mercoledì 28 giugno 2017

Disevoluzione

Stereotipati ed ormai persino inflazionati, la prima categoria di imbecilli che viene in rilievo è quella dei personaggi dei film dell'orrore/terrore che, dinanzi ad una minaccia implacabile e spesso disumana, pensano bene di dividersi. Maestri dell'arte della guerra.
Dopodiché, non si possono non menzionare i sempiterni innocentisti di se stessi, ossia coloro che quando inciampano in un sasso danno la colpa al sasso medesimo. Chiaramente, sasso perfido ed infido, ti sei messo lì in mezzo e ora ti becchi pure gli improperi. Che ti serva di lezione per la prossima volta.
Terzi, ma non per questo meno degni di plauso, sono coloro che non appena si scatena un acquazzone pensano bene di gettarsi sotto la pioggia coprendosi con fazzoletti, nonostante fossero sotto un comodo riparo, accompagnando di solito la propria corsa con frasi del seguente tenore: "Guarda come viene giù, è l'apocalisse, presto prima che..." Prima che cosa, sottospecie di cercopiteco? Se appunto stan piovendo cani e gatti, l'esperienza non ti ha insegnato che durerà poco? O pensi che la tempesta flagellerà l'Europa Meridionale per settantadue ore riversando un volume d'acqua in grado di ricolmare il Lago d'Aral? Sei con le chiappe asciutte, resta lì e abbi pazienza. Sei l'unica persona che anziché proteggersi dal pericolo ci si fionda incontro, non ti fa riflettere quest'anomalia statistica?
Gli appartenenti a queste tre categorie, oltretutto, tendono spesso a convergere sul medesimo partito politico; lascio a voi la sua identificazione nonché stabilire quanto ciò sia una coincidenza o se forse valga la pena parlare di nesso causale, altresì detto teleologico.

martedì 27 giugno 2017

Se

Se
un uomo
di razza bianca caucasica
tornato a casa provato da una dura giornata di lavoro
Se
e quando dico Se
dico quest'uomo
spossato da una torrida calura che ne attanaglia le membra, oltretutto costrette in abiti eccessivamente pesanti per la stagione ma imposti dall'etichetta
giunto finalmente alla propria magione
avverte il legittimo e sacrosanto diritto
inalienabile e costituzionalmente garantito
di alleggerire il proprio corpo della presenza delle deiezioni
e nel farlo
si fionda con feline movenze sul trono del sapere, assaporando la gioia della libertà
SE
nel momento in cui questo luminoso esempio di virilità, coraggio e fedeltà al dovere
ritiene di potersi finalmente rilassare
suona il citofono perché è arrivato il tecnico della caldaia
È finita!

lunedì 26 giugno 2017

Mutare

Il (terribile) passaggio all'età adulta può essere colto da alcuni segnali, ma uno in particolare è quello che sancisce lo iato tra fanciullezza e maturità.
Va detto che tende a colpire di più i maschi, ma non è detto che le fanciulle ne siano esenti.

mercoledì 21 giugno 2017

La febbra

Questa storia probabilmente interessa a pochi, quindi è quella giusta da raccontare.
Per inciso, non è che sia un'anteprima o un inedito, è una storia vecchia di oltre vent'anni già romanzata in tutte le salse, della quale offro solamente una banale divulgazione.
In una calda sera di giugno del 1997, Michael Jordan è a Salt Lake City con i suoi Chicago Bulls per giocare gara 5 delle finali NBA contro gli Utah Jazz; il punteggio della serie è sul 2-2, per cui se gli avversari sfruttassero a dovere il fattore campo si porterebbero ad una sola vittoria dal titolo. Le persone normali sarebbero divorate dall'ansia per la partita dell'indomani, Michael Jordan invece ordina una pizza in camera. Visto che lui è americano, con ogni probabilità l'avrà chiesta con peperoni, ketchup e ananas, tanto che durante la notte è preda di un violentissimo attacco influenzale.
Quando il medico della squadra lo trova racimolato sul pavimento, si rende subito conto che non potrà mai scendere in campo di lì a sedici ore. Invece, con sommo stupore di tutti, un'ora prima della partita entra sul parquet per il riscaldamento.
Nonostante sia in condizioni psicofisiche pietoso, Michelone nostro gioca una partita devastante.
Gara 5 delle finali del 1997 passerà alla storia come The Flu Game, una di quelle che faranno transitare Jordan direttamente nella leggenda senza manco transitare per il mito.
Legittimamente, giunti a questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: per qual motivo ce lo sta raccontando?
Perché, per una volta, non seguirò il precetto che mi ripeteva ossessivamente mia nonna, secondo il quale "chi si loda s'imbroda".
Qualche tempo fa ho dovuto sostenere un importante e complesso esame scritto spalmato su tre giorni, durante i quali ho avuto un simpatico raffreddore condito da una gioiosa febbriciattola. La mattina dell'ultima prova, ça va sans dire la più importante ed ostica, non sarei uscito dal letto neanche per accompagnare Scarlett Johansson a scegliere i mobili della cucina della nostra casa al mare, figurarsi se mi sarei andato a cacciare in un posto con altri mille magonati a riempire fogli protocollo di scarabocchi. Giammai.
Eppure, s'aveva da fare.
Sotto la doccia, cercando di riprendermi, ho realizzato di essere con le spalle al muro. Due strade davanti a me: la prima era cedere alla debolezza e farmi riempire di cartoni, l'altra provare a lottare e cercare perlomeno di sbucciare le nocche altrui con gli zigomi. Per fare ciò, tuttavia, serviva un riferimento, un punto di fuga infinito verso cui tendere. Non poteva venirmi in mente null'altro se non Jordan in gara 5 alle finali del 1997.
Mentre l'acqua bollente non riusciva a lenire i miei brividi, ho deciso che quello sarebbe stato il mio Flu Game.
E ce l'ho fatta.


martedì 20 giugno 2017

Sfida accettata (e vinta)

La cronaca cittadina è da sempre fonte di grandi emozioni, oltre che di informazioni pratiche spesso utili. Per questo motivo, ho l'abitudine di dare un'occhiata alla sezione locale dei quotidiani con cadenza pressoché giornaliera; tra sagre, blocchi del traffico e divieti di respirazione, ecco che finalmente arriva la notizia del secolo. Per chi legittimamente non avesse voglia di leggere, riassumo in breve: un motociclista parte e si dimentica la moglie a terra; giunto a destinazione chiama i carabinieri preoccupato che fosse caduta dal sellino, ma dopo pochi minuti la moglie lo rintraccia sul telefonino dicendogliene di tutti i colori.
La storiella è simpatica e strappa un sorriso, me ne rendo conto, ma vorrei dire solo una cosa all'amico centauro: son bravi tutti a farlo con quella che è tua moglie da venti/trent'anni, giocarsi una carta del genere al primo appuntamento è da veri intrepidi. Quest'altro link invece leggetelo, sebbene molti lo conoscano già.
Riprovaci, mammoletta.
Sono comunque un passo avanti.

martedì 13 giugno 2017

Moriremo acromatici

La stragrande maggioranza di noi cosiddetti nativi digitali del cosiddetto primo mondo ha due vite: una è quella che potremmo definire di ciccia, un'altra è quella sui social network. Sono due rette che scorrono tendenzialmente molto vicine, pressoché attigue, intersecandosi sovente e per lunghi tratti addirittura sovrapponendosi; sarebbe tuttavia un errore ritenerle indipendenti, poiché ormai la seconda ha degli inevitabili riflessi sulla prima. Siamo giudicati anche e soprattutto per come appariamo su codesti social, che hanno col tempo perso il loro lato giocoso o perlomeno poco serio.
Per quanto sia comprensibile l'esigenza di non rendere i social uno spazio di totale irresponsabilità, è anche vero che si tratta di luoghi, ancorché virtuali, dove per la maggior parte del tempo si interagisce con persone che si conoscono, e pertanto si utilizzano il registro o il contegno tipici di contesti abbastanza informali e soprattutto confidenziali. Peccato che in quello che si percepisce come il cortile della scuola ci sia uno stuolo di strumenti d'intercettazione pronti ad immagazzinare qualsiasi opinione espressa e a catalogarla secondo i parametri attualmente in voga presso la nostra società. Tutto ciò che esce da quei canoni è connotato negativamente e può avere riflessi negativi sotto molteplici aspetti; di fatto, l'errore che si commette è quello di considerare l'opinione espressa sul social alla stregua della battuta scambiata a voce nel salotto di casa propria mentre si ascolta un notiziario. Niente di più sbagliato: equivale invece ad incidere su pietra quelle parole, in attesa che qualche passante le noti.
L'inevitabile conseguenza è una banalizzazione dei contenuti, e del resto perché mai uno dovrebbe assumersi il rischio di essere chiamato a rispondere delle proprie opinioni? Piaccia o meno, il tanto celebrato art. 21 della Costituzione è pienamente efficace finché si naviga nelle acque sicure del politicamente corretto, ma offre molte meno tutele quando ci si avventura in mare aperto.
I social ci hanno da un lato permesso di migliorare le possibilità di comunicazione e contatto con le altre persone, ma al caro prezzo della nostra esposizione.
Siamo nudi senza rendercene conto.

lunedì 12 giugno 2017

Uno o più

È fatta per contenere una sola cosa, ma pigiando e forzando la mano se ne possono inserire di più.
Per associazione di idee, dopo aver indovinato la risposta si potrebbe pensare al letto.