vedendo l'ultimo film di robert redford ho avuto un'illuminazione.
tante volte mi sono lamentato del fatto che non si insegni la storia successiva alla seconda guerra mondiale, o comunque che non la si affronti con la dovuta attenzione. ebbene, è come se avessi trovato la tesserina mancante di un puzzle da dietrologia pura: stanno crescendo la nostra generazione senza raccontarci niente delle lotte studentesche.
non stiamo parlando di quattro piciu bensì di milioni di persone e neppure di un episodio isolato come gli indignados a roma (sei anni per una camionetta? se ammazzi tua moglie ma dimostri che nell'ultimo mese non te l'aveva ancora smollata sicuro prendi di meno) bensì di anni di lotte violente e rivendicazioni.
sono morte delle persone per provare a cambiare il mondo in un senso che in tanti definiscono utopistico, ma pochi sbagliato.
la loro protesta è fallita, affogata nel sangue e nella paura dei benpensanti, concetti che i musici e uno in particolare hanno già espresso meglio e prima, per cui non mi dilungherò. ci hanno lasciato in eredità un pianeta con più problemi di prima e noi facciamo meno di loro, abbandonandolo al suo destino, traghettato verso un'amara fine da caronti dei quali neppure conosciamo l'identità.
non bastano i messaggi imbonitrici delle televisioni, cancellano pure l'esempio che la storia potrebbe trasmetterci.
sssh, buoni, non è mai successo niente, ora andate a dormire.
spegnete la luce, su.
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