quando sei sull'orlo della scogliera hai gli occhi di tutti puntati addosso.
anzi, facciamola più semplice. ci sei andato da solo, quatto quatto, nessuno sa dove tu sia. è una questione che devi affrontare a tu per tu col mondo.
sotto si apre il vuoto, poi l'acqua. a pensarci bene è velocissimo, d'accordo che sono dieci metri, ma in pochi secondi è finito tutto, più rapido di una puntura. sai bene come comportarti, braccia lungo il corpo, piedi uniti, poi veloce su in superficie.
però è il tuffo da dieci metri, mai fatto prima. non potrà succedere niente di tragico, a meno che non ti ci metta d'impegno.
resti là sopra una vita e mezzo, il pensiero spazia su tutto lo scibile umano e perfino ciò che è oltre la nostra portata. l'hai già rimandato non sentendoti pronto e che male ci sarebbe a rifarlo, d'altra parte non faresti neppure una figuraccia.
eppure è volta decisiva, la musica sale. i battiti del cuore aumentano, sposti di pochi centrimentri i piedi verso l'infinito. basta perdere il controllo su di sè, lasciare andare il proprio corpo in un gesto rapido e imprevisto, ma come si fa a staccare il cervello? è allora che le gambe si piegano e ti sparano come un proiettile nel mare, duro l'impatto con l'acqua, ma ben attutito, bocca piena d'aria mentre risali spingendo con le gambe e sei fuori, entrato in una dimensione parallela, dove all'apparenza è tutto uguale. dentro, invece, sai di avere qualcosa in più.
Nessun commento:
Posta un commento