appartengo a quella categoria di persone che hanno sempre avuto enormi problemi con l'arte contemporanea. inizialmente non potevo tollerare le opere di mondrian, poi la scoperta del dadaismo, di duchamp, di man ray, mi ha aperto la mente e ha smussato la mia posizione al riguardo. diciamo che ora posso tollerarla, per quanto nella mia vita abbia visto solenni porcate esposte nei musei più rinomati del mondo: al guggenheim di new york mi sono imbattuto in un'indimenticabile vassoio pieno di caramelle incartate personalmente dall'autore con tanto di cartello che invitava a servirsene (distruzione della propria opera d'arte e quindi nichilismo interiore? artista geniale e maledetto che si sporge dal cornicione solo perchè la gente lo implori di non farlo, in nome del vuoto che lascerebbe nel mondo? ma buttati) e la porcata delle porcate, cioè un pezzo di legno sul quale erano state spiaccicate numerose mosche. a questo punto spiace davvero che mia madre abbia sempre osteggiato la mia nobile attività di scaccolatore, ora sarei esposto come minimo al prado di madrid.
di fronte a queste scemenze sorge spontaneo un interrogativo: chi prende per il culo chi? gli artisti sono sfruttati dai critici per prendere in giro il pubblico o sono loro gli artefici primi della macchinazione? tanto per cambiare il consumatore, cittadino, contribuente, elettore, visitatore, cliente, chiamatelo come volete, è sempre colui che ci perde.
è il critico che prende una scorreggia e ne tira fuori un capolavoro notando livelli di lettura ignoti perfino all'autore medesimo con lui che si scompiscia dalle risate mentre gli pagano un sacco di soldi un pezzo di carta appallottolato oppure pensa davvero a certe cose mentre crea l'opera? cioè la sua anima, la sua alta levatura artistica, la sua sensibilità, lo portano a scrutare per ore il foglio finchè la mano, mossa direttamente dal sacro fuoco dell'arte, non lo prende e lo appallottola?
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