sabato 3 dicembre 2016

Sulla riforma

Sono contrario alla riforma.
Lo dico chiaro e tondo, affinché lo si sappia. Trovo che l'intervento del legislatore sia stato poco rigoroso, foriero di dubbi, soggetto ad eccessive interpretazioni e soprattutto carente di quell'idea di definitività e autosufficienza che sono invece due requisiti imprescindibili.
Andiamo con ordine.
Il riformatore muove da premesse certo non nuove, che di sicuro non ha coniato e che ancor più certamente non hanno mai trovato particolare riscontro nella sua previa attività politica. Insomma, ha preso alcune idee di qua, altre di là e le ha fuse insieme. Il risparmio sui costi della politica è un principio ben condivisibile in astratto, sebbene debba essere obbligatoriamente sottoposto a una valutazione in concreto, pena il rischio di una deriva di stampo luddisto-grillina, che in nome di una non meglio identificata onestà mette a repentaglio alcuni cardini dell'ordinamento repubblicano, prima tra tutti l'indipendenza dei parlamentari. La velocizzazione dei tempi di approvazione delle leggi è un altro obiettivo auspicabile, peccato che sia anche qua necessario valutare quale interesse viene sacrificato sul suo altare; di norma, la si identifica nel principio di governabilità, che è spesso contrapposto a quello di rappresentatività. Più sono le persone coinvolte nel processo decisionale, più si allungano i tempi, si dice. Ne consegue che, riducendo il numero dei primi, si abbasserà di conseguenza il tempo del secondo, almeno stando a quanto si afferma.
Senza indagare oltre, mi sono posto una prima domanda: era possibile perseguire questi due obiettivi in maniera diversa, più rapida e meno costosa, anche se magari meno altisonante? In tutta onestà, la risposta mi pare che sia sì (ironia della sorte). Non lavorando nella Ragioneria dello Stato non ho conoscenza della contabilità e di tutte le voci di spesa, ma posso azzardare che, vista l'entità tutto sommato modesta della somma che si andrebbe a risparmiare, ci siano diversi altri settori, fra i quali la politica con il suo funzionamento, dove si possano recuperare, senza scomodare l'intero corpo elettorale per approvare o meno la decisione.  Quanto alla governabilità, mi torna in mente un episodio accaduto durante questa legislatura, che per qualche tempo occupò la cronaca politica nazionale: durante un dibattito sulla conversione di un decreto legge alla Camera (non vorrei commettere imprecisioni sulla circostanza, ma è comunque irrilevante), la Presidente decise di adottare uno strumento che non era, né lo è tuttora, previsto dal regolamento. Sgraffignandolo dal regolamento del Senato, applicò la cosiddetta ghigliottina e tagliò una serie di interventi sovrabbondanti, il cui unico intento era quello di dilatare all'infinito i tempi dei lavori per far saltare la conversione del decreto stesso, per andare direttamente alla votazione finale. Apriti cielo. Opposizioni che insorgono, invocazione del fascismo, quando non aveva fatto altro che servirsi di uno strumento perfettamente lecito nell'altro ramo del Parlamento ed estendibile per analogia alla Camera. Buffo, no? Allora mi chiedo, non è che forse si poteva intervenire su diversi livelli normativi, senza andare direttamente al più alto e complesso? Per inciso, segnalo che, laddove la riforma dovesse essere approvata, resterebbe in piedi come organo legislativo la sola Camera, che continuerebbe a non prevederla nel proprio regolamento.
Questi miei dubbi, che scaturiscono da riflessioni personali, sono sufficienti a farmi dubitare della validità della riforma. Seguirebbero altre obiezioni nel merito, come il diverso quorum sul referendum sottoscritto da 800.000 persone, ma dovrei scrivere per sei giorni di fila e risulterei pedante, quindi preferisco limitarmi a quanto segue.
I sostenitori della riforma ne hanno sbandierato gli effetti benefici come se fosse la penicillina, dimostrando ancora una volta quanto siano distanti dai problemi percepiti dalla popolazione: ce lo chiede l'Europa, ce lo chiedono le Banche, ce lo chiedono gli investitori stranieri, dinanzi ai quali si fa una riverenza e si cerca di accontentarli. L'umana carità m'induce a soprassedere su certe loro argomentazioni, che sono quanto mai ottimistiche e frutto di un affidamento sul futuro che sconfina nella credulità. Prese anche in blocco, per replicare alle loro tesi basterebbe chiedere da dove traggono il fondamento di tanta convinzione. Purtroppo per loro, benché lo scenario che dipingano sia incoraggiante e ingolosente, poggia su fragili basi, che si prestano ad un eccessivo numero di obiezioni. Tra le varie, sostengono che questa è un'occasione che non si ripresenterà più per molti anni a venire; in tutta onestà, stanti le premesse di cui sopra, non mi pare così assurdo ipotizzare che un futuro esecutivo possa portare avanti dei provvedimenti volti a perseguire i medesimi obiettivi di fondo, ma con diverse modalità.
Qualcuno ancora ha provato a fare una sorta di ragionamento dal futuro: ipotizzando che la riforma sia la realtà nella quale viviamo, votereste mai un cambiamento per portare le cose a come sono adesso? L'argomento, al quale riconosco una certa incisività, non mi pare però decisivo. Sulla base del testo proposto, lo scenario più verosimile mi pare quello che vede una serie infinita di interventi correttivi in corso d'opera, che una riforma costituzionale dovrebbe puntare perlomeno ad evitare, se non proprio a scongiurare del tutto.
Mentre scrivo mi rendo anche conto di come avrei forse dovuto strutturare in maniera più schematica il mio pensiero, eppure l'affastellarsi dei dubbi mi ha fatto seguire uno schema più caotico, dove sono andato di palo in frasca senza seguire un preciso ordine. Allora, torno a chiedermi, una riforma che mi fa sorgere più dubbi che certezze, è una riforma che merita di essere approvata? Per me no.
Sia chiaro, non ho la pretesa di convincere nessuno, né di ascrivermi a una qualche corrente di pensiero. Sono giunto a questa conclusione sulla base dopo aver analizzato articolo per articolo il testo sul quale andremo a votare, cercando il più possibile di non farmi influenzare da opinioni di parte. Ho dato la priorità alle argomentazioni di chi sostiene questo cambiamento, poiché ritengo che siano logicamente precedenti, e dopo averle lette non sono riuscito a convincermi della loro bontà.
Riconosco però un loro pregio: sono riusciti a compattare su unico fronte persone che probabilmente manco al fronte si schiererebbero l'una accanto all'altra.
Contesto modi e tempi di questa riforma, che mi pare ispirata più a manie di grandezza ed egocentrismo di chi l'ha scritta che a risolvere concreti bisogni del Paese.
La contesto con tutte le mie forze.
Tuttavia...

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