giullari di corte.
orbene, sin dall'alba dei tempi il risveglio è il momento più traumatico nella giornata dell'uomo: solo l'abbiocco post-prandiale gli si avvicina, ma di sicuro non rappresenta una minaccia credibile per il primo posto in solitaria nell'elenco delle cose che uno cancellerebbe dalla faccia della terra. nota di colore: cancellando il risveglio, uno potrebbe addormentarsi una sola e letale volta nella vita.
dunque, cos'è che è in grado di allietare questi tormentati minuti che quotidianamente ci massacrano le membra e lo spirito? a parte il sesso orale, intendo.
c'è chi dice una buona colazione, pasto più importante della giornata.
c'è chi dice niente.
c'è chi si gira dall'altra parte e poi si sveglia in ritardo.
c'è chi dice una bella giornata di sole.
c'è chi dice un pompino.
c'è chi dice un pompino e poi girarsi dall'altra parte.
hanno tutti ragione e tutti torto. ragione, evidente, perchè quelle sopraelencate sono verità assolute e incontrovertibili, degne di assurgere a dogmi teologici. torto poiché ne omettono una fondamentale: iniziare a ridere a crepapelle entro la prima ora di veglia.
i protagonisti di questa storia sono due: l'arciduchessa d'austria, maria caterina d'asburgo, e il cardinale spontini, abile diplomatico dello stato pontificio che tesse le sue trame con arguzia e sagacia nelle corti dei più importanti monarchi europei. persone di alto lignaggio, abituate da sempre a ostentare grande classe e dignità, soprattutto in pubblico, e a non cedere mai alle emozioni, onde evitare di offrire un vantaggio al proprio interlocutore.
personaggi di contorno sono il giovane spruz, aspirante coglione, e il bauscia ranzani, commerciante di stoffe arricchitosi grazie ai suoi traffici con l'estero.
la voce narrante è sempre la mia, che assisto alla scena a bordo dell'immancabile vespa, sempre più calamita per aneddoti. la narrazione è al presente, data la contiguità con lo svolgersi degli eventi, e ha un incipit in medias res: dopo lauta e abbondante colazione salgo sul poderoso destriero per andare a lavoro, godendomi nel tragitto il panorama delle montagne finalmente innevate che circondano torino. il monviso ha la cuspide incappucciata da un piccolo banco di nubi e solo chi ne conosce bene la forma riesce a immaginarsela.
giunto all'incrocio con la via dove si trova l'ufficio, noto davanti a me un piccolo rallentamento: qualcuno sta facendo manovra in retromarcia e causa qualche disagio alla circolazione. grazie alla più volte elogiata agilità della vespa evito il tutto con un colpo d'acceleratore e in un attimo posso parcheggiare; mentre mi sfilo il casco e mi accingo a entrare nel portone, sento un vociare piuttosto animato provenire dalla via.
la scena che mi si presenta davanti è all'apparenza piuttosto banale: automobilisti che si sfanculano vicendevolmente. per la precisione, come mi è stato poi riferito, il buon ranzani, a bordo del suv col quale si sposta anche dal salotto alla camera, è entrato in retromarcia dalla via per evitare le telecamere della ztl e questa sua manovra ha costretto il giovane spruz a fargli spazio indietreggiando a sua volta. sopraggiungeva, però, ammantata dal suo fascino di nobildonna aristocratica, l'arciduchessa d'austria sulla propria carrozza, con l'infanta seduta al suo fianco. c'è un rischio di collisione tra il giovane spruz e l'arciduchessa, per fortuna scongiurato; le due macchine però si ritrovano in questo modo fianco a fianco e l'asburgo ha ora strada libera davanti a sé.
calano le maschere, inizia lo show.
l'arciduchessa, attraverso i suoi modi garbati e da gran dama, fa notare al giovine la poca accortezza della propria condotta al volante, e questi risponde per le rime, non avendo forse riconosciuto il lignaggio di chi gli ha rivolto la parola. il ranzani, che si è dimenticato di mettere il freno a mano alla sua auto che nel frattempo scivola indietro, cerca di smorzare i toni proponendo uno sconto per entrambi sui suoi prodotti. il giovane spruz, capito che la nobildonna non ha un cazzo da fare dal mattino alla sera e può permettersi di perdere tempo questionando sul nulla, decide di abbandonare la tenzone (incerto sull'arcione, tentò di risalir) e sceglie di dileguarsi.
la fermata dell'arciduchessa, però, aveva spiegato i propri effetti anche su chi stava sopraggiungendo, e cioè il porporato spontini, ornamento e splendor del secol nostro. questi, visibilmente indispettito dalla perdita di tempo, decide di lanciare una tanica di benzina sul fuoco e strombazza, al fine di invitare con delicatezza la nobildonna a rimuovere l'intralcio alla normale circolazione dei veicoli.
non si suona il clacson a un'asburgo.
nossignore.
questo non è ammesso.
maria caterina scende dalla macchina decisa a chiedere ragione dell'oltraggio subito: - cazzo vuoi nonno? non rompere i coglioni -
- vaffanculo, levati dal cazzo -
- no -
riassunto così il carteggio fra i due, si giunge al momento in cui spontini fa appello alla propria formazione da pastore del gregge in sardegna sul gennargentu e cerca la lama di pattada, che per fortuna non trova. decide allora di scendere a sua volta dalla macchina e con fare galante si prostra davanti alla reale per onorare la tradizione del baciamano: - sposta quella cazzo di macchina -
- altrimenti? cosa fai? mi picchi? dai picchiami! mettimi le mani addosso -
trattenendosi a stento dal mostrarle l'ammirazione per la cortesia dei suoi modi, il cardinale si avvicina e, resistendo all'impulso di abbracciarle le ginocchia, prosegue con le sue richieste: - torna in macchina e parti, deficiente, hai bloccato tutto -
- no, io faccio il cazzo che voglio, hai capito, vecchio della madonna -
a bordo del veicolo, l'infanta vorrebbe essere orfana.
spontini si risolve a chiedere l'intervento della santa sede da roma e prende il cellulare, forse davvero per chiamare o solo per segnarsi il numero di targa. l'arciduchessa, che era già risalita e questa volta stava per andarsene sul serio, lo nota dallo specchietto e girandosi lancia un messaggio distensivo che fa ben sperare per i futuri rapporti tra il regno austro-ungarico e lo stato pontificio: - tanto la macchina è intestata a stocazzo, cretino! -

mercoledì 21 gennaio 2015

pensierino del giorno-21/01/2015

c'è chi ha l'abitudine di andar per cimiteri, come se fosse un atto dovuto. saltuariamente pigliano, partono e si vanno il giro delle tombe dei parenti defunti; sinceramente, è una tradizione che non sono mai riuscito a comprendere fino in fondo.
posto che l'elaborazione del lutto è personale e in quanto tale sottratta al giudizio altrui, mi pare alquanto forzata. l'esigenza impellente di recarsi al cimitero, quasi fosse un obbligo divino al quale è vietato sottrarsi pena la scomunica, odora poco di spontaneità.
sarà che vado davvero poco al cimitero, ma non credo che sia necessaria la presenza fisica in un dato luogo per assolvere a compiti di natura spirituale. è palese che chi è partito per il suo viaggio non tornerà indietro, per cui a chi è rimasto non resta che coltivarne il ricordo, individualmente o insieme ad altre persone, ma senza che vi sia una sorta di intermediario, come accade magari per la messa, cosa che rende in qualche modo necessaria la presenza in chiesa di tanto in tanto (è palese come non sia d'accordo con tutto questo, ma non ho voglia di divagare troppo). dunque, se il lutto è qualcosa che appartiene alla sfera intima e soggettiva di ognuno, sfugge alla costrizione di un luogo. si vive in ogni momento, nell'imprevedibilità del quotidiano e nelle associazioni di idee che ci capita di fare.
e non per questo lo si vive con minor intensità.

domenica 18 gennaio 2015

pensierino del giorno-18/01/2015

spoiler alert: il pensierino che segue è, con ogni probabilità, un ricettacolo di ovvietà alle quali poteva senza dubbio giungere chiunque. ciò debitamente premesso, ho proprio sentito l'impellenza di scriverlo. un po' come quando scappa la cacca, vai a farla e basta, non è che stai tanto a ricamarci su.
allora. nel dubbio tra fare e non fare, è sempre da preferire la prima. lascio perdere tutte le questioni sul tempo che sfugge blabla, è da quando studiai seneca al liceo che ne sono ossessionato, ma voglio concentrarmi su un altro lato della vicenda, e cioè i ricordi.
ipotizziamo che la situazione zero, cioè la normalità, sia quella di trascorrere la vita a casa propria sdraiato da qualche parte a puzzare. saltuariamente può anche essere piacevole e sarebbe ipocrita da parte mia negarlo, cionondimeno lascia poche tracce nella nostra memoria. anzi nessuna.
quando invece si decide di agire, la situazione zero è di per sè già alterata. qualunque cosa succeda dopo andrà ad arricchirci, costituirà un diversivo dalla routine, lascerà traccia di sé in un ricordo.
molto spesso per fare, ahimè, servon due cose delle quali non possiamo disporre quanto vorremmo: tempo e danaro. sul primo abbiamo già più margine di manovra, sul secondo decisamente poco. al di là della mia personale convinzione che sia meglio morire poveri in canna, raramente mi son pentito di quando sono uscito di casa. capita che uno pensi di aver sprecato tempo e soldi, capita eccome, ma a distanza di anni invece finisce col riderci su perchè qualcosa ne trae comunque. condividere esperienze con le persone ci aiuta a conoscerle meglio e fare selezione su chi vogliamo che ci stia intorno nella vita. da un episodio sfortunato e vissuto male anche per chi era presente si può decidere di fare un bel repulisti e, per quanto sulle prime porterà solo un pesante fardello di negatività e pessimismo cosmico, sulla lunga distanza spiegherà i propri effetti positivi.
agire, fare, muoversi.

giovedì 15 gennaio 2015

pensierino del giorno-14/01/2015

il tormentato rapporto tra uomo e benzina è stato oggetto di numerosi studi da parte di antropologi, sociologi e perdigiorno vari. l'evoluzione dottrinale, tuttavia, ha subito una decisa svolta quando è stata inserita la variante chiave dell'algoritmo, ossia la sfiga.
tale cambiamento ha rivestito un'importanza così significativa che oggi si tende a distinguere nel periodo pre-sfiga e in quello post-sfiga. beninteso, la sfiga è sempre esistita, ma fino alle prime leggi di murphy si teneva in qualche modo a dissimularne, se non addirittura a negarne, l'esistenza. vi viene in mente un azzardato paragone con la criminalità organizzata in una regione isolare dell'italia del sud? non ne comprendo il motivo.
dicevamo, ordunque, che i teologi, gli astronomi e talvolta persino le parrucchiere hanno dovuto rivedere completamente le loro posizioni e, pena l'esclusione dalla comunità scientifica, aggiornarle secondo i più recenti studi. cercherò, di seguito, di offrire una veloce ma esaustiva panoramica sui capisaldi cui è giunto il pensiero umano.
innanzitutto, è bene partire dal postulato di hibbert, colonna portante della teorizzazione pragmatica della sfiga: la sfiga esiste e ci vede benissimo. chiara dunque l'impostazione di origine pagana del pensatore della georgetown university, che vuole richiamare il mito greco (la fortuna è cieca) e al tempo stesso superarlo, offrendo la piattaforma per una positivizzazione della sfiga.
sul postulato di hibbert riposa l'equazione di carter-williams: il giovane matematico da syracuse, noto per il suo approccio economico-finanziario, ha portato la riflessione a un livello successivo, cercando di depurarla dai contenuti più astratti. secondo la sua equazione, infatti, il livello della benzina in un serbatoio è direttamente proporzionale alla quantità di soldi nel portafoglio.
occorre a questo punto aprire una breve ma inevitabile parentesi: in molti, da ultimo kidd-gilchrist, hanno criticato carter-williams scorgendo nella sua formula un velato messaggio di matrice marxista. niente di più sbagliato. lo stesso matematico ha avuto modo di fornire una sorta di interpretazione autentica del proprio pensiero, specificando che non vi è alcun richiamo alle disuguaglianze sociali e alla lotta di classe, ma si tratta invece di una conseguenza: l'assioma di partenza è che chi ha meno soldi ha più sfiga, e solo in un secondo momento questa si riverbera sull'assenza di carburante nel serbatoio. ecco dunque respinte le tesi revansciste e polemizzanti portate avanti in questi anni da una frangia di pensatori ostili.
ora però è il momento di addentrarci nel calcolo di funzioni e sfiga applicata, la cui comprensione non è purtroppo per le menti più semplici.
la prima legge di murphy sulla benzina (in realtà sul diesel, essendo quest'ultimo un accanito sostenitore della superiorità delle auto a gasolio) è ormai riconosciuta come verità dogmatica: fintantoché il serbatoio è pieno, si disporrà di tempo per fare rifornimento. come si può ben vedere murphy è sempre molto attento alle contingenze spazio-temporali, rilevando argutamente come il riempimento del serbatoio sia un'operazione spesso soggetta a procrastinazione.
sulla prima legge di muprhy è intervenuta la correzione di garnett: fintantoché il serbatoio è pieno, si disporrà di tempo per fare rifornimento e i benzinai proporranno prezzi competitivi. acuto osservatore dell'animo umano, forse anche per via dei suoi studi presso la scuola ebraica, il garnett non manca di porre l'accento, in evidente continuità con kidd-gilchrist, sul fattore monetario. accettando il punto di partenza di murphy, vuole però estremizzare il concetto della procrastination, spiegandone le conseguenze da un punto di vista keynesiano: a furia di rimandare il pieno perchè tanto benzina ce n'è, si finisce col ritrovarsi senza tempo per fermarsi a un distributore, distributore che comunque pratica prezzi molto elevati e dunque costringe l'automobilista a un esborso maggiore.
a testimonianza di come questo filone riflessivo sia quanto mai fertile e tuttora oggetto di dibattiti, tavole rotonde e pic nic, si offre il più recente approdo dottrinale, ossia l'oratio de veritate di marco tullio van bronckhorst, erede spirituale di erasmo da rotterdam e, più prosaicamente, di michael reiziger: quando si accende la spia della riserva, si lascia che sia qualcun altro a fare il pieno.

lunedì 12 gennaio 2015

pensierino del giorno-12/01/2015

per fortuna i libri segnano ancora la vita. l'ho scritto varie volte, ma qui devo ripetermi: il primo e finora unico era stato 1984 di orwell, per il suo tono profetico ma drammaticamente attuale anche a distanza di parecchi anni, segno che le sue previsioni stavano solo subendo qualche ritardo.
adesso ne ho un secondo.
si chiama la strada, di cormac mccarthy, e ne hanno anche tratto un film. detto in due parole: a causa di guerre insensate e senza fine la terra è ridotta a un cumulo di macerie e i pochi sopravvissuti tirano a campare senza alcuna speranza di un futuro migliore, perchè sono loro le uniche tracce di vita sulla terra.
la cosa più agghiacciante non sono le descrizioni dei luoghi completamente bruciati e abbandonati, bensì il fatto che non dia spiegazioni e non lo collochi in alcun modo lungo la linea del tempo; semplicemente, la narrazione inizia in medias res e prosegue dando giusto qualche accenno di un passato pacifico e più vicino alla nostra realtà. non esistono schieramenti, non ci sono vincitori nè vinti, hanno perso tutti. più di tutti ha perso il pianeta e l'intera razza umana.
dopo gli eventi tragici dei giorni scorsi ho più volte pensato che viviamo perennemente sull'orlo di un conflitto che, data la potenza degli armamenti e il numero di attori coinvolti, avrebbe conseguenze devastanti. non mi interessa tanto discutere in questa sede dell'attuale situazione geo-politica, quanto piuttosto trovare una risposta al seguente quesito: chi garantisce che non succederà? il conflitto globale, intendo. a cosa ci possiamo appellare, in chi possiamo riporre la nostra fiducia?
la mancanza di una risposta mi lascia perplesso e in parte sgomento.

pensierino del giorno-11/01/2015

è il primo pensierino dell'anno nuovo e voglio dedicarlo a un tema di stringente attualità. la notizia non è più freschissima, perchè si tratta del famoso attentato a parigi, ma purtroppo ne dovremo sentir parlare ancora a lungo, se non lunghissimo.
ovviamente, a seguito del triste evento, c'è stata la gara di solidarietà: è stato lanciato questo slogan je suis charlie che per alcuni giorni ha invaso la nostra vita in qualunque ambito. del resto, ci si sentiva americani dopo l'undici settembre, perchè non dispensare un po' di fratellanza anche verso i franzosi? altrettanto prevedibili sono arrivate le voci fuori dal coro, inquadrabili in due diverse categorie. i primi sono i bastian contrari, quelli per cui la massa sbaglia sempre ed è quindi necessario seguire un pensiero diverso, anche se porta ad abominii del raziocinio. i secondi invece sono gli incommentabili, alla salvini, quelli che sfruttano eventi del genere per far trapelare il solito messaggio retrogrado e pre-seconda guerra mondiale, con un ritardo sull'evoluzione del pensiero umano di soli 80-85 anni.
visto che con i secondi è impossibile dialogare a meno di conoscere il linguaggio dei primati, vorrei rivolgermi ai primi, quelli che pretendono di insegnarti qualcosa in più, di essere sempre in grado di avere una propria originalità e miglior capacità analitica.
figliuoli.
sto benedetto je suis charlie non significa che si sottoscrive in tutto e per tutto l'operato dei giornalisti e che da domani ci tatueremo le loro vignette sul corpo. fosse davvero così sarebbe un messaggio piuttosto banale ed effettivamente criticabile.
voglio però credere a una cosa diversa, e cioè che je suis charlie non sia a favore di, bensì contro qualcosa. je suis charlie è contro un mondo oppresso dalla religione, dove dominano oscurantismo culturale e intolleranza reciproca. non è un caso che una rivista del genere sia nata in francia, uno degli stati che hanno fatto della laicità il loro punto di forza, arrivando in certi casi a decisioni estremiste sotto questo profilo. je suis charlie è, per assurdo, la voce più religiosa di tutte: sotto quella scritta mi ci riconosco in quanto stufo delle religioni vissute pubblicamente e non privatamente, delle religioni che spingono a conflitti, o nel migliore dei casi usate strumentalmente a questo fine, del culto di stato, in una parola sola non ne posso più delle separazioni. non è mia intenzione lanciare un messaggio hippie alla volemose bbene, però trovo davvero assurdo che si combatta in nome di testi scritti migliaia di anni fa e in base a questo ci si distingua tra buoni e cattivi.
per il proprio dio tutti hanno ucciso, molti continuano a farlo, dunque non esiste un prima o un dopo, non esistono colpe da attribuire, esiste semplicemente il momento di fermarsi.
nel momento in cui la religione la smetterà di avere un ruolo così preponderante, non esisteranno più giornali satirici alla charlie hebdo, o meglio, se esisteranno diventeranno cagate da quattro soldi perchè prenderanno in giro, a volte in maniera persino volgare e poco divertente, una questione privata di cittadini.
affermare je suis charlie significa banalmente sperare in un mondo libero dai dogmi.