il discorso è molto semplice e lineare: di qualcosa dobbiamo morire tutti quanti. credo fermamente nell'ottimizzazione della felicità, ossia nello sfruttare il più possibile i piaceri che la vita ci offre. estremizzando il concetto, bisognerebbe andarsene lasciando in banca giusto i soldi necessari per il funerale, ma anzi manco quelli, sai che bello scherzetto agli eredi?
quindi tenderei a godere il più possibile per il maggior tempo possibile. del resto prolungare nel tempo il godimento non è altro che aumentare la dose dello stesso e quindi della nostra felicità.
orbene, mi chiedo invece cosa pensino di tutto ciò le persone che si sottopongono a rigide diete. siccome di solito i bambini mangiano di tutto, conosciamo più o meno i cibi a cui decidiamo di rinunciare e magari molti di loro piacciono pure. è normale e logico che alcuni siano costretti a farlo ma in maniera funzionale a qualcosa, come succede per gli atleti o per coloro che hanno alcune malattie/disturbi/intolleranze varie, ma perchè privarsi della gioia del cibo? immagino che non mi parlerebbero di un sacrificio, anzi il mangiare soltanto alcuni alimenti ben individuati dà loro la stessa gioia che a me posson dare tutte le porcherie che scofano quotidianamente.
dato che mi sembra ragionevole presumere una loro impronta salutare e/o salutista, bisogna poi chiedersi fino a che punto possa davvero garantire un miglioramento: siamo sicuri che mangiare solo bacche e radici in un'inquinata città del nord italia sia poi questa svolta per il nostro organismo? mi permetto di dubitarne.
o si fa come il protagonista di due di due, oppure tanto vale rassegnarci al fatto che non riusciremo a difenderci dai mali del mondo.
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