la scrittura è capacità di astrazione, si tratta di seguire un filo che si snoda lungo nessun percorso perchè il percorso viene scelto da chi scrive in ogni momento, lettera dopo lettera mentre esce dalla tastiera. l'estasi è raggiunta quando si guarda il monitor o il foglio come uno spettatore guarda un film e si legge quanto si sta scrivendo con la stessa trepidazione con la quale un lettore divora le pagine di un romanzo del quale ignora gli sviluppi. fuori dal proprio corpo, fuori dal tempo e dallo spazio, come un fantasma che curioso si aggira e sbircia pensando di dare solo un'occhiatina ma finisce col restare intrappolato e prende posto per sapere come andrà a finire.
già, come finirà?
impossibile dirlo. la scrittura non è altro che l'ipostatizzazione del concetto di pensiero e chi può conoscere la sua velocità o la sua profondità? parte da qualcosa di vicino e saltando più lontano di supermario approda a lande sconosciute.
la cosa più vicina che c'è è un divano. quando l'ispirazione fa capolino tutti gli oggetti si trasformano in un essere amorfo, incolore e insapore: non c'è differenza tra l'uno o l'altro perchè quello che conta è il processo ormai innescatosi nella testa che pompa come un motore, dentro il pistone il cilindro stantuffa azionando la biella che fa girare l'albero motore, con la differenza che l'omeostasi non è garantita da una centralina, bensì da un qualcosa di superiore che garantisce il perfetto equilibrio e ogni tasto schiacciato è come una nota uscita dal pianoforte quando il pianista è tutt'uno con lo strumento e tiene gli occhi chiusi perchè vuole godersi da fuori la propria musica, tanto sa che andrà da sola e non c'è alcun bisogno che lui la tenga sotto controllo sprecando le immagini che la propria mente può produrre sostituendole con una realtà troppo terrena.
è una sonata destinata a funzionare come uno strumento a pile che di punto in bianco cessa di vivere poichè le batterie sono scariche. l'omino di latta si ferma senza l'olio che permetta alle sue giunture di articolarsi e portarlo in giro per il mondo, il pistone si ritira nel cilindro con un ultimo sbuffo di fumo e la biella dà tregua all'albero per fermarsi ad ascoltare il silenzio: anche la fine fa parte del tutto, ma allora quand'è che qualcosa finisce davvero? a furia di spostarla di un pezzettino più in là si finirà come la tartaruga di zenone di elea che batte achille nella gara: ogni micro-passo fatto dall'animale dev'essere eguagliato dall'eroe che non riuscirà mai a raggiungerla e quindi perderà. era di zenone o parmenide?
per me sarà sempre del mio primo allenatore di basket che ce la raccontò quando avrò avuto sette, otto, massimo nove anni, sostituendo i protagonisti originari con una cinquecento e una ferrari. tornato a casa ero convinto che avesse ragione da vendere, poi guardando le macchine il mercoledì mattina andando in piscina col pullman della scuola elementare i dubbi iniziarono a farsi sempre più insistenti finchè non decisi di sposare un'altra scuola di pensiero e la ritenni una solenne cacata.
parecchi anni dopo ebbi anche l'occasione di contestare zenone o parmenide o chi per loro, anche se una nuova prospettiva si affacciò alla mia mente: se loro vengono studiati a distanza di duemila e rotti anni ci sarà pure un motivo, mentre con ogni probabilità il mio pensiero non sarà ricordato manco da chi ne è stato assillato controvoglia, perciò sarebbe il caso di dare ascolto a loro e cercare di comprendere cosa volessero trasmetterci. e se la tartaruga fosse rientrata nel carapace senza più muovere un solo passo? sarebbe andata a finire che achille non si sarebbe mai mosso, non dovendola inseguire.
troppo facile giocare alla guerra con l'immortalità, è come sbloccare i trucchi alla playstation: così son buoni tutti, per di più non aveva nemmeno un'andromaca da salutare e nello scrivere mi son dovuto fermare per il bisogno impellente di rileggere la parte finale del sesto canto dell'iliade, quello appunto dove ettore esce per affrontare la battaglia sapendo che morirà per mano del pelide re dei mirmidoni.
e poi in realtà questo pensierino l'avevo iniziato verso le cinque del mattino al termine del dibattito obama-romney ripromettendomi di proseguirlo dopo, tuttavia avrei solo fatto uno stupro quindi tanto vale chiuderla qua.
p.s.: non ho mai parlato del divano.
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