la capacità di raccontare sta nel coinvolgere in una storia chi non l'ha mai vissuta e fargli provare lo stesso turbinìo di sensazioni di chi invece ne è stato protagonista.
la storia in sè e per sè conta poco, perchè è come quando uno scultore si trova di fronte a un blocco di marmo dal quale dovrà tirar fuori una statua. l'oratore è chiamato a sgrezzarlo, lavorare di pialla e scalpello per renderla appassionante, affinchè silenziosa penetri sotto la pelle di chi ascolta e improvvisamente gli morda da dentro il cuore rilasciando alla velocità di uno sparo un frullato di emozioni.
certo, il narratore per eccellenza dovrebbe essere in grado di portare alle lacrime una melenzana declamando la divina commedia, tuttavia nemo ad impossibilia tenetur, come diceva il piccolo pescolino, perciò è necessario che dall'altra parte ci sia una certa predisposizione, un terreno fertile. provare per credere: andate a spiegare la fede a uno che tifa per l'inter, poi ne riparliamo.
chi si trova di fronte al racconto deve possedere una sua sensibilità per la quale può arrivare alle lacrime per una storia svoltasi in tempi nei quali non era nato e vissuta da persone che non ha mai conosciuto nè mai avrebbe potuto conoscere.
tutto il resto si chiama aridità.
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