ci si sente stronzi a essere felici, ancora di più quando muore un tuo caro.
non parliamo del caso in cui il caro in questione sia un tuo genitore.
il succo d'arancia la aiutava a mandar giù i ricordi di suo padre che la spingeva sull'altalena, si arrabbiava quando faceva tardi tornando dalla discoteca, la accompagnava all'altare con gli occhi gonfi dietro gli occhiali spessi.
era felice perchè finalmente aveva ritrovato l'amore della sua vita, la sua compagna per trent'anni; aveva deciso di andarsene nello stesso giorno in cui vent'anni prima un tir aveva perso il controllo investendola sulle strisce pedonali.
il gorgoglio della moka la fece alzare per spegnere il gas e prendere la tazzina. suo padre aveva vissuto alla grande e per questo lo invidiava. era sempre stato il suo punto di riferimento e poco ci mancava che lo idolatrasse.
vedi, le disse prendendole la mano quando il parroco terminò l'omelia, oggi non ho dato l'addio a tua madre. è un arrivederci a tra vent'anni esatti, così avrò modo in questo tempo di farmi venire nostalgia di lei, di conoscere altre donne e rafforzare in me la convinzione che io abbia trovato la migliore che ci fosse.
sapeva che avrebbe mantenuto la promessa e quando la salutò dicendo che partiva per un viaggetto in svizzera capì che era giunto il momento di abbracciarlo per l'ultima volta. stando alle parole dell'oncologo, l'intervento gli avrebbe garantito il venticinque per cento di sopravvivenza, in alternativa gli restavano tra i sei mesi e un anno. troppo tempo, l'anniversario incombeva e lui non era certo il tipo da venir meno alla parola data. convinto di trovare l'amore anche senza un corpo dove farlo alloggiare, si presentò sulla porta di casa con la valigia, sorridendo. accennò a un taxi in attesa in strada e fece una battuta sul tassametro che corre.
le piaceva fare colazione dopo aver portato i bambini a scuola, quando la casa è vuota e si può fare tutto con lentezza. giornale aperto, succo d'arancia, caffè, pane e marmellata. un clichè, ma perchè no? se il clichè è buono bisogna rinunciarvi solo per fare i ribelli a ogni costo? niente affatto pensò spalmando la marmellata su una fetta appena abbrustolita, in modo che fosse calda ma non troppo indurita.
si piange per le tragedie, per le disgrazie, ma come si fa a piangere quando un uomo straordinario esce di scena tra gli applausi? magari una lacrimuccia di commozione, nulla di più. un attore che si congeda dal proprio pubblico merita il sorriso di chi lo ha amato, tanto più se ha il coraggio di farlo quando potrebbe recitare ancora, ma vuole tener fede a una vecchia promessa.
lei era stata parte integrante della meravigliosa vita del padre, regalandogli tre nipotini sani che lo riportarono a una seconda giovinezza. e nonostante tutto, continuava a essere orrendamente felice. il giornale regalava notizie di povertà, scenari futuri poco rassicuranti, e lei fischiettava un motivetto allegro.
citofono.
presto per il postino, magari un corriere espresso per suo marito. invece era un compagno del liceo, all'apparenza non del tutto in controllo delle sue facoltà mentali. si presentò trafelato, farfuglione, col volto paonazzo e i pochi capelli rimasti appiccicaticci sulla fronte. sembrava uno scherzo, poi capì che davvero le stava chiedendo di fuggire con lui; impreparata a un avvenimento simile cercò di comportarsi nel modo più naturale possibile, spiegandogli la situazione e il suo pessimo tempismo.
veloce com'era arrivato corse via, lasciandola a metà tra le risate e la preoccupazione, per lui, beninteso.
ne parlò al telefono con un'amica dopo la doccia e mandò un sms al marito per raccontargli lo strano incontro.
non le fu molto chiara la risposta. suonava qualcosa tipo "spero non sia quello di cui parlano sui vari siti dei quotidiani" seguito da faccina sorridente.
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