a scuola non ero uno che tagliava di frequente. anche perchè, tutto sommato, mi divertivo abbastanza. per questo ho sempre diviso l'anno in due periodi: quelli di frequenza e quelli di vacanza. o l'uno o l'altro, tertium non datur.
la prima volta che mi è capitato di essere in giro per una manifestazione anzichè tra i banchi è stato bislacco, ho visto coi miei occhi una città che vive oltre le mura scolastiche. fino a quel momento non esisteva, era inconcepibile che alle undici del mattino di un venerdì di novembre la gente potesse camminare sotto i portici, entrare in un negozio od ordinare un caffè al bar.
col passaggio all'università ho riproposto pari pari questo schema mentale, sostituendo il periodo di frequenza con quello dello studio per gli esami. e tuttora, alla veneranda età di ventidue anni, mi capita di trovarmi imbambolato a fissare la tangenziale nord stupefatto per non essere in una qualche biblioteca chino sui libri e, meraviglia delle meraviglie, c'è qualcuno su quella tangenziale! miriadi di vite che per un nanosecondo s'intrecciano, si avvicinano, si annusano, per poi proseguire lontane.
per questo temo l'idea di un futuro lavorativo chiuso in un ufficio, perchè non potrei esser parte di tutto quello che accade là fuori.
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