venerdì 20 aprile 2018

Lanciare

Fare indovinelli è tutto sommato un passatempo divertente, ma sconta un enorme problema, in realtà insormontabile, rappresentato da Google: ormai qualsiasi definizione può essere trovata senza affinare troppo la ricerca, per cui si rende obbligatorio lanciarsi nell'insensatezza più totale, l'unico terreno ancora inesplorato da parte del motore di ricerca. Ho scritto questo perché ogni tanto mi vengono delle definizioni sulla falsariga di quelle dei cruciverba della settimana enigmistica, però mi rendo conto che si prestano troppo facilmente a truffaldini sotterfugi.
Banalmente, se scrivessi si lanciano in segno di disprezzo ma non feriscono, chiunque sarebbe in grado di dare la risposta giusta in men che non si dica. Vero?

mercoledì 18 aprile 2018

Dissoluzione

Diamo per scontato che esista, anzi ci preesista. In realtà non è affatto vero; piuttosto, sarebbe giusto affermare che sia soggetta a continui mutamenti ed evoluzioni, rendendo di fatto impossibile la sua condizione primigenia, poiché ad essa si arriva - in moltissimi casi - a distanza di tempo. E non è affatto detto che poi vi sia coincidenza tra la soluzione privilegiata e il punto di partenza.
Tutto sta, verosimilmente, nei rapporti di forza.

Scordanze

Stavo salendo le scale di casa, a mezzanotte ormai passata, con un pensierino che iniziava a delinearsi nella testa. C'era già l'ossatura, qualche frasetta pre-fabbricata, persino un incipit accattivante. Avevo due possibilità: accendere il computer, portarlo a letto e iniziare a scrivere, consapevole che avrei corso il rischio di smarrirmi nell'etere e addormentarmi tardissimo, oppure rimandare alla mattina successiva, confidando di non smarrire l'ispirazione, e privilegiando la lettura di un libro o di un fumetto, per riposare gli occhi e staccare da questa continua connessione col mondo.
Una volta sveglio, mi sono stupito fino a un certo punto di non ricordare neanche una virgola di quello che mi era frullato in testa la sera precedente. Non dico le singole parole, sarebbe chiedere troppo, ma neppure l'argomento in linea generale. Vuoto più totale.

lunedì 16 aprile 2018

Ho sbagliato io

Potrei quasi inaugurare una rubrica dal titolo "Cose che sapevo male".
Nel corso degli anni ho disseminato il blog di pensierini contenenti mirabolanti rivelazioni, autentiche epifanie, grazie alle quali mi si appalesava qualcosa che per il resto del mondo era ovvio e risaputo da secoli; l'esempio più calzante resta l'etimologia dell'aggettivo ennesimo, da me scoperta non troppo tempo fa.
Orbene, di recente mi sono imbattuto nella trascrizione di Contessa dei Modena City Ramblers: com'è facile immaginarsi, non avevo mai verificato le parole del testo su internet, poiché l'italiano è la mia lingua madre e, tolto Max Pezzali che mette accenti a caso, mi risulta piuttosto agevole comprendere le parole delle canzoni.
Che roba contessa
E fin qui tutto bene, nessun'asperità.
All'industria di Aldo
Eh già, gli scioperi all'industria di auto, echi di un passato turbolento che abbiamo conosciuto solo dalle pagine dei giornali.
Ferma un momento.
Non è l'industria di auto. L'industria è di Aldo, che presumo essere un amico della contessa e di chi parla, soggetto ben identificato.
Ho passato anni convinto che si narrasse delle lotte sindacali interne alla Fiat, invece si parlava di tutt'altro. Il povero amico Aldo che ha dovuto fronteggiare i lavoratori in subbuglio, più un pettegolezzo da salotto che una notizia da prima pagina dei giornali.
Crollano certezze.
Si sgretolano architetture esistenziali.
All'industria di Aldo.
Aldo.
Ma cazzarola.

venerdì 13 aprile 2018

Indovina indovinello

Trattasi di un problema che affligge le persone senza grande distinzione di età, sesso o altre condizioni fisiche. L'aspetto divertente è che si manifesta con prevalenza durante il sonno, in modo che uno non riesca neanche tanto a rendersene conto, riuscendo però ad infastidire chi dorme vicino.
Gli effetti, o meglio ancora i danni, non sono visibili al risveglio.

giovedì 12 aprile 2018

Scollamenti

Fra i vari ricordi dell'infanzia, è recentemente riaffiorata la sensazione di distacco che provavo rispetto ai miei genitori e in generale al mondo degli adulti. Sia i miei che quelli di amici avevano avuto figli in età abbastanza avanzata ed erano ormai dei quarantenni quando noi frequentavamo le scuole elementari, iniziando così a sviluppare un nostro piccolo sistema di valori di riferimento. All'epoca pensavo che io non sarei stato come loro, al contrario avrei mantenuto una forte componente fanciullesca e sarei stato in grado di dialogare con dei bambini, di pormi sullo stesso piano, di essere un interlocutore comprensivo e soprattutto comprensibile.
Salto in avanti al presente.
D'improvviso mi ritrovo con gli anni che ho (e me li sento tutti); guardo i bambini per mano ai genitori, ragazzini che giocano al parco e mi chiedo se sia riuscito nell'intento che mi ero prefissato. Tremo all'idea che un ottenne, un dodicenne o persino un sedicenne potrebbero avere di me; quali sarebbero degli argomenti di discussione? Col primo poca roba, neanche il calcio perché di sicuro tiferà qualche squadra che non mi va a genio, il secondo forse mi racconterebbe qualche aneddoto su dei professori, magari col terzo si potrebbe parlare di ragazze, se non fosse che non ho esperienza nel campo, essendo ancora vergine. Leggo qua e là che ascoltano musica come la Dark Polo Gang, Sfera Ebbasta, Ghali, financo Rovazzi, dei quali conosco sì e no qualche ritornello che passa in televisione o per radio. Sul resto, invece, vuoto pneumatico; la cosa peggiore è che se dovessi vedere i loro cartoni o provare i loro giocattoli finirei inevitabilmente per paragonarli con quelli che avevo io alla loro età, concludendo per una netta superiorità del passato sul presente e, di conseguenza, per una supremazia della mia generazione. Sulla base di nulla, ovviamente. Sono diventato un vecchio.
Come diceva De André nell'intro della Città Vecchia, non è vero che i giovani (d'ogni epoca, preciserei) non abbiano valori, solo che sono diversi da quelli di chi li ha preceduti, e bisogna essere in grado di storicizzare detti valori. 

martedì 3 aprile 2018

Esse emme esse

Da accumulatore seriale quale sono, non butto via pressoché nulla. In ogni oggetto è custodito qualche ricordo e centellino quella meravigliosa sensazione che si prova quando capita per caso tra le mani, scatenando le immagini e le parole ad esso associate. Un tempo ero più ordinato, mentre ultimamente tendo a lasciare tutto in giro senza un criterio; il lato positivo di questo apparente caos è che ogni ritrovamento è del tutto casuale, per cui scatena un'improvvisa gioia.
Questa riflessione mi è nata per via della scarsa memoria interna del mio telefono, che mi obbliga a cancellare la maggior parte dei contenuti multimediali che ricevo. Ciò mi dispiace assai, poiché anche alle immagini e ai video sono legati dei ricordi, o quantomeno mi strappano un sorriso. Nonostante le premesse, faccio meno fatica a cancellare le conversazioni su WhatsApp, che per inciso occupano parecchia memoria. Certi sms non li cancellavo e anzi li custodivo per anni, in quanto pregni di significato, ma ora chi scrive un messaggio lo fa in maniera quasi distratta perché non ha più alcun limite di caratteri né tantomeno di tipo economico. Ne consegue che le conversazioni sono praticamente un continuum, un flusso comunicativo ininterrotto dove si fa davvero difficoltà ad isolare uno scambio che sia meritevole di essere salvato. In effetti, quando la comunicazione scritta era affidata esclusivamente agli sms, bisognava essere in grado di compendiare all'interno di uno stringato messaggio tutto quello che si intendeva esprimere, mentre ora inondiamo di parole l'interlocutore.
Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio, anzi: all'epoca se finivi il credito eri isolato dal resto del mondo come Tom Hanks in Cast Away, la memoria del telefono era estremamente ridotta e non si poteva neanche stalkare decentemente. Tuttavia, mi dispiace che fra le mille carabattole che tengo strette non ci siano più dei messaggi di testo.