martedì 9 giugno 2020

Idoli

Dovrò scrivere di corsa ed è un peccato perché questo è un bello spunto di riflessione. Anzitutto una nota di colore: ormai facebook non fa più di moda, i gaggi stan su twitter. Ed è lì che ho letto un tizio lamentarsi dell'eccessivo nichilismo nei confronti di tutti i personaggi del passato, un senso ipercritico che porta a non ammirare più nessuno e quindi, a suo dire, a perdere anche dei punti di riferimento.
Debbo esprimere il mio disaccordo nei confronti di quell'utente. Pur apprezzando il suo punto di vista, trovo al contrario che sia indice di maturità non avere dei miti globali, totali. Del resto, mi auguro che ognuno di noi abbia contezza delle proprie contraddizioni e del fatto che sarebbe assurdo se qualcuno ci mettesse su un piedistallo o su un altare, volendo essere come noi in tutto e per tutto o facendosi assurgere a modelli di vita. Dato che siamo tutti uomini, è di tutta evidenza come questo ragionamento si possa facilmente applicare a chiunque. Vi è però un ulteriore questione di fondo che secondo me andrebbe chiarita: basta con questi soggetti che tracciano la via, al tempo stesso allenatori di calcio e filosofi, chitarristi e analisti politici, presentatori televisivi e discettatori di finanza pubblica. Beninteso, nessuno si sogna di vietare la libertà di espressione. Anzi, proprio perché è sacra finisce per rivelare i limiti di tutti noi e, di conseguenza, l'impossibilità di aspirare a qualsivoglia sorta di perfezione. Del resto, non si capisce perché mai un cantante dovrebbe anche esser colui che ci spiega come porci nei confronti della concorrenza fiscale praticata da certi Paesi a danno di altri all'interno dell'Unione Europea. Proprio qua dovrebbe giacere il discrimine: esistono personaggi che pretendono di dispensare sapienza e muovere masse sfruttando la propria popolarità, mentre altri aggiungono a questa delle considerazioni che sono in effetti intelligenti.
L'esempio più calzante viene probabilmente dalla pallacanestro americana: in seguito alla prima ondata di proteste per la questione razziale da parte degli atleti e il conseguente atteggiamento quasi denigratorio di certi giornalisti ("shut up and dribble", "stai zitto e palleggia"), sono emerse delle voci particolarmente autorevoli e portatrici di messaggi condivisibili o meno, ma comunque meritevoli di ascolto indipendentemente da chi li pronunciasse. Per converso, alcuni sono proprio scemi come la merda ed è palese l'imbarazzo anche dei loro amici quando viene in qualche modo chiesto conto di dichiarazioni valevoli ai fini dell'erogazione della 104.
Ben venga la commistione, il cantante non deve solo cantare, l'analista non deve solo analizzare e via discorrendo, purché non si rinunci ad analizzare la singola posizione sacrificandola sull'altare della pregressa popolarità.
Come va a finire? Sorpresa: più la gente parla più ci rendiamo conto che anche chi si è distinto in particolari campi e che - finché vi restava - ci pareva uno zeitgeist, si rivela in fondo fallace e umano come noi, al massimo con un'abilità in più che lo rende una penna piacevole, un volto che buca lo schermo o un atleta eccezionale.
Chiudo col più amaro dei ricordi. Ho posseduto una sola maglietta da calcio della mia squadra, quella del bomber della mia infanzia. Lo stesso che, durante la festa promozione, ancora pieno di spumante negli spogliatoi, pensò bene di chiedere un aumento in diretta tv. Prima cosa. Lui è ancora un eroe della mia infanzia? Sì. Gli voglio bene come a un padre? Sì. Penso che dovremmo pendere dalle sue labbra? Manco per il pene.

Nessun commento:

Posta un commento