venerdì 23 dicembre 2016

Logica

Qualunque scienza ha alla base alcuni elementi di logica, spesso traducibili come coerenza interna di un ragionamento.
Personalmente, non so una cippalippa di economia. Ho giusto in mente alcuni vaghi e confusi concetti.
Ogni tanto rifletto lo stesso.
Il mondo all'interno del quale viviamo si basa sul capitalismo, il cui assunto di base è estremizzato nel famoso consumismo, ben riassunto dal "produci-consuma-crepa".
L'essere umano deve produrre ricchezza/beni, poi è cortesemente pregato di spendere i soldi con i quali è stata retribuita la sua forza lavoro per acquistare tali beni, e a quel punto è stato sufficientemente utile al sistema da poter essere congedato.
Apparentemente è perfetto, ma ultimamente pare sia stato segnalato un piccolo problemino di funzionamento interno: sembra manchino le risorse per attuare la seconda parte della triade.

giovedì 22 dicembre 2016

Distanze di sicurezza

La giusta scansione dei tempi al mattino riveste un ruolo centrale nel nostro risveglio. Come ogni macchina complessa, non ci mettiamo in moto con la sola accensione dell'interruttore, ma questa innesca una serie di operazioni che portano, successivamente, alla piena operatività. Dal clic all'esser funzionanti passa una quantità di tempo variabile da soggetto a soggetto, ed è fondamentale che ognuno si prenda quanto gli è necessario. Del resto, se si provano a fare delle operazioni su di un computer che non è ancora pronto, lo si impalla, è risaputo.
Doveroso, in tal senso, è che l'operazione di lavaggio dei denti non sia troppo a ridosso della colazione: del resto, è uno dei piaceri della vita consiste nel gustare il sapore del cibo in bocca dopo la fine del pasto, e allora perché privarsene? Supremo errore commette chi, appena finita la colazione, si reca in bagno per adoperare con veemenza lo spazzolino; bisogna infatti regalarsi qualche sacro e lento minuto di godimento papillare, senza fretta di uscir di casa per avventurarsi in una nuova giornata. Per questo occorre avere un minimo di tempo da poter gestire al mattino, onde evitare di ritrovarsi a fare tutto di corsa e quindi a rovinare gli incantevoli attimi che persino il lento e macchinoso risveglio può regalare.

mercoledì 21 dicembre 2016

Voglio fare uscendo

Siccome il Pensierino è da sempre contro la progressiva perdita d'identità della nostra lingua madre, l'espressione "fare outing" sarà su queste pagine sostituita da "fare uscendo".
Desidero pertanto fare uscendo riguardo ad un annoso problema: l'asse del cesso. Da sempre oggetto di diatriba tra uomini e donne, è assurto a paradigma della scarsa considerazione maschile nei confronti del gentil sesso: chi non ha mai subito una perforazione del timpano per gli strilli dovuti a uno scarso controllo della propria idropompa in fase di minzione, seguita da irrorazione del suddetto asse, lasciato abbassato contrariamente alle norme di prudenza e buona civiltà?
Dall'alto della propria atarassia, l'uomo non si è mai eccessivamente curato della questione, limitandosi a fare spallucce ed evitando il conflitto frontale con l'astioso nemico. Basta pulire, è la soluzione cui pensa.
Come spesso accade in questi casi, è da un episodio personale che si sviluppa una maggiore attenzione riguardo a una particolare tematica. Nel mio caso, mi è capitato di dovermi sedere sulla tazza (non volevo scrivere che dovevo fare la cacca, ma penso si sia capito) in occasione di un evento cui hanno partecipato molte persone. I bagni erano rigorosamente divisi e, devo dire, anche in uno stato decoroso, o almeno a prima vista. Una volta dentro, invece, il disastro più totale.
Per la prima volta mi son davvero ritrovato a chiedermi "è così difficile alzare l'asse quando si fa pipì, attesa la totale incapacità di centrare il buco?".
Ho subito controllato che non mi fossero spuntate le tette od organi genitali femminili, ma davvero ho capito la frustrazione di doversi per forza appoggiare a qualcosa di immensamente lurido e, soprattutto, lurido senza un vero motivo.
Non appena sono stato meglio comunque sono tornato nei bagni e ho innaffiato anche i muri, in modo da recuperare il tempo perduto.

martedì 20 dicembre 2016

Sicurezza & prevenzione

Viaggiare seguendo il navigatore equivale a ficcarsi un gigantesco preservativo sul cervello, con la certezza che nulla di tutto ciò che viviamo ci possa rimanere impresso.

lunedì 19 dicembre 2016

Benvenuti

L'Italia è quel meraviglioso Paese dove i partiti politici riscuotono il loro maggior tasso di gradimento mentre sono all'opposizione.
Immancabilmente, l'unico modo per distruggerli è portarli a governare e/o amministrare. Quindi, a ben vedere, quello dell'alternanza politica è un falso problema: si realizza da sola, senza bisogno di leggi che la incoraggino. Siamo così bravi e democratici da essere i primi ad aver prodotto gli effetti di una legge prima ancora della legge medesima.

sabato 10 dicembre 2016

Nuove frontiere

Assurdo che nei negozi di oggettistica erotica nessuno abbia mai pensato di commercializzare, a un prezzo ovviamente folle, i cotton fioc. Esiste forse qualcosa che provochi più piacere?

giovedì 8 dicembre 2016

Segreti

Custodire un segreto altrui presuppone una notevole quantità di fiducia da parte di chi lo affida. Il motivo per cui lo si trasmette, però, continua a rimanermi oscuro: si tratta della naturale estensione di un rapporto d'amicizia, in virtù della quale si desidera che una persona venga a conoscenza di alcune cose perché ci possa conoscere meglio, oppure è la necessità di condividere con qualcuno un fardello, sapendo che non si è soli a portarlo? Il fardello, oltretutto, non sarebbe neanche costituito dal segreto in sé, ma dalla difficoltà di non farne mai parola; allentare questo vincolo e trovare qualcuno con cui poterne magari discutere lo fa sentire meno opprimente, meno ingombrante, e quindi più vicino alla leggerezza di un fatto notorio conosciuto da tutti.
La terza opzione invece, come insegna Tyrion Lannister, è utilizzare diverse versioni di un medesimo fatto per scoprire chi ci è realmente amico.

martedì 6 dicembre 2016

Nostempìa

Inutile evidenziare un bisogno se poi non ci si attiva per porvi rimedio.
Ho coniato la parola che cercavo: nostempìa.

"Ciao, come stai? Hai l'aria abbattuta"
"Sai com'è, un po' di nostempìa"
"Ti capisco. Quando c'era Lui i treni partivano in orario"
"Non farmici pensare. Una fitta costante al cuore"
"Ti manca molto?"
"Sono un pendolare, quindi quotidianamente. Non passa giorno in cui io non dedichi almeno un commosso pensiero al ricordo del miglior amministratore delegato della storia delle ferrovie italiane: Luca Cordero di Montezemolo"

lunedì 5 dicembre 2016

Nuovi lemmi

Nostalgia di tempi mai vissuti.
Ecco cosa qual era il concetto che cercavo di sintetizzare un paio di settimane fa ma che poi mi era sfuggito di mente.
La nostalgia che si prova per un'epoca, pur essendo nati quando questa era già finita oppure senza averla potuta apprezzare a pieno perché troppo piccoli per comprenderla. Benché di primo acchito mi piaccia molto, è un concetto che porta con sé un velo di negatività, perché implica il non apprezzare il periodo nel quale si vive.
O tempora
o mores
Chissà se in latino esiste questa parola, visto che in qualche maniera il concetto l'hanno inventato loro.

domenica 4 dicembre 2016

Il mio voto è

...tuttavia, le parole contano. E pesano pure. Hanno pesato in negativo quelle spese dai sostenitori della riforma, o almeno così è stato per me. I giudizi che ho espresso ieri sono sufficienti per votare convintamente no, perché una riforma deve apportare un contributo migliorativo, altrimenti a cosa serve? Quindi l'onere della prova incombe su chi la propone: sono loro a dover dimostrare che corrisponda ad un bisogno, che possa svolgere una sua funzione ed efficacia. Purtroppo, non hanno soddisfatto neanche il più blando standard qualitativo richiesto.
Tapparsi occhi ed orecchie è stato però impossibile durante questo periodo di arzilla campagna elettorale, così ci è toccato assistere al salto mortale con triplo avvitamento carpiato di chi aveva sostenuto la riforma voluta dal governo nel 2006, quella sì in senso autoritario, e che adesso vota no, ci siamo dovuti sorbire le unghie sul vetro di chi cerca di salvare le sedie contro le quali si è scagliato per anni. Ci siamo trovati di fronte al vuoto pneumatico delle idee, al nulla più assoluto, all'inconsistenza fatta retorica e resa pubblica. Dinanzi a questo modo di far politica, quale può essere la risposta? Ruttare più forte? Produrre più meme? Sarebbe bastato il silenzio per non far vincere il sì al referendum: l'italiano è conservatore, ha paura dei grandi cambiamenti. Non lo fa di proposito, ma tendenzialmente si mobilita solo quando qualcuno vuole cambiare e lui improvvisamente si riscopre pasionario, idealista, identitario, attaccato a principi e valori che fino a dieci minuti prima non sapeva esistessero, anche perché sulla guida dei programmi tv non c'erano. Invece no, hanno deciso di strafare, si sono sentiti in dovere di esprimere la loro opinione e di renderla palese, mettendo in crisi chi pensava di poter risolvere il problema schierandosi contro una cosa sola. Come si fa a schierarsi contro le uniche due opzioni possibili?
Se vivessimo in un mondo ideale, dove si vota sempre e solo secondo i propri principi, non si porrebbe neanche il problema. A questo punto della mia vita, peraltro, posso anche dire di aver ogni volta votato secondo coscienza, senza mai cedere al giochino della minaccia, allo spauracchio dell'antagonista che rappresenta il male assoluto. Ci sono cascato davvero una sola volta, per le ultime presidenziali americane, dove però non votavo. Mi sarei schierato con un candidato da me non apprezzato pur di non far vincere l'altro, avrei ceduto alla tentazione di inserire una scorciatoia nel mio ragionamento, benché fossi a conoscenza della sua erroneità. La fallacia ad hominem è sempre in agguato e questa volta mi ha fatto suonare qualche campanello d'allarme. Possibile davvero trovarsi fianco a fianco con persone e ideologie (se così si possono definire) dalle quali ho sempre fatto l'impossibile per prendere le distanze?
C'è qualcosa di strano, di distorto in tutto ciò. In effetti è vero, le parole pesano. Pesano anche i nostri gesti, i nostri atti; per questo, a malincuore, ritengo che sia ingenuo recarsi alle urne nella convinzione che il nostro voto influenzi solamente l'esito della consultazione referendaria e, per l'effetto, l'approvazione o meno della riforma costituzionale ivi proposta. Fa molto di più, conferisce potere e legittimazione politica, è come se, silenziosamente, andassimo a ingrossare le fila di due eserciti contrapposti, l'uno contro l'altro finché non sarà scattata la foto ricordo, poi si scioglieranno le righe. La battaglia però sarà vinta dall'esercito che, a giudicare dalla foto, sembrava più numeroso, e poco importa se chi ne ingrossava i reparti se ne è prontamente allontanato. Ormai sono sulla foto.
Il terreno che calpestano coi loro piedi è quello minuziosamente scelto, quello del discredito altrui, che sostituisce l'offesa all'argomentazione, che invoca l'abbandono del raziocinio in favore di istinti triviali, che suona molto come un invito a farsi la cacca addosso quando scappa, senza aspettare di essere seduti sul cesso. Quanto vorrei esserne lontano anni luce, trovarmi tanto tempo fa in una galassia lontana lontana.
Lo scontro si giocherà con regole che non condivido, ma che una parte ha apparecchiato e che l'altra ha saputo prontamente rivolgere in proprio favore.
Non sono a mio agio, preda di troppe pulsioni contrastanti.
L'unica scelta che non mi concedo è quella di chiamarmi fuori, perché siamo tutti quanti chiamati a dire la nostra. Non tanto per l'importanza del quesito in sé, i cui effetti sono probabilmente sovrastimati, ma per quello che succederà dopo.
Ci tengo, in chiusura a fare una precisazione: non voglio in alcun modo essere accostato a nessuna delle due correnti. Ho fatto del mio meglio per smarcarmene, per arrivare a costruirmi un'idea personale che non dovesse riflettere quella di nessun altro. Non è un caso che sia riuscito a litigare più o meno con tutti, persone con le quali colgo l'occasione per scusarmi, visto che ho sicuramente esagerato con i toni. A questa domenica di voto seguiranno i giorni del trionfo per qualcuno e della sconfitta per qualcun altro, ma non vorrei che l'euforia e la mestizia cancellassero quanto di squallido impresso nelle pagine della nostra storia, e fossimo più consapevoli, a partire da lunedì mattina, prima che il gallo canti tre volte, che l'impegno per un sistema paese migliore passa da noi cittadini. Delegare al governante di turno il miglioramento di quello che ci circonda, pensando di poterlo piazzare lì e poi dimenticarsene fino alle successive elezioni, è quanto di più sbagliato possa accadere.

Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d'obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta 
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni

Malgrado tutto, mentre voi leggete, io sarò già andato nel seggio e, ammantato di tristezza e afflizione, avrò votato sì.

sabato 3 dicembre 2016

Sulla riforma

Sono contrario alla riforma.
Lo dico chiaro e tondo, affinché lo si sappia. Trovo che l'intervento del legislatore sia stato poco rigoroso, foriero di dubbi, soggetto ad eccessive interpretazioni e soprattutto carente di quell'idea di definitività e autosufficienza che sono invece due requisiti imprescindibili.
Andiamo con ordine.
Il riformatore muove da premesse certo non nuove, che di sicuro non ha coniato e che ancor più certamente non hanno mai trovato particolare riscontro nella sua previa attività politica. Insomma, ha preso alcune idee di qua, altre di là e le ha fuse insieme. Il risparmio sui costi della politica è un principio ben condivisibile in astratto, sebbene debba essere obbligatoriamente sottoposto a una valutazione in concreto, pena il rischio di una deriva di stampo luddisto-grillina, che in nome di una non meglio identificata onestà mette a repentaglio alcuni cardini dell'ordinamento repubblicano, prima tra tutti l'indipendenza dei parlamentari. La velocizzazione dei tempi di approvazione delle leggi è un altro obiettivo auspicabile, peccato che sia anche qua necessario valutare quale interesse viene sacrificato sul suo altare; di norma, la si identifica nel principio di governabilità, che è spesso contrapposto a quello di rappresentatività. Più sono le persone coinvolte nel processo decisionale, più si allungano i tempi, si dice. Ne consegue che, riducendo il numero dei primi, si abbasserà di conseguenza il tempo del secondo, almeno stando a quanto si afferma.
Senza indagare oltre, mi sono posto una prima domanda: era possibile perseguire questi due obiettivi in maniera diversa, più rapida e meno costosa, anche se magari meno altisonante? In tutta onestà, la risposta mi pare che sia sì (ironia della sorte). Non lavorando nella Ragioneria dello Stato non ho conoscenza della contabilità e di tutte le voci di spesa, ma posso azzardare che, vista l'entità tutto sommato modesta della somma che si andrebbe a risparmiare, ci siano diversi altri settori, fra i quali la politica con il suo funzionamento, dove si possano recuperare, senza scomodare l'intero corpo elettorale per approvare o meno la decisione.  Quanto alla governabilità, mi torna in mente un episodio accaduto durante questa legislatura, che per qualche tempo occupò la cronaca politica nazionale: durante un dibattito sulla conversione di un decreto legge alla Camera (non vorrei commettere imprecisioni sulla circostanza, ma è comunque irrilevante), la Presidente decise di adottare uno strumento che non era, né lo è tuttora, previsto dal regolamento. Sgraffignandolo dal regolamento del Senato, applicò la cosiddetta ghigliottina e tagliò una serie di interventi sovrabbondanti, il cui unico intento era quello di dilatare all'infinito i tempi dei lavori per far saltare la conversione del decreto stesso, per andare direttamente alla votazione finale. Apriti cielo. Opposizioni che insorgono, invocazione del fascismo, quando non aveva fatto altro che servirsi di uno strumento perfettamente lecito nell'altro ramo del Parlamento ed estendibile per analogia alla Camera. Buffo, no? Allora mi chiedo, non è che forse si poteva intervenire su diversi livelli normativi, senza andare direttamente al più alto e complesso? Per inciso, segnalo che, laddove la riforma dovesse essere approvata, resterebbe in piedi come organo legislativo la sola Camera, che continuerebbe a non prevederla nel proprio regolamento.
Questi miei dubbi, che scaturiscono da riflessioni personali, sono sufficienti a farmi dubitare della validità della riforma. Seguirebbero altre obiezioni nel merito, come il diverso quorum sul referendum sottoscritto da 800.000 persone, ma dovrei scrivere per sei giorni di fila e risulterei pedante, quindi preferisco limitarmi a quanto segue.
I sostenitori della riforma ne hanno sbandierato gli effetti benefici come se fosse la penicillina, dimostrando ancora una volta quanto siano distanti dai problemi percepiti dalla popolazione: ce lo chiede l'Europa, ce lo chiedono le Banche, ce lo chiedono gli investitori stranieri, dinanzi ai quali si fa una riverenza e si cerca di accontentarli. L'umana carità m'induce a soprassedere su certe loro argomentazioni, che sono quanto mai ottimistiche e frutto di un affidamento sul futuro che sconfina nella credulità. Prese anche in blocco, per replicare alle loro tesi basterebbe chiedere da dove traggono il fondamento di tanta convinzione. Purtroppo per loro, benché lo scenario che dipingano sia incoraggiante e ingolosente, poggia su fragili basi, che si prestano ad un eccessivo numero di obiezioni. Tra le varie, sostengono che questa è un'occasione che non si ripresenterà più per molti anni a venire; in tutta onestà, stanti le premesse di cui sopra, non mi pare così assurdo ipotizzare che un futuro esecutivo possa portare avanti dei provvedimenti volti a perseguire i medesimi obiettivi di fondo, ma con diverse modalità.
Qualcuno ancora ha provato a fare una sorta di ragionamento dal futuro: ipotizzando che la riforma sia la realtà nella quale viviamo, votereste mai un cambiamento per portare le cose a come sono adesso? L'argomento, al quale riconosco una certa incisività, non mi pare però decisivo. Sulla base del testo proposto, lo scenario più verosimile mi pare quello che vede una serie infinita di interventi correttivi in corso d'opera, che una riforma costituzionale dovrebbe puntare perlomeno ad evitare, se non proprio a scongiurare del tutto.
Mentre scrivo mi rendo anche conto di come avrei forse dovuto strutturare in maniera più schematica il mio pensiero, eppure l'affastellarsi dei dubbi mi ha fatto seguire uno schema più caotico, dove sono andato di palo in frasca senza seguire un preciso ordine. Allora, torno a chiedermi, una riforma che mi fa sorgere più dubbi che certezze, è una riforma che merita di essere approvata? Per me no.
Sia chiaro, non ho la pretesa di convincere nessuno, né di ascrivermi a una qualche corrente di pensiero. Sono giunto a questa conclusione sulla base dopo aver analizzato articolo per articolo il testo sul quale andremo a votare, cercando il più possibile di non farmi influenzare da opinioni di parte. Ho dato la priorità alle argomentazioni di chi sostiene questo cambiamento, poiché ritengo che siano logicamente precedenti, e dopo averle lette non sono riuscito a convincermi della loro bontà.
Riconosco però un loro pregio: sono riusciti a compattare su unico fronte persone che probabilmente manco al fronte si schiererebbero l'una accanto all'altra.
Contesto modi e tempi di questa riforma, che mi pare ispirata più a manie di grandezza ed egocentrismo di chi l'ha scritta che a risolvere concreti bisogni del Paese.
La contesto con tutte le mie forze.
Tuttavia...

venerdì 2 dicembre 2016

Mea culpa

Non me lo so spiegare, ma è successo davvero. Per un errore da dilettante, ieri su Facebook ho linkato un pensierino diverso. Per la precisione, quello del giorno prima. L'altro, invece, ossia quello che sarebbe dovuto venir fuori ieri, è questo qua e l'ho già rilanciato, ma penso che nessuno se lo cagherà. Poco male, non è che avesse una funzione poi così cruciale nel destino dell'umanità; vero che anche lo sbatter d'ali d'una farfalla può causare un maremoto, tuttavia non voglio attribuirmi così tanta importanza.
Mi rendo conto, mentre scrivo, che diluendo il brodo di un giorno riuscirò a svelare la mia intenzione di voto proprio nel giorno esatto del referendum. Lo trovo commovente, quasi una coincidenza felice.
Anticipo solo una cosa, a questo riguardo: spero che nessuno voti per le mie stesse motivazioni. Ho l'auspicio, sincero, che chi esprima una preferenza lo faccia con tutt'altro spirito, mosso da maggior vigore nella propria decisione e magari persino da un'entusiastica adesione. Del resto, l'avevo anticipato qua: il mio voto sarà triste, sconsolato, disilluso, di chi sa che all'eventuale vittoria del proprio (tra molte virgolette) schieramento non corrisponderà la propria esultanza. In ogni caso, non ci sarà nulla da festeggiare.

giovedì 1 dicembre 2016

Intervallo

Intervallo
Sono ben consapevole del fatto che il mondo non possa vivere serenamente senza sapere come si concluderà la mia serie di pensierini sul referendum, cosa andrò a votare nel segreto dell'urna del 4 dicembre. Come al cinema, però, giunge il momento dell'intervallo, in cui la gente si alza, va in bagno, va rifornimento di pop corn e bibite gassate.
Mi sento vagamente come nella mitica saga "Il mistero del papero del mistero": nessuno capiva niente, menchemeno quelli che stavano 'recitando', ma gli spettatori erano presissimi.
Questo è il momento adatto per il classico intermezzo riempitivo, due frasette buttate lì da un aspirante comico che nessuno si caga, qualche sorriso di compassione che si spera lo invogli a levarsi dalle scatole così ricomincia lo spettacolo. Eccomi allora nei panni dell'intrattenitore, che con voce leggermente nervosa apostrofa gli astanti, fingendo di sentirsi perfettamente a proprio agio quando invece vorrebbe essere a casa sepolto sotto un metro abbondante di piumini.
Visti i tempi che corrono, il povero comico-cetriolo (ha la stessa funzione del cetriolino nel Big Mac: l'azienda lo mette, ma tutti lo tolgono e vorrebbero protestare affinché non ci fosse mai più) è in difficoltà persino sulle battute nazionalpopolari. Una volta bastava andare contro Berlusconi e sapevi che avresti attirato qualche risata, adesso devi per forza prendertela un po' con tutti, cercando di non scontentare nessuno. Guai a te se trascuri di fare ironia sul governo, c'è il concreto rischio di ritrovarsi orde di grillini pronte a spammarti il profilo di Facebook.
Il povero comico guarda nervosamente l'orologio, prega affinché possa correre più velocemente, perché le lancette lo liberino da quest'incubo, promette che tornerà a studiare come voleva la zia Gertrude oppure farà il maniscalco come voleva lo zio Sigismondo, ma lascerà questa vita di stenti emotivi e altrui deficit di attenzione.
Infine, non si sa bene come, è il momento di eclissarsi, di scomparire per sempre dalla vista di questi orribili mostri, sotto le mentite spoglie di innocui spettatori, erano invece lì per divorarsi la sua auto-stima.