decisi che era tempo di abbandonare i ricordi; un'ultima carrellata di immagini sul suo viso, sui suoi occhi luminosi di felicità e le sue labbra, il sapore dei baci, la prima volta in cui tra di noi calò il silenzio perchè le parole avevano esaurito la loro parte.
ogni emozione mi attraversò come una scarica mentre risuonava quella canzone che avrei voluto diventasse la nostra.
zeno cosini si è acceso per molte volte l'u.s., ultima sigaretta. dovevo essere più forte di lui, questa era la mia prima u.v., ultima volta in cui mi crogiolavo nel suo ricordo e non volevo che ne seguissero altre. la consapevolezza dell'ultima volta porta alla paura di non riuscire a ricacciare nel pacchetto ogni sigaretta che ammicca languida e provocante, chiedendo innocente: "che male vuoi che ti faccia? non vedi come sono piccola e inoffensiva? poi, andiamo, con tutte quelle che hai fumato pensi davvero che una in più faccia la differenza? suvvia". la vittoria arriva quando si accartoccia il pacchetto ancora pieno e lo si getta nel primo cassonetto, dimenticandosi addirittura di come funziona un accendino.
le parole che mi disse entrando in macchina erano il filtro della sigaretta ormai consumata, quando non resta più niente da aspirare. la rigiri tra le dita, la fissi, poi prendi la mira e con pollice e indice la scagli lontano. così abbracciai tutti i ricordi in una volta sola e li deposi in una cesta che abbandonai nel fiume dell'eternità, sperando che la corrente la portasse il più lontano possibile da me.
rimasi imbambolato un paio di secondi a fissarla mentre prendeva il largo, quindi m'incamminai nella direzione opposta con le mani in tasca e lo sguardo vuoto.
liberarsi degli oggetti è abbastanza semplice, la loro natura materiale incorpora tutto quello che per noi hanno significato, perciò buttarli via o romperli significa spesso fare la maggior parte del lavoro. per quanto affascinante, l'idea di sbarazzarmi della di lei salma avrebbe provocato conseguenze poco piacevoli sul piano del diritto penale, anche perchè prima avrei dovuto renderla cadavere.
l'unica soluzione allora è imparare l'occlumanzia che piton cerca invano di insegnare a harry potter: chiudere la propria mente, scacciare quel pensiero, non aprire il canale che ti metterebbe in comunicazione col passato, quell'angolo di passato relegato in un vicolo buio e cieco del nostro cervello, ancorchè affondi le sue radici fino al cuore.
finì di sicuro coi campi abbandonati alle ortiche, il flauto spezzato dell'orchestra che non suonò alle nostre non avvenute nozze e il ridere rauco solo per finta catartico e purificatore.
ai tanti ricordi, inutile negarlo, si unirono dei rimpianti, giusto per appesantire ancora di qualche macigno un fardello di per sè già insostenibile.
davvero il suonatore jones trovò la felicità senza mai rivolgere un pensiero non al denaro, non all'amore nè al cielo? voglio dire, sul cielo c'ero anch'io. e uno. già sul denaro avrei avuto qualche difficoltà in più, ma pensavo che il suo messaggio fosse quello di non esserne ossessionati e accontentarsi di quanto basta senza passare la vita alla sua spasmodica ricerca. e due. però è l'amore che ci muove, è l'ago della bilancia. è quella cosa grazie alla quale ogni ostacolo diventa superabile, la forza di vita.
per fortuna jones aveva una risposta anche a questo a lei non avevo mai rivolto la fatidica domanda, cioè che cosa vedesse in un vortice di polvere. là fuori c'era qualcuna che mi avrebbe risposto "la gonna di jenny in un ballo di tanti anni fa" e io l'avrei trovata, il segreto era non cercarla.
quando rossella o'hara è sullo scalone, appena lasciata da rhett butler, la macchina da presa stringe in primissimo piano mentre lei fissa un punto dell'orizzonte. "tara. la terra. domani è un altro giorno".
frasone epico, fazzoletti, nasi gocciolanti e l'america che trionfa. da tara bisognava ripartire e tara aveva il volto di una ragazza sul pullman che mi sorrideva sempre quando i nostri sguardi s'incrociavano.
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