Tradizionalmente la scena politica si divide tra
progressisti e conservatori, ma è difficile calare nel nostro contesto una
terminologia nata quando chissà dove vivevano i nostri avi.
Ho sempre inteso i progressisti come coloro che cercano di
cambiare lo status quo in una direzione più equa, che livelli la società il più
possibile per evitare le disuguaglianze. È probabilmente il significato più
tradizionale, date le profonde disuguaglianze esistenti all’epoca della nascita
della politica come strumento di partecipazione dei cittadini alla gestione
dello stato e, più avanti, della cosa pubblica.
I conservatori erano invece chi traeva beneficio da quella
situazione e si opponevano alle richieste dei primi, proponendo soluzioni che
lasciassero invariati i loro privilegi.
Questa distinzione non è più proponibile perché siamo di
fronte a una scissione del piano di battaglia: si gioca sul fronte sociale e su
quello economico, con centomila intrecci e connessioni. Mi sembra che si possa
ancora definire progressista chi vuol fare passi avanti sul primo piano, mentre
chi chiede di dare maggior spazio al secondo e dunque da quel punto di vista si
pone in un’ottica progressista è chi una volta avremmo definito conservatore,
poiché seguire questa strada vuole implicitamente dire accantonare l’altra,
lasciare giusto le briciole, ammesso e non concesso che ne restino.
Per questo attualmente sono disilluso e dubito fortemente di
chi promette di saper realizzare il giusto compromesso: o da una parte o
dall’altra, la barra del timone non può restare per sempre in mezzo perché
prima o poi dovrà decidere in che modo affrontare il vento per navigare. Non è
questione di lotta di classe o di ideologie, è pura constatazione di quanto
accade sotto i nostri occhi. Entrambe le direzioni sono legittime, entrambe
lascerebbero indietro degli scontenti e mi auguro che in cuor suo ciascuno
pensi di agire per il bene comune e non in ragione di una polarizzazione ancora
più netta della società, che questa volta porterebbe davvero a un nuovo
scontro.
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