Caro Babbo Natale,
spero che questa mia lettera preceda quella che ti ho mandato ieri. A questo scopo infatti invio la presente per corriere, confidando nella lentezza del nostro servizio postale.
Ti riscrivo perché vorrei apportare una modifica ai miei desideri: nell'altra missiva facevo infatti riferimento ad una serie di capacità intellettive delle persone, ma mi sono reso conto che non era la richiesta migliore; piuttosto, credo che sarebbe più opportuna una presa di coscienza collettiva.
La generazione europea cresciuta dopo la seconda guerra mondiale non ha memoria di un conflitto, non sa cosa significhi l'angoscia nel vedere un figlio partire per il fronte, non conosce l'ansia nella consultazione del bollettino di guerra sperando di non leggere nomi noti. Tutto questo è stato affidato interamente alla memoria dei loro nonni o genitori, che in larga parte sono scomparsi; tra non molti anni, saremo privi di testimoni del più grande evento bellico della storia dell'umanità. Ciò non deve fermare la memoria, affinché funga da costante guida: la guerra nuoce solamente, e dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per scongiurarla. Sul nostro suolo come altrove. Anche le piccole azioni quotidiane devono essere improntate a questo, onde evitare che ci si trovi nuovamente, e scioccamente, ad essere messi gli uni contro gli altri.
So che in Lapponia non vi occupate molto di questioni simili, penso che la vostra azienda sia più simile ad una mega Amazon (mi auguro però che le condizioni lavorative siano migliori), però sappi che l'umanità corre un grande rischio ultimamente, e necessita di saggezza.
Gli errori del passato devono illuminare la strada del presente.
Cordialmente tuo,
Belze
mercoledì 20 dicembre 2017
martedì 19 dicembre 2017
Lettera aperta a Babbo Natale
Caro Babbo Natale,
non ci sentiamo da ormai qualche lustro.
Il lustro è un periodo di tempo pari a cinque anni, non a venticinque come ho sentito dire l'altra sera da un telecronista.
Credo sia da quando facevo le elementari, forse dal Natale in cui anziché portare tu qualcosa ti sei preso mio nonno. Manco a farlo apposta, proprio oggi quel lutto diventa maggiorenne, a testimonianza di quanto tempo sia passato senza che ci siamo mai parlati. Oddio, non che prima tu fossi di molte parole, anzi ti trovavo un po' orso: alle mie richieste rispondevi con doni da te scelti arbitrariamente, non esattamente ciò che s'intende per un confronto proficuo e costruttivo.
Ciancio alle bande e vengo al dunque.
Come ogni letterina che si rispetti, anche la mia ha delle richieste. Dato che ormai sono cresciuto, evito di chiederti beni materiali perché so che a quelli provvedono i miei familiari, ma dato che ho sempre nutrito qualche dubbio circa la tua reale entità, ho pensato bene di ambire a qualcosa di leggermente più astratto.
Caro Babbo, quando seguo la politica, cosa che accade quotidianamente, vivo momenti di profonda inquietudine: ho come la sensazione che le persone abbiano smesso di interessarsene e preferiscano appaltarne interamente la gestione a determinati soggetti, illudendosi che abbiano a cuore l'interesse pubblico e collettivo. Così non è, anzi semmai è vero l'opposto: più i cittadini si disinteressano e più è facile per chi si trova in certi ruoli approfittare del proprio potere per perseguire scopi ed interessi personali. Orbene, sarei molto contento se questo Natale portasse in dono a ciascuno di noi un pizzico di voglia di sacrificio, di approfondimento, di perdita di tempo, affinché le nostre menti si facciano più raffinate e non così facilmente manipolabili. Mi rendo conto che sia chiedere la Luna, però ormai non so a chi altro rivolgermi, pensa come sono messo.
Confido di avere tue notizie a breve.
non ci sentiamo da ormai qualche lustro.
Il lustro è un periodo di tempo pari a cinque anni, non a venticinque come ho sentito dire l'altra sera da un telecronista.
Credo sia da quando facevo le elementari, forse dal Natale in cui anziché portare tu qualcosa ti sei preso mio nonno. Manco a farlo apposta, proprio oggi quel lutto diventa maggiorenne, a testimonianza di quanto tempo sia passato senza che ci siamo mai parlati. Oddio, non che prima tu fossi di molte parole, anzi ti trovavo un po' orso: alle mie richieste rispondevi con doni da te scelti arbitrariamente, non esattamente ciò che s'intende per un confronto proficuo e costruttivo.
Ciancio alle bande e vengo al dunque.
Come ogni letterina che si rispetti, anche la mia ha delle richieste. Dato che ormai sono cresciuto, evito di chiederti beni materiali perché so che a quelli provvedono i miei familiari, ma dato che ho sempre nutrito qualche dubbio circa la tua reale entità, ho pensato bene di ambire a qualcosa di leggermente più astratto.
Caro Babbo, quando seguo la politica, cosa che accade quotidianamente, vivo momenti di profonda inquietudine: ho come la sensazione che le persone abbiano smesso di interessarsene e preferiscano appaltarne interamente la gestione a determinati soggetti, illudendosi che abbiano a cuore l'interesse pubblico e collettivo. Così non è, anzi semmai è vero l'opposto: più i cittadini si disinteressano e più è facile per chi si trova in certi ruoli approfittare del proprio potere per perseguire scopi ed interessi personali. Orbene, sarei molto contento se questo Natale portasse in dono a ciascuno di noi un pizzico di voglia di sacrificio, di approfondimento, di perdita di tempo, affinché le nostre menti si facciano più raffinate e non così facilmente manipolabili. Mi rendo conto che sia chiedere la Luna, però ormai non so a chi altro rivolgermi, pensa come sono messo.
Confido di avere tue notizie a breve.
giovedì 14 dicembre 2017
Fastidio profondo
Per quanto uno procrastini, prima o poi arriva il momento in cui bisogna cedere.
Non è ben chiara quale sia l'utilità, però è obbligatorio e tocca sottostarvi.
Ovviamente, capita sempre nel momento meno opportuno, ovverosia quando si ha un po' di fretta e invece tocca pazientemente aspettare.
Non è ben chiara quale sia l'utilità, però è obbligatorio e tocca sottostarvi.
Ovviamente, capita sempre nel momento meno opportuno, ovverosia quando si ha un po' di fretta e invece tocca pazientemente aspettare.
mercoledì 13 dicembre 2017
martedì 12 dicembre 2017
Qualità
Se si tira:
- non si accorcia
- non si rompe
- non svanisce
- non cambia posto nello spazio
- non offende
- non si accorcia
- non si rompe
- non svanisce
- non cambia posto nello spazio
- non offende
lunedì 11 dicembre 2017
Sfide epiche
La grande sfida dell'Uomo alla Natura.
Pecca forse di hybris chi vuole andare oltre i limiti imposti al proprio corpo? Chi cerca di trascendere la dimensione materiale, di abbattere i vincoli e sciogliere le catene che la fisicità c'impone?
Niente affatto.
Anzi è giusto provarci, ed eventualmente incontrare la sconfitta nel tentativo.
Solo gli eroi riescono a recuperare le forze proprio quando la mente appare ormai offuscata ed incapace di reagire agli stimoli, e per essi si apre la strada che conduce alla gloria eterna.
Pecca forse di hybris chi vuole andare oltre i limiti imposti al proprio corpo? Chi cerca di trascendere la dimensione materiale, di abbattere i vincoli e sciogliere le catene che la fisicità c'impone?
Niente affatto.
Anzi è giusto provarci, ed eventualmente incontrare la sconfitta nel tentativo.
Solo gli eroi riescono a recuperare le forze proprio quando la mente appare ormai offuscata ed incapace di reagire agli stimoli, e per essi si apre la strada che conduce alla gloria eterna.
martedì 5 dicembre 2017
Nonchalance
La vita è una partita di poker, durante la quale capita inaspettatamente di dover bluffare. Occorre grande capacità di improvvisazione, poiché spesso non ci sono avvisaglie.
Un istante prima tutto fila liscio, e quello dopo - zac! - bisogna saper restare in equilibrio su una corda invisibile. C'è chi preferisce evitare tutto questo e decide di giocare a carte scoperte, mostrando la debolezza del proprio gioco sin dal primo istante. I grandi giocatori, però, sono quelli che non fanno una piega e accettano subito la sfida, senza sapere dove potrebbe portare. Ogni successivo passaggio potrebbe in teoria aumentare il rischio di scoprire il bluff, ma è proprio quel brivido della figuraccia a dare particolare soddisfazione.
Si cammina sui gusci d'uovo, consapevoli del pericolo che si affronta e della necessità di dissimularlo; in fondo, non è che serva poi tanto, basta riuscire a non scoprire il proprio fianco.
La cosa divertente è che magari si sta bluffando in due contemporaneamente.
Un istante prima tutto fila liscio, e quello dopo - zac! - bisogna saper restare in equilibrio su una corda invisibile. C'è chi preferisce evitare tutto questo e decide di giocare a carte scoperte, mostrando la debolezza del proprio gioco sin dal primo istante. I grandi giocatori, però, sono quelli che non fanno una piega e accettano subito la sfida, senza sapere dove potrebbe portare. Ogni successivo passaggio potrebbe in teoria aumentare il rischio di scoprire il bluff, ma è proprio quel brivido della figuraccia a dare particolare soddisfazione.
Si cammina sui gusci d'uovo, consapevoli del pericolo che si affronta e della necessità di dissimularlo; in fondo, non è che serva poi tanto, basta riuscire a non scoprire il proprio fianco.
La cosa divertente è che magari si sta bluffando in due contemporaneamente.
lunedì 4 dicembre 2017
sabato 2 dicembre 2017
venerdì 1 dicembre 2017
Selezione naturale
Vi sono vari modi di classificare le persone: c'è chi lo fa in base a caratteristiche fenotipiche, ossia quelle apparenti, e chi invece ritiene più utile dividerle in base a criteri meno evidenti, ma non per questo meno marcati.
Negli ultimi anni si è registrata la giusta tendenza a categorizzare i propri simili con riferimento all'atteggiamento o ad abitudini che si hanno in talune circostanze: ebbene, proprio su quest'aspetto credo sia necessario soffermarsi, al fine di tracciare un solco netto e profondo all'interno del genere umano. Da un lato coloro che saranno salvati, dall'altro coloro per i quali la condanna è già stata scritta.
Il criterio in questione risiede in un gesto compiuto durante un'attività quotidiana (o quasi), gesto che per alcuni è - legittimamente - più fastidioso di un esercito di unghie sulla lavagna. Si tratta di una mossa che ha un suo preciso significato e anche una sua utilità, poiché mira ad un preciso scopo e invero lo raggiunge, però seguendo una strada che suscita ire funeste nei Giusti. Talvolta può essere giustificato dalla penuria di strumenti più consoni, ma nella maggior parte dei casi appare evidente come si tratti di un'abitudine ormai inveterata che prescinde dall'effettiva disponibilità dell'apposito oggetto.
Negli ultimi anni si è registrata la giusta tendenza a categorizzare i propri simili con riferimento all'atteggiamento o ad abitudini che si hanno in talune circostanze: ebbene, proprio su quest'aspetto credo sia necessario soffermarsi, al fine di tracciare un solco netto e profondo all'interno del genere umano. Da un lato coloro che saranno salvati, dall'altro coloro per i quali la condanna è già stata scritta.
Il criterio in questione risiede in un gesto compiuto durante un'attività quotidiana (o quasi), gesto che per alcuni è - legittimamente - più fastidioso di un esercito di unghie sulla lavagna. Si tratta di una mossa che ha un suo preciso significato e anche una sua utilità, poiché mira ad un preciso scopo e invero lo raggiunge, però seguendo una strada che suscita ire funeste nei Giusti. Talvolta può essere giustificato dalla penuria di strumenti più consoni, ma nella maggior parte dei casi appare evidente come si tratti di un'abitudine ormai inveterata che prescinde dall'effettiva disponibilità dell'apposito oggetto.
giovedì 30 novembre 2017
Sfrenato ludibrio
Serve dove il corpo umano palesa i propri limiti.
Inesauribile fonte di piacere dalla forma anatomica, non fa rimpiangere affatto l'originale.
Poco importa che sia artificiale, i brividi sprigionati ogni volta che si utilizza dimostrano come le dimensioni contino relativamente.
L'estati a portata di mano.
Perché mai fermarsi?
Inesauribile fonte di piacere dalla forma anatomica, non fa rimpiangere affatto l'originale.
Poco importa che sia artificiale, i brividi sprigionati ogni volta che si utilizza dimostrano come le dimensioni contino relativamente.
L'estati a portata di mano.
Perché mai fermarsi?
mercoledì 29 novembre 2017
Aspirazioni
Quasi chiunque vorrebbe portarsela a letto.
Sorprendentemente, ci si può riuscire senza grandi difficoltà.
Sorprendentemente, ci si può riuscire senza grandi difficoltà.
martedì 28 novembre 2017
Nomi non nomi
Trattasi di una cosa il cui nome è impossibile, nel senso che non è realizzabile in natura.
In alcun modo è mai possibile che ciò accada.
La cosa però esiste, eccome se esiste.
E mica è una sola.
Si tocca pure.
In alcun modo è mai possibile che ciò accada.
La cosa però esiste, eccome se esiste.
E mica è una sola.
Si tocca pure.
lunedì 27 novembre 2017
mercoledì 22 novembre 2017
Orange is the new white
Supermercato, ora imprecisata del giorno.
Mi appropinquo alla cassa ove una signora sta ordinatamente sistemando i propri acquisti sul nastro. A giudicare dall'acconciatura si può azzardare che sia andata dal parrucchiere per tinta e messa in piega non più di un paio d'ore prima. Le mani ingioiellate si muovono rapide per prendere i prodotti dal carrello e, sebbene curate, tradiscono un'età non più giovanissima. Indossa un costoso cappotto di marca dal quale sbucano le ancora esili gambe.
Sembra una bella signora di mezz'età, per quanto non le abbia ancora visto il volto.
Improvvisamente si ricorda di dover aggiungere qualcosa alla spesa e torna tra gli scaffali per recuperarlo; così facendo mi passa davanti e avverto una sinistra vibrazione nella Forza: qualcosa, nella sua figura, mi turba profondamente. Come se ci fosse un elemento fuori posto, una vocina stonata nel coro. Mentre torna alla cassa ho modo di lanciarle un'altra veloce occhiata, per cercare di cogliere l'origine della mia inquietudine. Rimanda a qualcosa di lontano, è un'eco flebile ma che tocca precise corde della mia sensibilità.
Sta ancora imbustando quando io, dopo aver pagato, mi avvicino per ritirare la mia spesa.
Guardo le mani.
Bianche.
Non proprio bianche, però insomma di un colore normale, umano.
Guardo il viso.
Arancione.
Due colori totalmente diversi addosso, come se appartenessero a diversi esseri viventi assemblati in officina in un'unica figura.
Manca del tutto l'autenticità, si passa dal genere umano al genere, semplicemente, 'altro'. Non pretendo di essere una persona di grandi principi e valori, però provo un senso di istintiva sfiducia nei confronti di chi altera in maniera così significativa la propria identità. A quale fine poi?
Piacersi?
Piacere agli altri?
Sarò superficiale, paradossalmente, ma lo trovo comunque un atteggiamento menzognero, perché al primo impatto con un qualsiasi estraneo si deve già contare una bugia, espressa sul proprio corpo. Per conoscere quella persona occorrerà superare una maschera, scoprire cosa si nasconde dietro.
Davanti ad un'artefatta discromia non riesco a provare fiducia.
Mi appropinquo alla cassa ove una signora sta ordinatamente sistemando i propri acquisti sul nastro. A giudicare dall'acconciatura si può azzardare che sia andata dal parrucchiere per tinta e messa in piega non più di un paio d'ore prima. Le mani ingioiellate si muovono rapide per prendere i prodotti dal carrello e, sebbene curate, tradiscono un'età non più giovanissima. Indossa un costoso cappotto di marca dal quale sbucano le ancora esili gambe.
Sembra una bella signora di mezz'età, per quanto non le abbia ancora visto il volto.
Improvvisamente si ricorda di dover aggiungere qualcosa alla spesa e torna tra gli scaffali per recuperarlo; così facendo mi passa davanti e avverto una sinistra vibrazione nella Forza: qualcosa, nella sua figura, mi turba profondamente. Come se ci fosse un elemento fuori posto, una vocina stonata nel coro. Mentre torna alla cassa ho modo di lanciarle un'altra veloce occhiata, per cercare di cogliere l'origine della mia inquietudine. Rimanda a qualcosa di lontano, è un'eco flebile ma che tocca precise corde della mia sensibilità.
Sta ancora imbustando quando io, dopo aver pagato, mi avvicino per ritirare la mia spesa.
Guardo le mani.
Bianche.
Non proprio bianche, però insomma di un colore normale, umano.
Guardo il viso.
Arancione.
Due colori totalmente diversi addosso, come se appartenessero a diversi esseri viventi assemblati in officina in un'unica figura.
Manca del tutto l'autenticità, si passa dal genere umano al genere, semplicemente, 'altro'. Non pretendo di essere una persona di grandi principi e valori, però provo un senso di istintiva sfiducia nei confronti di chi altera in maniera così significativa la propria identità. A quale fine poi?
Piacersi?
Piacere agli altri?
Sarò superficiale, paradossalmente, ma lo trovo comunque un atteggiamento menzognero, perché al primo impatto con un qualsiasi estraneo si deve già contare una bugia, espressa sul proprio corpo. Per conoscere quella persona occorrerà superare una maschera, scoprire cosa si nasconde dietro.
Davanti ad un'artefatta discromia non riesco a provare fiducia.
lunedì 20 novembre 2017
Possesso
A volte si deve lottare per il suo possesso e non sempre riesce l'aggiudicazione in esclusiva.
Nella prassi è frequente che la situazione possa mutare, con prevalenza alternata dei due contendenti.
Tuttavia, in molte circostanze non ricorre la condivisione.
Nella prassi è frequente che la situazione possa mutare, con prevalenza alternata dei due contendenti.
Tuttavia, in molte circostanze non ricorre la condivisione.
venerdì 10 novembre 2017
C'è chi pote e chi non puote
La logica imporrebbe di dire che tutti, ma proprio tutti tutti tutti, senza differenze e/o esclusioni di sesso, razza, religione, lingua, altezza, taglio di capelli e gusti musicali ne abbiamo uno.
Una persona invece ne ha due.
Forse anche più di una, ma son di sicuro un numero esiguo.
Di cosa si tratta?
Una persona invece ne ha due.
Forse anche più di una, ma son di sicuro un numero esiguo.
Di cosa si tratta?
lunedì 23 ottobre 2017
Aneddotica popolare
C'è una vasta aura di mistero e terrore che aleggia sull'esame di stato da avvocato - tanto per lo scritto quanto per l'orale - e anno dopo anno non fa che rinfoltirsi con nuovi e succosi racconti che giungono dai reduci. Volendo, si potrebbe raccoglierli in una simpatica antologia popolare; sarei felice se all'interno di un tale progetto figurasse anche la mia esperienza personale, che ho deciso di raccontare perché sarebbe comica, se non fosse vera.
Volendo evitare un piagnisteo infinito sulle varie ansie che attanagliano i candidati, mi limito a spiegare, per chi non lo sapesse, cosa significa essere bocciati all'orale: di lì a poco, intorno a metà dicembre, bisognerà sostenere altri tre giorni di prova scritta da sette ore al giorno di solo esame, in un capannone/palazzetto dello sport/maxi aula, insieme ad altre mille persone. Per farlo occorre spendere diverse centinaia di euri in codici, i quali si sa devono essere aggiornati e mica si può farlo con quello dell'anno prima, perché chissà quali sentenze sono uscite nel frattempo; una volta terminato non è finita davvero, visto che i risultati arriveranno a distanza di sei mesi e solo allora i fortunati potranno iniziare a studiare nuovamente per l'orale.
Come vedete, non passarlo è una discreta mazzata, non fosse altro che per i soldi da spendere.
Carico di tensione, ogni candidato si siede all'orale dinanzi ad una commissione che lo interroga su sei materie, di cui una è obbligatoria - deontologia forense - e le altre cinque sono a scelta. Anche qui, giusto per dare un'idea, è come se in una sola volta si sostenessero tutti gli esami di una sessione universitaria. Intendiamoci, non infattibile, ma neppure da prender sotto gamba.
Orbene, il candidato è spesso una persona di giovane età che sente sulle proprie spalle il peso del proprio futuro, di un anno intero che può cambiare in meglio o in peggio nel giro di un'oretta scarsa. La prima cosa che deve fare è non irritare la commissione.
Non ci sono riuscito.
O meglio.
Il presidente comincia con una domanda di deontologia poco chiara e dalla mia faccia capisce subito che non ho mai sentito parlare della questione. Spoiler: siccome mi citerà un articolo del codice deontologico contenente la risposta, lo andrò a rileggere e scoprirò che la domanda non è per niente centrata, anzi parla proprio di altro.
L'esame tutto sommato procede, in un modo o nell'altro giungo alla quarta materia. Mentre la commissaria mi sta facendo una domanda, scorgo con la coda dell'occhio il presidente che si sporge verso un'altra commissaria, seduta al suo fianco, e credendo di bisbigliare chiede: "Ma è modo di sedersi?"
Mi osservo e noto di avere una gamba accavallata sull'altra. Un'eco che arriva flebile, da lontanissimo, da un recondito meandro della mia vita, suggerisce di disaccavallarle, perché è un gesto maleducato. Prontamente mi siedo come se mi avessero infilato un bastone nel retto e il presidente commenta, sempre con la commissaria: "Ah, mi ha sentito. Va beh, ora gliela faccio pagare".
Ha proprio detto gliela faccio pagare. Un linguaggio che si addice più ad un ambiente di malaffare che a quello forense, ma si vede che è quanto bisogna aspettarsi dalla cosiddetta vita vera, al netto delle belle parole con le quali ci ammansisce il codice deontologico.
Il destino ha voluto che la successiva domanda dovesse farmela proprio lui, così riesce a mettermi in difficoltà. Arrabattando qualche parola per evitare la scena muta, utilizzo una locuzione che ho letto parecchie volte sui manuali.
Apriti cielo.
Il commissario mi chiede cosa significhi, con l'aria schifata di chi è costretto a perdere il proprio tempo con dei sottosviluppati; gli faccio presente che non è un'espressione da me coniata, ma che ha una sua precisa ragion d'essere. Per fortuna in quel momento una commissaria decide di intervenire e prendere le mie parti, confermando la mia tesi: a quel punto, improvvisamente, non prima di aver messo su la faccia disgustata di chi trova un dread nella minestra, decide che può accontentarsi.
L'esame prosegue, anzi termina di lì a breve, dopodiché i commissari si ritirano in una stanzetta per deliberare sull'eventuale superamento.
Nei minuti successivi, convinto che il mio destino fosse segnato, non sono riuscito ad essere triste. Ero furibondo, amareggiato, frustrato, desideroso solamente di dire in faccia al presidente cosa pensavo di lui. Ho preparato un discorsetto rapido ma incisivo, da fare ad alta voce in modo che sentissero bene commissione e pubblico presente. Poi l'ho visto uscire con un'espressione funerea sul volto, come se avesse appena ricevuto una brutta notizia che lo riguardava personalmente; lì ho capito che l'avrei sfangata.
Sono passati alcuni giorni dall'esame e continuo a chiedermi: è giusto che i candidati siano giudicati per il modo in cui si siedono e non per la loro preparazione? Fino a che punto bisogna sempre e comunque incassare, chinare la testa dinanzi a chi ha una posizione di potere? Quanti soprusi, mancanze di rispetto dovremo tollerare ancora? Ma soprattutto: nel caso in cui uno cercasse una sorta di giustizia, nel senso più lato possibile, ci sarebbe qualcuno disposto ad ascoltarlo?
Volendo evitare un piagnisteo infinito sulle varie ansie che attanagliano i candidati, mi limito a spiegare, per chi non lo sapesse, cosa significa essere bocciati all'orale: di lì a poco, intorno a metà dicembre, bisognerà sostenere altri tre giorni di prova scritta da sette ore al giorno di solo esame, in un capannone/palazzetto dello sport/maxi aula, insieme ad altre mille persone. Per farlo occorre spendere diverse centinaia di euri in codici, i quali si sa devono essere aggiornati e mica si può farlo con quello dell'anno prima, perché chissà quali sentenze sono uscite nel frattempo; una volta terminato non è finita davvero, visto che i risultati arriveranno a distanza di sei mesi e solo allora i fortunati potranno iniziare a studiare nuovamente per l'orale.
Come vedete, non passarlo è una discreta mazzata, non fosse altro che per i soldi da spendere.
Carico di tensione, ogni candidato si siede all'orale dinanzi ad una commissione che lo interroga su sei materie, di cui una è obbligatoria - deontologia forense - e le altre cinque sono a scelta. Anche qui, giusto per dare un'idea, è come se in una sola volta si sostenessero tutti gli esami di una sessione universitaria. Intendiamoci, non infattibile, ma neppure da prender sotto gamba.
Orbene, il candidato è spesso una persona di giovane età che sente sulle proprie spalle il peso del proprio futuro, di un anno intero che può cambiare in meglio o in peggio nel giro di un'oretta scarsa. La prima cosa che deve fare è non irritare la commissione.
Non ci sono riuscito.
O meglio.
Il presidente comincia con una domanda di deontologia poco chiara e dalla mia faccia capisce subito che non ho mai sentito parlare della questione. Spoiler: siccome mi citerà un articolo del codice deontologico contenente la risposta, lo andrò a rileggere e scoprirò che la domanda non è per niente centrata, anzi parla proprio di altro.
L'esame tutto sommato procede, in un modo o nell'altro giungo alla quarta materia. Mentre la commissaria mi sta facendo una domanda, scorgo con la coda dell'occhio il presidente che si sporge verso un'altra commissaria, seduta al suo fianco, e credendo di bisbigliare chiede: "Ma è modo di sedersi?"
Mi osservo e noto di avere una gamba accavallata sull'altra. Un'eco che arriva flebile, da lontanissimo, da un recondito meandro della mia vita, suggerisce di disaccavallarle, perché è un gesto maleducato. Prontamente mi siedo come se mi avessero infilato un bastone nel retto e il presidente commenta, sempre con la commissaria: "Ah, mi ha sentito. Va beh, ora gliela faccio pagare".
Ha proprio detto gliela faccio pagare. Un linguaggio che si addice più ad un ambiente di malaffare che a quello forense, ma si vede che è quanto bisogna aspettarsi dalla cosiddetta vita vera, al netto delle belle parole con le quali ci ammansisce il codice deontologico.
Il destino ha voluto che la successiva domanda dovesse farmela proprio lui, così riesce a mettermi in difficoltà. Arrabattando qualche parola per evitare la scena muta, utilizzo una locuzione che ho letto parecchie volte sui manuali.
Apriti cielo.
Il commissario mi chiede cosa significhi, con l'aria schifata di chi è costretto a perdere il proprio tempo con dei sottosviluppati; gli faccio presente che non è un'espressione da me coniata, ma che ha una sua precisa ragion d'essere. Per fortuna in quel momento una commissaria decide di intervenire e prendere le mie parti, confermando la mia tesi: a quel punto, improvvisamente, non prima di aver messo su la faccia disgustata di chi trova un dread nella minestra, decide che può accontentarsi.
L'esame prosegue, anzi termina di lì a breve, dopodiché i commissari si ritirano in una stanzetta per deliberare sull'eventuale superamento.
Nei minuti successivi, convinto che il mio destino fosse segnato, non sono riuscito ad essere triste. Ero furibondo, amareggiato, frustrato, desideroso solamente di dire in faccia al presidente cosa pensavo di lui. Ho preparato un discorsetto rapido ma incisivo, da fare ad alta voce in modo che sentissero bene commissione e pubblico presente. Poi l'ho visto uscire con un'espressione funerea sul volto, come se avesse appena ricevuto una brutta notizia che lo riguardava personalmente; lì ho capito che l'avrei sfangata.
Sono passati alcuni giorni dall'esame e continuo a chiedermi: è giusto che i candidati siano giudicati per il modo in cui si siedono e non per la loro preparazione? Fino a che punto bisogna sempre e comunque incassare, chinare la testa dinanzi a chi ha una posizione di potere? Quanti soprusi, mancanze di rispetto dovremo tollerare ancora? Ma soprattutto: nel caso in cui uno cercasse una sorta di giustizia, nel senso più lato possibile, ci sarebbe qualcuno disposto ad ascoltarlo?
lunedì 24 luglio 2017
venerdì 21 luglio 2017
martedì 18 luglio 2017
Problemi con
Un'espressione piuttosto in voga edulcora l'esistenza di precedenti penali a carico di un soggetto mutando il punto di vista, e sostenendo quindi che la persona in questione abbia "avuto problemi con la giustizia".
Molto spesso viene appunto usata per evitare di fare riferimento a specifiche condanne, tutelando da un lato - comprensibilmente - la riservatezza dell'interessato, e dall'altro utilizzando un lessico meno evocativo.
Tuttavia, pur avendo ben chiare le esigenze cui mira, trovo che sia sbagliato affermare che "qualcuno abbia avuto problemi con la giustizia", visto che sarebbe ben più corretto affermare che sia stata la giustizia ad aver avuto problemi con lui.
Molto spesso viene appunto usata per evitare di fare riferimento a specifiche condanne, tutelando da un lato - comprensibilmente - la riservatezza dell'interessato, e dall'altro utilizzando un lessico meno evocativo.
Tuttavia, pur avendo ben chiare le esigenze cui mira, trovo che sia sbagliato affermare che "qualcuno abbia avuto problemi con la giustizia", visto che sarebbe ben più corretto affermare che sia stata la giustizia ad aver avuto problemi con lui.
mercoledì 5 luglio 2017
Anglismi
Quando si comincia a studiare una lingua straniera ci si trova nella strana situazione di voler esprimere tutto in quell'idioma, senza però conoscere abbastanza strutture e/o vocaboli. Da qui nasce allora il maccheronico, ossia una versione storpiata che si limita ad adattare parole o frasi italiane nell'altra lingua, modificandone soltanto la fonetica, ma mantenendo di solito costrutti nostrani. L'intento è il più delle volte scherzoso, non c'è pretesa di verità nella traduzione, anzi risulta divertente evidenziare il distacco che c'è tra la parola o espressione creata e la supposta lingua d'arrivo, così da creare una sorta di terzo genere che si colloca a metà, sospeso nella comunicazione tra i due idiomi.
Vanno per la maggiore le espressioni più tipiche e talvolta anche mutuate dal dialetto, che sono ovviamente le più difficili da tradurre; tuttavia, è con estremo sgomento che ho appreso di averci azzeccato. Senza volerlo, ho per anni utilizzato in maniera scherzosa un'espressione corretta, quindi non avevo alcun titolo per ritenermi spiritoso - non che in altre circostanze vi sia - ma l'ho scoperto solo di recente.
"Buono a sapersi". Per una persona che d'inglese ha solo i rudimenti, come si potrebbe rendere tale espressione? Buono si dice good, su questo non c'è dubbio. Sapere si dice know, ed anche in questo caso siamo piuttosto sicuri. Come legarli?
Good at know pareva cacofonico ed eccessivamente sgrammaticato, così al tempo optai per good to know.
Ed è giusto.
Che amarezza.
Vanno per la maggiore le espressioni più tipiche e talvolta anche mutuate dal dialetto, che sono ovviamente le più difficili da tradurre; tuttavia, è con estremo sgomento che ho appreso di averci azzeccato. Senza volerlo, ho per anni utilizzato in maniera scherzosa un'espressione corretta, quindi non avevo alcun titolo per ritenermi spiritoso - non che in altre circostanze vi sia - ma l'ho scoperto solo di recente.
"Buono a sapersi". Per una persona che d'inglese ha solo i rudimenti, come si potrebbe rendere tale espressione? Buono si dice good, su questo non c'è dubbio. Sapere si dice know, ed anche in questo caso siamo piuttosto sicuri. Come legarli?
Good at know pareva cacofonico ed eccessivamente sgrammaticato, così al tempo optai per good to know.
Ed è giusto.
Che amarezza.
martedì 4 luglio 2017
Sport estremi
Ipotizziamo che una persona si faccia male alla propria mano dominante e venga curata con l'applicazione di una fasciatura o simile che ne rende arduo l'utilizzo nelle attività della vita quotidiana. Succede allora che si debba usare l'altra mano, normalmente poco avvezza, per compiere gesti ai quali siamo abituati e che eseguiamo senza particolari difficoltà; anzi, il più delle volte agiamo sulla base della mera memoria muscolare e neppure dedichiamo particolare attenzione ai singoli movimenti. Tutto cambia quando si è costretti a farlo con la mano debole, perché ci si riscopre incapaci, è come tornare alla fase dell'apprendimento.
In particolare, c'è un'attività che risulta impossibile, ed è una cosa che si fa ogni giorno, anche più volte al giorno, tanto i maschi quanto le femmine.
In particolare, c'è un'attività che risulta impossibile, ed è una cosa che si fa ogni giorno, anche più volte al giorno, tanto i maschi quanto le femmine.
lunedì 3 luglio 2017
Desideri
Chi non ce l'ha, l'anela.
Sono in pochi coloro per i quali è impossibile.
In un certo senso si può toccare.
I soldi che tutto possono sopperiscono in parte, ma si tratta di una versione peggiore dell'originale.
Soprattutto, non si è vissuta la necessaria e sottesa esperienza, che di solito è considerata alquanto piacevole.
Attenzione a non abusarne.
In medio stat virtus.
Sono in pochi coloro per i quali è impossibile.
In un certo senso si può toccare.
I soldi che tutto possono sopperiscono in parte, ma si tratta di una versione peggiore dell'originale.
Soprattutto, non si è vissuta la necessaria e sottesa esperienza, che di solito è considerata alquanto piacevole.
Attenzione a non abusarne.
In medio stat virtus.
mercoledì 28 giugno 2017
Disevoluzione
Stereotipati ed ormai persino inflazionati, la prima categoria di imbecilli che viene in rilievo è quella dei personaggi dei film dell'orrore/terrore che, dinanzi ad una minaccia implacabile e spesso disumana, pensano bene di dividersi. Maestri dell'arte della guerra.
Dopodiché, non si possono non menzionare i sempiterni innocentisti di se stessi, ossia coloro che quando inciampano in un sasso danno la colpa al sasso medesimo. Chiaramente, sasso perfido ed infido, ti sei messo lì in mezzo e ora ti becchi pure gli improperi. Che ti serva di lezione per la prossima volta.
Terzi, ma non per questo meno degni di plauso, sono coloro che non appena si scatena un acquazzone pensano bene di gettarsi sotto la pioggia coprendosi con fazzoletti, nonostante fossero sotto un comodo riparo, accompagnando di solito la propria corsa con frasi del seguente tenore: "Guarda come viene giù, è l'apocalisse, presto prima che..." Prima che cosa, sottospecie di cercopiteco? Se appunto stan piovendo cani e gatti, l'esperienza non ti ha insegnato che durerà poco? O pensi che la tempesta flagellerà l'Europa Meridionale per settantadue ore riversando un volume d'acqua in grado di ricolmare il Lago d'Aral? Sei con le chiappe asciutte, resta lì e abbi pazienza. Sei l'unica persona che anziché proteggersi dal pericolo ci si fionda incontro, non ti fa riflettere quest'anomalia statistica?
Gli appartenenti a queste tre categorie, oltretutto, tendono spesso a convergere sul medesimo partito politico; lascio a voi la sua identificazione nonché stabilire quanto ciò sia una coincidenza o se forse valga la pena parlare di nesso causale, altresì detto teleologico.
Dopodiché, non si possono non menzionare i sempiterni innocentisti di se stessi, ossia coloro che quando inciampano in un sasso danno la colpa al sasso medesimo. Chiaramente, sasso perfido ed infido, ti sei messo lì in mezzo e ora ti becchi pure gli improperi. Che ti serva di lezione per la prossima volta.
Terzi, ma non per questo meno degni di plauso, sono coloro che non appena si scatena un acquazzone pensano bene di gettarsi sotto la pioggia coprendosi con fazzoletti, nonostante fossero sotto un comodo riparo, accompagnando di solito la propria corsa con frasi del seguente tenore: "Guarda come viene giù, è l'apocalisse, presto prima che..." Prima che cosa, sottospecie di cercopiteco? Se appunto stan piovendo cani e gatti, l'esperienza non ti ha insegnato che durerà poco? O pensi che la tempesta flagellerà l'Europa Meridionale per settantadue ore riversando un volume d'acqua in grado di ricolmare il Lago d'Aral? Sei con le chiappe asciutte, resta lì e abbi pazienza. Sei l'unica persona che anziché proteggersi dal pericolo ci si fionda incontro, non ti fa riflettere quest'anomalia statistica?
Gli appartenenti a queste tre categorie, oltretutto, tendono spesso a convergere sul medesimo partito politico; lascio a voi la sua identificazione nonché stabilire quanto ciò sia una coincidenza o se forse valga la pena parlare di nesso causale, altresì detto teleologico.
martedì 27 giugno 2017
Se
Se
un uomo
di razza bianca caucasica
tornato a casa provato da una dura giornata di lavoro
Se
e quando dico Se
dico quest'uomo
spossato da una torrida calura che ne attanaglia le membra, oltretutto costrette in abiti eccessivamente pesanti per la stagione ma imposti dall'etichetta
giunto finalmente alla propria magione
avverte il legittimo e sacrosanto diritto
inalienabile e costituzionalmente garantito
di alleggerire il proprio corpo della presenza delle deiezioni
e nel farlo
si fionda con feline movenze sul trono del sapere, assaporando la gioia della libertà
SE
nel momento in cui questo luminoso esempio di virilità, coraggio e fedeltà al dovere
ritiene di potersi finalmente rilassare
suona il citofono perché è arrivato il tecnico della caldaia
È finita!
un uomo
di razza bianca caucasica
tornato a casa provato da una dura giornata di lavoro
Se
e quando dico Se
dico quest'uomo
spossato da una torrida calura che ne attanaglia le membra, oltretutto costrette in abiti eccessivamente pesanti per la stagione ma imposti dall'etichetta
giunto finalmente alla propria magione
avverte il legittimo e sacrosanto diritto
inalienabile e costituzionalmente garantito
di alleggerire il proprio corpo della presenza delle deiezioni
e nel farlo
si fionda con feline movenze sul trono del sapere, assaporando la gioia della libertà
SE
nel momento in cui questo luminoso esempio di virilità, coraggio e fedeltà al dovere
ritiene di potersi finalmente rilassare
suona il citofono perché è arrivato il tecnico della caldaia
È finita!
lunedì 26 giugno 2017
Mutare
Il (terribile) passaggio all'età adulta può essere colto da alcuni segnali, ma uno in particolare è quello che sancisce lo iato tra fanciullezza e maturità.
Va detto che tende a colpire di più i maschi, ma non è detto che le fanciulle ne siano esenti.
Va detto che tende a colpire di più i maschi, ma non è detto che le fanciulle ne siano esenti.
mercoledì 21 giugno 2017
La febbra
Questa storia probabilmente interessa a pochi, quindi è quella giusta da raccontare.
Per inciso, non è che sia un'anteprima o un inedito, è una storia vecchia di oltre vent'anni già romanzata in tutte le salse, della quale offro solamente una banale divulgazione.
In una calda sera di giugno del 1997, Michael Jordan è a Salt Lake City con i suoi Chicago Bulls per giocare gara 5 delle finali NBA contro gli Utah Jazz; il punteggio della serie è sul 2-2, per cui se gli avversari sfruttassero a dovere il fattore campo si porterebbero ad una sola vittoria dal titolo. Le persone normali sarebbero divorate dall'ansia per la partita dell'indomani, Michael Jordan invece ordina una pizza in camera. Visto che lui è americano, con ogni probabilità l'avrà chiesta con peperoni, ketchup e ananas, tanto che durante la notte è preda di un violentissimo attacco influenzale.
Quando il medico della squadra lo trova racimolato sul pavimento, si rende subito conto che non potrà mai scendere in campo di lì a sedici ore. Invece, con sommo stupore di tutti, un'ora prima della partita entra sul parquet per il riscaldamento.
Nonostante sia in condizioni psicofisiche pietoso, Michelone nostro gioca una partita devastante.
Per inciso, non è che sia un'anteprima o un inedito, è una storia vecchia di oltre vent'anni già romanzata in tutte le salse, della quale offro solamente una banale divulgazione.
In una calda sera di giugno del 1997, Michael Jordan è a Salt Lake City con i suoi Chicago Bulls per giocare gara 5 delle finali NBA contro gli Utah Jazz; il punteggio della serie è sul 2-2, per cui se gli avversari sfruttassero a dovere il fattore campo si porterebbero ad una sola vittoria dal titolo. Le persone normali sarebbero divorate dall'ansia per la partita dell'indomani, Michael Jordan invece ordina una pizza in camera. Visto che lui è americano, con ogni probabilità l'avrà chiesta con peperoni, ketchup e ananas, tanto che durante la notte è preda di un violentissimo attacco influenzale.
Quando il medico della squadra lo trova racimolato sul pavimento, si rende subito conto che non potrà mai scendere in campo di lì a sedici ore. Invece, con sommo stupore di tutti, un'ora prima della partita entra sul parquet per il riscaldamento.
Nonostante sia in condizioni psicofisiche pietoso, Michelone nostro gioca una partita devastante.
Gara 5 delle finali del 1997 passerà alla storia come The Flu Game, una di quelle che faranno transitare Jordan direttamente nella leggenda senza manco transitare per il mito.
Legittimamente, giunti a questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: per qual motivo ce lo sta raccontando?
Perché, per una volta, non seguirò il precetto che mi ripeteva ossessivamente mia nonna, secondo il quale "chi si loda s'imbroda".
Qualche tempo fa ho dovuto sostenere un importante e complesso esame scritto spalmato su tre giorni, durante i quali ho avuto un simpatico raffreddore condito da una gioiosa febbriciattola. La mattina dell'ultima prova, ça va sans dire la più importante ed ostica, non sarei uscito dal letto neanche per accompagnare Scarlett Johansson a scegliere i mobili della cucina della nostra casa al mare, figurarsi se mi sarei andato a cacciare in un posto con altri mille magonati a riempire fogli protocollo di scarabocchi. Giammai.
Eppure, s'aveva da fare.
Sotto la doccia, cercando di riprendermi, ho realizzato di essere con le spalle al muro. Due strade davanti a me: la prima era cedere alla debolezza e farmi riempire di cartoni, l'altra provare a lottare e cercare perlomeno di sbucciare le nocche altrui con gli zigomi. Per fare ciò, tuttavia, serviva un riferimento, un punto di fuga infinito verso cui tendere. Non poteva venirmi in mente null'altro se non Jordan in gara 5 alle finali del 1997.
Mentre l'acqua bollente non riusciva a lenire i miei brividi, ho deciso che quello sarebbe stato il mio Flu Game.
E ce l'ho fatta.
martedì 20 giugno 2017
Sfida accettata (e vinta)
La cronaca cittadina è da sempre fonte di grandi emozioni, oltre che di informazioni pratiche spesso utili. Per questo motivo, ho l'abitudine di dare un'occhiata alla sezione locale dei quotidiani con cadenza pressoché giornaliera; tra sagre, blocchi del traffico e divieti di respirazione, ecco che finalmente arriva la notizia del secolo. Per chi legittimamente non avesse voglia di leggere, riassumo in breve: un motociclista parte e si dimentica la moglie a terra; giunto a destinazione chiama i carabinieri preoccupato che fosse caduta dal sellino, ma dopo pochi minuti la moglie lo rintraccia sul telefonino dicendogliene di tutti i colori.
La storiella è simpatica e strappa un sorriso, me ne rendo conto, ma vorrei dire solo una cosa all'amico centauro: son bravi tutti a farlo con quella che è tua moglie da venti/trent'anni, giocarsi una carta del genere al primo appuntamento è da veri intrepidi. Quest'altro link invece leggetelo, sebbene molti lo conoscano già.
Riprovaci, mammoletta.
Sono comunque un passo avanti.
La storiella è simpatica e strappa un sorriso, me ne rendo conto, ma vorrei dire solo una cosa all'amico centauro: son bravi tutti a farlo con quella che è tua moglie da venti/trent'anni, giocarsi una carta del genere al primo appuntamento è da veri intrepidi. Quest'altro link invece leggetelo, sebbene molti lo conoscano già.
Riprovaci, mammoletta.
Sono comunque un passo avanti.
martedì 13 giugno 2017
Moriremo acromatici
La stragrande maggioranza di noi cosiddetti nativi digitali del cosiddetto primo mondo ha due vite: una è quella che potremmo definire di ciccia, un'altra è quella sui social network. Sono due rette che scorrono tendenzialmente molto vicine, pressoché attigue, intersecandosi sovente e per lunghi tratti addirittura sovrapponendosi; sarebbe tuttavia un errore ritenerle indipendenti, poiché ormai la seconda ha degli inevitabili riflessi sulla prima. Siamo giudicati anche e soprattutto per come appariamo su codesti social, che hanno col tempo perso il loro lato giocoso o perlomeno poco serio.
Per quanto sia comprensibile l'esigenza di non rendere i social uno spazio di totale irresponsabilità, è anche vero che si tratta di luoghi, ancorché virtuali, dove per la maggior parte del tempo si interagisce con persone che si conoscono, e pertanto si utilizzano il registro o il contegno tipici di contesti abbastanza informali e soprattutto confidenziali. Peccato che in quello che si percepisce come il cortile della scuola ci sia uno stuolo di strumenti d'intercettazione pronti ad immagazzinare qualsiasi opinione espressa e a catalogarla secondo i parametri attualmente in voga presso la nostra società. Tutto ciò che esce da quei canoni è connotato negativamente e può avere riflessi negativi sotto molteplici aspetti; di fatto, l'errore che si commette è quello di considerare l'opinione espressa sul social alla stregua della battuta scambiata a voce nel salotto di casa propria mentre si ascolta un notiziario. Niente di più sbagliato: equivale invece ad incidere su pietra quelle parole, in attesa che qualche passante le noti.
L'inevitabile conseguenza è una banalizzazione dei contenuti, e del resto perché mai uno dovrebbe assumersi il rischio di essere chiamato a rispondere delle proprie opinioni? Piaccia o meno, il tanto celebrato art. 21 della Costituzione è pienamente efficace finché si naviga nelle acque sicure del politicamente corretto, ma offre molte meno tutele quando ci si avventura in mare aperto.
I social ci hanno da un lato permesso di migliorare le possibilità di comunicazione e contatto con le altre persone, ma al caro prezzo della nostra esposizione.
Siamo nudi senza rendercene conto.
Per quanto sia comprensibile l'esigenza di non rendere i social uno spazio di totale irresponsabilità, è anche vero che si tratta di luoghi, ancorché virtuali, dove per la maggior parte del tempo si interagisce con persone che si conoscono, e pertanto si utilizzano il registro o il contegno tipici di contesti abbastanza informali e soprattutto confidenziali. Peccato che in quello che si percepisce come il cortile della scuola ci sia uno stuolo di strumenti d'intercettazione pronti ad immagazzinare qualsiasi opinione espressa e a catalogarla secondo i parametri attualmente in voga presso la nostra società. Tutto ciò che esce da quei canoni è connotato negativamente e può avere riflessi negativi sotto molteplici aspetti; di fatto, l'errore che si commette è quello di considerare l'opinione espressa sul social alla stregua della battuta scambiata a voce nel salotto di casa propria mentre si ascolta un notiziario. Niente di più sbagliato: equivale invece ad incidere su pietra quelle parole, in attesa che qualche passante le noti.
L'inevitabile conseguenza è una banalizzazione dei contenuti, e del resto perché mai uno dovrebbe assumersi il rischio di essere chiamato a rispondere delle proprie opinioni? Piaccia o meno, il tanto celebrato art. 21 della Costituzione è pienamente efficace finché si naviga nelle acque sicure del politicamente corretto, ma offre molte meno tutele quando ci si avventura in mare aperto.
I social ci hanno da un lato permesso di migliorare le possibilità di comunicazione e contatto con le altre persone, ma al caro prezzo della nostra esposizione.
Siamo nudi senza rendercene conto.
lunedì 12 giugno 2017
Uno o più
È fatta per contenere una sola cosa, ma pigiando e forzando la mano se ne possono inserire di più.
Per associazione di idee, dopo aver indovinato la risposta si potrebbe pensare al letto.
Per associazione di idee, dopo aver indovinato la risposta si potrebbe pensare al letto.
martedì 9 maggio 2017
Gli anniversari
Per quanto sembri un inutile e superfluo esercizio di memoria fine a se stessa, ricordare le date significative della nostra vita ha invece dei risvolti positivi.
Innanzitutto c'è quello di non dimenticare: sono sempre stato dell'idea che un popolo senza memoria sia un popolo senza futuro, in quanto ineluttabilmente destinato a commettere gli stessi errori del passato, e se questo discorso è valido su una scala macro, a maggior ragione lo è su di una micro: gli esseri umani sono infatti i componenti dei popoli, ed è necessario che tale esercizio sia perpetrato da tutti quanti loro, o almeno da una cospicua percentuale.
Il secondo aspetto utile invece riguarda quasi esclusivamente il singolo: rievocando un particolare evento, si può valutare il proprio cambiamento nel corso del tempo. Ci rendiamo conto di come siamo mutati, di come siamo evoluti, nel bene o nel male che sia, e riusciamo persino a valutare con un pizzico di distacco il nostro modo di porci nei confronti del mondo. Emozioni, reazioni, sentimenti, vengono tutti passati al setaccio con l'occhio critico di chi non si limita ad osservare, ma giudica anche.
Di quello che accadde il nove maggio duemiladodici ne parlai in questo pensierino, e a ripercorrere ora quella notte mi ritrovo a masticare un po' di amarezza; purtroppo, la distanza aiuta anche ad acquisire consapevolezza del tempo che scorre, così ci si ritrova inevitabilmente a tracciare bilanci. Questa però è una deviazione dall'ordinario greto dei ricordi, che al contrario andrebbero lasciati incontaminati, puri nel loro trasmettere gioia.
Allora tanto vale abbandonarsi nella colonna sonora di quella serata.
Innanzitutto c'è quello di non dimenticare: sono sempre stato dell'idea che un popolo senza memoria sia un popolo senza futuro, in quanto ineluttabilmente destinato a commettere gli stessi errori del passato, e se questo discorso è valido su una scala macro, a maggior ragione lo è su di una micro: gli esseri umani sono infatti i componenti dei popoli, ed è necessario che tale esercizio sia perpetrato da tutti quanti loro, o almeno da una cospicua percentuale.
Il secondo aspetto utile invece riguarda quasi esclusivamente il singolo: rievocando un particolare evento, si può valutare il proprio cambiamento nel corso del tempo. Ci rendiamo conto di come siamo mutati, di come siamo evoluti, nel bene o nel male che sia, e riusciamo persino a valutare con un pizzico di distacco il nostro modo di porci nei confronti del mondo. Emozioni, reazioni, sentimenti, vengono tutti passati al setaccio con l'occhio critico di chi non si limita ad osservare, ma giudica anche.
Di quello che accadde il nove maggio duemiladodici ne parlai in questo pensierino, e a ripercorrere ora quella notte mi ritrovo a masticare un po' di amarezza; purtroppo, la distanza aiuta anche ad acquisire consapevolezza del tempo che scorre, così ci si ritrova inevitabilmente a tracciare bilanci. Questa però è una deviazione dall'ordinario greto dei ricordi, che al contrario andrebbero lasciati incontaminati, puri nel loro trasmettere gioia.
Allora tanto vale abbandonarsi nella colonna sonora di quella serata.
lunedì 8 maggio 2017
Futuro
L'unica vera rivoluzione è la telecinesi, ossia la capacità di spostare oggetti senza utilizzare la forza fisica. Finalmente la domenica orizzontale non sarà più una chimera.
giovedì 4 maggio 2017
Immortali
Il 4 maggio, le lacrime del cielo di Torino si confondono con quelle di ognuno di noi.
Bacigalupo
Ballarin
Maroso
Castigliano
Rigamonti
Grezar
Menti
Loik
Gabetto
Mazzola
Ossola
Solo il fato li vinse.
Bacigalupo
Ballarin
Maroso
Castigliano
Rigamonti
Grezar
Menti
Loik
Gabetto
Mazzola
Ossola
Solo il fato li vinse.
martedì 2 maggio 2017
venerdì 28 aprile 2017
Occhio, è un indovinello
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate.
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate.
giovedì 27 aprile 2017
mercoledì 26 aprile 2017
Non copiare
Tra l'originale e una copia, si sceglie sempre l'originale, per quanto possa essere pieno di difetti.
Quindi meglio provare ad essere autentici e a tirar fuori qualcosa di nuovo che scimmiottare ciò che già esiste.
Quindi meglio provare ad essere autentici e a tirar fuori qualcosa di nuovo che scimmiottare ciò che già esiste.
venerdì 21 aprile 2017
Concentraziò
Nel mondo che verrà la soglia di attenzione delle persone è destinata ad abbassarsi vieppiù. Chi vuole comunicare dev'essere in grado di farlo nel minor spazio/tempo possibile, in modo che il proprio ragionamento riesca a compiersi prima che il destinatario si sia messo a pensare ai gusti da mettere sul cono gelato. La nuova sfida sarà dunque tagliare tutto ciò che può apparire superfluo e sovrabbondante, in modo da sfoltire il percorso logico e delinearne giusto i passaggi principali ed essenziali; con ogni probabilità questa falce investirà anche il lessico, privilegiando parole semplici che rendano il discorso più facilmente comprensibile, senza che si debba perdere tempo per intenderne il preciso significato.
Ecco perché questo pensierino è già finito.
Ecco perché questo pensierino è già finito.
giovedì 20 aprile 2017
mercoledì 19 aprile 2017
Il disfacimento
La risposta a questo indovinello è la sinistra italiana. È una riflessione che mi è sorta a seguito dell'acquisto del Milan, gloriosa società calcistica italiana, da parte dei cinesi. Il primo tangibile effetto è stato lo spostamento del derby di Milano alle 12:30, in modo che l'evento fosse più facilmente fruibile anche in Oriente: non bisogna infatti dimenticare che anche l'altra società calcistica di Milano è in mano a proprietari asiatici, i quali possono rappresentare una sorta di testa di ponte per l'espansione verso nuovi mercati.
Orbene, come ben può immaginare anche chi non segua il calcio, le 12:30 sono un orario che mal si concilia con la nostra tradizione; è stato infatti introdotto per esigenze meramente televisive (leggi economiche) alcune stagioni fa, ma non è mai stato particolarmente apprezzato dai tifosi, che anzi hanno in varie occasioni mostrato il proprio dissenso.
Dal momento che il calcio rappresenta una vetrina elettorale gratuita in grado di raggiungere un considerevole numero di elettori, anche e soprattutto tra quelli meno attenti alla scena politica, non è raro che i partiti o i singoli esponenti ne approfittino per lanciare dei messaggi. Uno dei primi a lanciarsi sul ricco boccone è stato Salvini, che ha manifestato tramite i social network la propria contrarietà a tale orario; da sinistra, invece, nessuno che abbia fiatato, anzi: semmai si prendeva in giro Salvini, come si fa con le persone un po' tarde di comprendonio, e si sciorinavano numeri su numeri, ascolti, diritti televisivi, curve gaussiane e supercazzole con scappellamento a destra.
Siccome non pretendo di avere la verità in tasca, mi limito ad un paio di osservazioni: viviamo in un periodo storico contrassegnato da una crisi di fiducia nei confronti della politica e dei cosiddetti partiti tradizionali, che vengono percepiti come troppo distanti dalle reali esigenze dei cittadini che dovrebbero rappresentare. Possibile che all'interno di un simile contesto la sinistra non sia in grado di percepire l'evidente disagio di parte degli italiani di fronte a un effetto della globalizzazione che li colpisce in uno dei punti più sensibili, quello delle loro abitudini legate al tempo libero?
Colpisce ancora di più se si ricorda che la sinistra attuale dovrebbe essere erede dei partiti storicamente più attenti alle esigenze della popolazione, mentre in questo caso si schiera apertamente al fianco di quello che, una volta, sarebbe stato definito 'il capitale'.
Le ragioni della produzione prevalgono su tutte le altre.
A questo punto pare difficile biasimare l'elettore che non si sente più in alcun modo rappresentato, tutelato, difeso, da chi non fa altro che prostrarsi dinanzi ai capitali stranieri, rispondendo ciecamente ed unicamente alla logica affaristica.
Qualunque sia il proprio orientamento politico, occorre registrare un dato di fatto: il vecchio bacino elettorale della sinistra si sta travasando in altri partiti che, in modo più o meno truffaldino, ne recepiscono le istanze dando in pasto al cittadino ciò che vuole sentirsi dire. Di questi tempi, per inciso, basta anche poco.
Orbene, come ben può immaginare anche chi non segua il calcio, le 12:30 sono un orario che mal si concilia con la nostra tradizione; è stato infatti introdotto per esigenze meramente televisive (leggi economiche) alcune stagioni fa, ma non è mai stato particolarmente apprezzato dai tifosi, che anzi hanno in varie occasioni mostrato il proprio dissenso.
Dal momento che il calcio rappresenta una vetrina elettorale gratuita in grado di raggiungere un considerevole numero di elettori, anche e soprattutto tra quelli meno attenti alla scena politica, non è raro che i partiti o i singoli esponenti ne approfittino per lanciare dei messaggi. Uno dei primi a lanciarsi sul ricco boccone è stato Salvini, che ha manifestato tramite i social network la propria contrarietà a tale orario; da sinistra, invece, nessuno che abbia fiatato, anzi: semmai si prendeva in giro Salvini, come si fa con le persone un po' tarde di comprendonio, e si sciorinavano numeri su numeri, ascolti, diritti televisivi, curve gaussiane e supercazzole con scappellamento a destra.
Siccome non pretendo di avere la verità in tasca, mi limito ad un paio di osservazioni: viviamo in un periodo storico contrassegnato da una crisi di fiducia nei confronti della politica e dei cosiddetti partiti tradizionali, che vengono percepiti come troppo distanti dalle reali esigenze dei cittadini che dovrebbero rappresentare. Possibile che all'interno di un simile contesto la sinistra non sia in grado di percepire l'evidente disagio di parte degli italiani di fronte a un effetto della globalizzazione che li colpisce in uno dei punti più sensibili, quello delle loro abitudini legate al tempo libero?
Colpisce ancora di più se si ricorda che la sinistra attuale dovrebbe essere erede dei partiti storicamente più attenti alle esigenze della popolazione, mentre in questo caso si schiera apertamente al fianco di quello che, una volta, sarebbe stato definito 'il capitale'.
Le ragioni della produzione prevalgono su tutte le altre.
A questo punto pare difficile biasimare l'elettore che non si sente più in alcun modo rappresentato, tutelato, difeso, da chi non fa altro che prostrarsi dinanzi ai capitali stranieri, rispondendo ciecamente ed unicamente alla logica affaristica.
Qualunque sia il proprio orientamento politico, occorre registrare un dato di fatto: il vecchio bacino elettorale della sinistra si sta travasando in altri partiti che, in modo più o meno truffaldino, ne recepiscono le istanze dando in pasto al cittadino ciò che vuole sentirsi dire. Di questi tempi, per inciso, basta anche poco.
martedì 18 aprile 2017
Nazionàl-popolare
Nazionàl-popolare non è mai riuscita ad esserlo.
Nazionale meno che mai.
Popolare già di più.
Ormai però ha perso anche quest'ultimo attributo.
Nazionale meno che mai.
Popolare già di più.
Ormai però ha perso anche quest'ultimo attributo.
giovedì 13 aprile 2017
Protezione
Protegge dalle gocce.
Si mette sul corpo.
Non tutti vogliono proteggersi.
Ci si può proteggere anche in altro modo.
Si utilizzano diversi materiali.
Non sempre si ha dietro, se capita di esser senza se ne fa a meno.
Tutti sanno cos'è.
Quando si usa, non per forza si è contenti. Anzi.
Si mette sul corpo.
Non tutti vogliono proteggersi.
Ci si può proteggere anche in altro modo.
Si utilizzano diversi materiali.
Non sempre si ha dietro, se capita di esser senza se ne fa a meno.
Tutti sanno cos'è.
Quando si usa, non per forza si è contenti. Anzi.
mercoledì 12 aprile 2017
martedì 11 aprile 2017
Fondamentale
Il suo mancato, o comunque non corretto utilizzo può portare a conseguenze disastrose nei rapporti con l'altro sesso. Non è un prodotto per la cura del corpo.
lunedì 10 aprile 2017
Doppio indovinello
Ansia da prestazione,
vuoto da riempire.
Dipende tutto dalle proprie capacità.
Una domanda insistente: tanto è sinonimo di bene?
Tra gli antichi, c'era chi diceva di no.
vuoto da riempire.
Dipende tutto dalle proprie capacità.
Una domanda insistente: tanto è sinonimo di bene?
Tra gli antichi, c'era chi diceva di no.
venerdì 7 aprile 2017
Errore di sbaglio
Errore da novellini che dimostra in maniera lampante il fatto che sia la prima volta.
In alternativa, in caso non sia la prima volta, può significare che la persona che lo compie è stordita forte.
Difficile che si tratti di una scelta volontaria e consapevole, anche se non lo si può escludere al cento per cento.
L'aspetto sadico è che magari una persona si accorge dello sbaglio prima di subirne le conseguenze, ma ormai non può farci nulla, ed è anzi costretta a prefigurarsi la sofferenza che la attende per le successive ore.
Le conseguenze per fortuna non sono irreversibili: dal momento che la condizione di potenziale disagio è arcinota, c'è chi si adopera per ridurla il più possibile.
In alternativa, in caso non sia la prima volta, può significare che la persona che lo compie è stordita forte.
Difficile che si tratti di una scelta volontaria e consapevole, anche se non lo si può escludere al cento per cento.
L'aspetto sadico è che magari una persona si accorge dello sbaglio prima di subirne le conseguenze, ma ormai non può farci nulla, ed è anzi costretta a prefigurarsi la sofferenza che la attende per le successive ore.
Le conseguenze per fortuna non sono irreversibili: dal momento che la condizione di potenziale disagio è arcinota, c'è chi si adopera per ridurla il più possibile.
mercoledì 5 aprile 2017
Azzardo
Nella vita hai mai rischiato?
Non vale rispondere di aver messo una volta due fisso a Inter-Cagliari, perché in realtà siamo consapevoli del fatto che la risposta sia affermativa.
Eppure, pur avvertendo il pericolo, nessuno sarebbe in grado di tirarsi indietro. O meglio, noi italiani, per cultura e patrimonio genetico, non riusciremmo proprio a sottrarci a questo rischio. Forse gli stranieri riuscirebbero in qualche maniera a tirarsi indietro oppure a limitare i fattori di pericolosità, ma questo non vale per chi è nato nello stivale.
Conosciamo l'eventuale prezzo da pagare, ma non ci spaventa. Nel caso, interverremo prontamente, in modo da limitarne gli effetti e la portata.
In maniera indefessa sfidiamo il destino, consci di dover misurare ogni gesto; è la Patria che ce lo impone, un richiamo che ogni volta si rinnova e s'intensifica.
Il braccio è quello di Garibaldi, la mente di Mazzini. L'orgoglio tricolore prevale su tutto quando si tratta di...?
Non vale rispondere di aver messo una volta due fisso a Inter-Cagliari, perché in realtà siamo consapevoli del fatto che la risposta sia affermativa.
Eppure, pur avvertendo il pericolo, nessuno sarebbe in grado di tirarsi indietro. O meglio, noi italiani, per cultura e patrimonio genetico, non riusciremmo proprio a sottrarci a questo rischio. Forse gli stranieri riuscirebbero in qualche maniera a tirarsi indietro oppure a limitare i fattori di pericolosità, ma questo non vale per chi è nato nello stivale.
Conosciamo l'eventuale prezzo da pagare, ma non ci spaventa. Nel caso, interverremo prontamente, in modo da limitarne gli effetti e la portata.
In maniera indefessa sfidiamo il destino, consci di dover misurare ogni gesto; è la Patria che ce lo impone, un richiamo che ogni volta si rinnova e s'intensifica.
Il braccio è quello di Garibaldi, la mente di Mazzini. L'orgoglio tricolore prevale su tutto quando si tratta di...?
martedì 4 aprile 2017
Insopportabile
Può capitare a chiunque.
Escluderei giusto i pigmei e coloro che vivono nello stato di natura.
Riguarda entrambi i sessi in una maniera così paritetica che il Ministero per le Pari Opportunità se la sogna.
Si verifica tendenzialmente al chiuso, ma non è una regola universale e anzi può tollerare eccezioni. Diciamo però che è statisticamente più frequente la prima ipotesi.
Fa incazzare tantissimo, anche perché spesso non si capisce come poterne venire a capo.
Una soluzione la si trova, per carità, ma il fastidio resta.
Non risulta che nessuno ne sia mai morto.
Sembra però che possa guastare il buon umore.
Ha a che fare col cibo? Non direi proprio.
Ha a che fare col sesso? Molto molto alla lontana, se uno pensasse al sesso andrebbe fuori strada.
L'azione ricade però su un oggetto materiale di uso quotidiano, questo è estremamente importante.
Nessun vip si è mai speso sul problema, ma di sicuro è accaduto anche a loro.
Non basta una sola parola per esprimerla, serve una locuzione.
Escluderei giusto i pigmei e coloro che vivono nello stato di natura.
Riguarda entrambi i sessi in una maniera così paritetica che il Ministero per le Pari Opportunità se la sogna.
Si verifica tendenzialmente al chiuso, ma non è una regola universale e anzi può tollerare eccezioni. Diciamo però che è statisticamente più frequente la prima ipotesi.
Fa incazzare tantissimo, anche perché spesso non si capisce come poterne venire a capo.
Una soluzione la si trova, per carità, ma il fastidio resta.
Non risulta che nessuno ne sia mai morto.
Sembra però che possa guastare il buon umore.
Ha a che fare col cibo? Non direi proprio.
Ha a che fare col sesso? Molto molto alla lontana, se uno pensasse al sesso andrebbe fuori strada.
L'azione ricade però su un oggetto materiale di uso quotidiano, questo è estremamente importante.
Nessun vip si è mai speso sul problema, ma di sicuro è accaduto anche a loro.
Non basta una sola parola per esprimerla, serve una locuzione.
lunedì 3 aprile 2017
Creazioni
Dio osservava curioso gli uomini: li riteneva la Sua miglior creazione, eppure qualcosa nel loro atteggiamento lo incitava alla prudenza.
Apparivano come minuscole ma industriose formichine, sempre intenti a fare qualcosa per rendere migliore la propria vita: quando non cacciavano, erano dediti all'invenzione e alla costruzione di macchinari che potessero rendere più semplici le attività quotidiane. Al calar delle tenebre, essi consumavano il loro pasto; poscia, non dimenticavano mai di pronunciare il Suo nome, e ciò Gli piacque.
Gli uomini e le donne si accoppiavano sovente, generando prole che garantisse la prosecuzione della specie, e ciò Gli piacque.
Notò anche che ogni gruppo nel quale erano suddivisi si era dotato di una struttura gerarchica, al cui vertice erano collocati individui che si distinguevano per equilibrio e saggezza: la loro autorevole voce, infatti, serviva a dirimere eventuali controversie insorte fra gli appartenenti ai gruppi e soprattutto ad organizzare in maniera più efficiente il lavoro della comunità. Anche questo Gli piacque.
L'armonia regnava sulla Terra, anche grazie a due doni che Dio aveva deciso di concedere agli uomini per aiutarli nel raggiungimento di una migliore qualità di vita: dapprima concesse loro di non patire più il freddo e di tenere lontani gli animali attraverso il fuoco, dopodiché volle premiare la loro pervicacia nelle opere d'ingegno attraverso la ruota.
La devozione non mancava certo negli uomini, che ogni giorno Lo ringraziavano per il cibo e per l'acqua che davano loro nutrimento, e ciò Gli piacque.
Resosi conto che Gli piacevano un po' troppe cose di questi esserucoli, Dio iniziò ad osservarli da altra angolatura; si rese conto che queste insignificanti creature, a dispetto delle apparenze, vivevano nell'immondo e torbido peccato, giacché aspiravano alla perfezione. Ma la perfezione, come Dio ben sapeva, non poteva che essere Sua, per cui decise di impartire una severa lezione agli uomini. Mai più avrebbero dovuto osare a creare una società tanto prossima all'eccellenza.
Aveva bisogno di un'arma potente e terribile, ma che al tempo stesso fosse in grado di celarsi fino all'ultimo, salvo sprigionare tutta la propria violenza una volta giunta nel centro nevralgico, nel ganglio della società.
Gli umani si sarebbero accorti troppo tardi del pericolo.
Un cavallo di Troia ante litteram.
Fu così che Dio inventò...?
Apparivano come minuscole ma industriose formichine, sempre intenti a fare qualcosa per rendere migliore la propria vita: quando non cacciavano, erano dediti all'invenzione e alla costruzione di macchinari che potessero rendere più semplici le attività quotidiane. Al calar delle tenebre, essi consumavano il loro pasto; poscia, non dimenticavano mai di pronunciare il Suo nome, e ciò Gli piacque.
Gli uomini e le donne si accoppiavano sovente, generando prole che garantisse la prosecuzione della specie, e ciò Gli piacque.
Notò anche che ogni gruppo nel quale erano suddivisi si era dotato di una struttura gerarchica, al cui vertice erano collocati individui che si distinguevano per equilibrio e saggezza: la loro autorevole voce, infatti, serviva a dirimere eventuali controversie insorte fra gli appartenenti ai gruppi e soprattutto ad organizzare in maniera più efficiente il lavoro della comunità. Anche questo Gli piacque.
L'armonia regnava sulla Terra, anche grazie a due doni che Dio aveva deciso di concedere agli uomini per aiutarli nel raggiungimento di una migliore qualità di vita: dapprima concesse loro di non patire più il freddo e di tenere lontani gli animali attraverso il fuoco, dopodiché volle premiare la loro pervicacia nelle opere d'ingegno attraverso la ruota.
La devozione non mancava certo negli uomini, che ogni giorno Lo ringraziavano per il cibo e per l'acqua che davano loro nutrimento, e ciò Gli piacque.
Resosi conto che Gli piacevano un po' troppe cose di questi esserucoli, Dio iniziò ad osservarli da altra angolatura; si rese conto che queste insignificanti creature, a dispetto delle apparenze, vivevano nell'immondo e torbido peccato, giacché aspiravano alla perfezione. Ma la perfezione, come Dio ben sapeva, non poteva che essere Sua, per cui decise di impartire una severa lezione agli uomini. Mai più avrebbero dovuto osare a creare una società tanto prossima all'eccellenza.
Aveva bisogno di un'arma potente e terribile, ma che al tempo stesso fosse in grado di celarsi fino all'ultimo, salvo sprigionare tutta la propria violenza una volta giunta nel centro nevralgico, nel ganglio della società.
Gli umani si sarebbero accorti troppo tardi del pericolo.
Un cavallo di Troia ante litteram.
Fu così che Dio inventò...?
venerdì 31 marzo 2017
Colpi di genio
I colpi di genio devono rispettare i canoni ben delineati dal Perozzi: fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione.
Nella storiella che vi racconterò non c'è traccia di nemmeno uno di questi, ma neppure per sbaglio.
Dal momento che i fatti sono ormai prescritti, non ho particolare timore nell'esporli nella loro interezza, anche perché sono alquanto esemplificativi di come si possa essere imbecilli durante la fase più cupa del nostro periodo terreno, l'adolescenza.
Capitò che, per qualche recondito motivo che il mio senso del pudore ha col tempo provveduto a rimuovere, non avessi alcuna voglia di prepararmi per una verifica di storia dell'arte. Pagine totali da studiare penso una trentina, in larga parte occupate da figure. Saltata con qualche scusa la verifica, si rese necessario recuperarla; non presi neanche in considerazione l'idea di approfittare del maggior tempo concesso e studiare, bensì, in totale coerenza ed adesione con quanto da sempre propugnato, di fronte al problema mi misi alla ricerca dell'unica soluzione plausibile: procrastinare.
Da piccolo soffrivo di perdite di sangue dal naso, che spesso non erano causate da traumi, ma erano legate a qualche mia debolezza capillare. Quale scusa migliore per saltare la verifica?
Così, nel cambio d'ora, andai a nascondermi in bagno. Cellulare in tasca per ricevere aggiornamenti e complici in classe che reggevano il gioco con la professoressa. Dopo mezzoretta, l'insegnante pressava per un mio rientro: a nulla servono i tentativi di far sanguinare davvero il naso, non venne fuori (per una volta, pensa la beffa!) neanche una stilla.
Entrai in classe fingendo di esser sopravvissuto a chissà quale emorragia e, con un fazzoletto immacolato premuto sul naso, mi accinsi a fare la verifica in mezz'ora. Senza aver aperto libro.
Trenta pagine.
Di storia dell'arte, non di fisica quantistica.
Tre e mezzo.
Rischiai il debito a fine anno.
Il senso d'imbecillità che provai quella volta quasi mi sotterrò.
Però ho imparato una lezione da quell'episodio: se vuoi saltare una verifica, non inventarti improbabili scuse. Stai a casa.
Nella storiella che vi racconterò non c'è traccia di nemmeno uno di questi, ma neppure per sbaglio.
Dal momento che i fatti sono ormai prescritti, non ho particolare timore nell'esporli nella loro interezza, anche perché sono alquanto esemplificativi di come si possa essere imbecilli durante la fase più cupa del nostro periodo terreno, l'adolescenza.
Capitò che, per qualche recondito motivo che il mio senso del pudore ha col tempo provveduto a rimuovere, non avessi alcuna voglia di prepararmi per una verifica di storia dell'arte. Pagine totali da studiare penso una trentina, in larga parte occupate da figure. Saltata con qualche scusa la verifica, si rese necessario recuperarla; non presi neanche in considerazione l'idea di approfittare del maggior tempo concesso e studiare, bensì, in totale coerenza ed adesione con quanto da sempre propugnato, di fronte al problema mi misi alla ricerca dell'unica soluzione plausibile: procrastinare.
Da piccolo soffrivo di perdite di sangue dal naso, che spesso non erano causate da traumi, ma erano legate a qualche mia debolezza capillare. Quale scusa migliore per saltare la verifica?
Così, nel cambio d'ora, andai a nascondermi in bagno. Cellulare in tasca per ricevere aggiornamenti e complici in classe che reggevano il gioco con la professoressa. Dopo mezzoretta, l'insegnante pressava per un mio rientro: a nulla servono i tentativi di far sanguinare davvero il naso, non venne fuori (per una volta, pensa la beffa!) neanche una stilla.
Entrai in classe fingendo di esser sopravvissuto a chissà quale emorragia e, con un fazzoletto immacolato premuto sul naso, mi accinsi a fare la verifica in mezz'ora. Senza aver aperto libro.
Trenta pagine.
Di storia dell'arte, non di fisica quantistica.
Tre e mezzo.
Rischiai il debito a fine anno.
Il senso d'imbecillità che provai quella volta quasi mi sotterrò.
Però ho imparato una lezione da quell'episodio: se vuoi saltare una verifica, non inventarti improbabili scuse. Stai a casa.
giovedì 30 marzo 2017
Esisterà?
Pur inseguita per secoli anche dalle varie case reali, che hanno all'uopo scomodato i più rinomati botanici ed alchimisti, non è mai stata ottenuta.
mercoledì 29 marzo 2017
L'arte del non fare
Eppur si cresce.
Lentamente, ognuno coi propri ritmi, però finiamo tutti col rotolare pigramente e pinguemente verso il centro.
Nessuno è democristiano da adolescente, e chi lo è già dovrebbe porsi dei serissimi interrogativi sulla (scarsa) forza delle proprie pulsioni.
Col passare degli anni, tuttavia, le tempie s'ingrigiscono, i pensieri si smussano, le idee cercano il consenso, la focosità dell'animo è soppiantata dalla bonaccia della ragione. Anzi è chi resta su posizioni estreme in età adulta ad essere visto come una crisalide mai evolutasi. Così chi è nell'età adatta a generare sufficiente fiducia negli altri, anche grazie alla propria moderazione, ricopre incarichi decisionali quando non ha più la forza per scegliere neppure i calzini da abbinare alle scarpe, figurarsi una politica monetaria o una svolta sui diritti civili.
Nessuno ha mai il coraggio o anche solo l'azzardo di sterzare bruscamente, di segnare una profonda rottura e una discontinuità col passato. Si decide di non decidere, perpetrando all'infinito lo status quo, quello che abbiamo conosciuto e nel quale ci si trova tanto a proprio agio perché fonte di infinite certezze: paradossalmente è lo stesso che una volta, da un lato o da un altro, si avversava con ferocia invocandone profondi ed incisivi cambiamenti.
Del resto, benché sia una prospettiva allettante, sarebbe inutile lasciare il potere nelle mani di chi avrebbe la forza di mutare, poiché sarebbero visti come pericolosi da tutti e privati di qualsiasi legittimazione.
Quindi, l'amara verità è che scegliamo sempre di non cambiare.
Lentamente, ognuno coi propri ritmi, però finiamo tutti col rotolare pigramente e pinguemente verso il centro.
Nessuno è democristiano da adolescente, e chi lo è già dovrebbe porsi dei serissimi interrogativi sulla (scarsa) forza delle proprie pulsioni.
Col passare degli anni, tuttavia, le tempie s'ingrigiscono, i pensieri si smussano, le idee cercano il consenso, la focosità dell'animo è soppiantata dalla bonaccia della ragione. Anzi è chi resta su posizioni estreme in età adulta ad essere visto come una crisalide mai evolutasi. Così chi è nell'età adatta a generare sufficiente fiducia negli altri, anche grazie alla propria moderazione, ricopre incarichi decisionali quando non ha più la forza per scegliere neppure i calzini da abbinare alle scarpe, figurarsi una politica monetaria o una svolta sui diritti civili.
Nessuno ha mai il coraggio o anche solo l'azzardo di sterzare bruscamente, di segnare una profonda rottura e una discontinuità col passato. Si decide di non decidere, perpetrando all'infinito lo status quo, quello che abbiamo conosciuto e nel quale ci si trova tanto a proprio agio perché fonte di infinite certezze: paradossalmente è lo stesso che una volta, da un lato o da un altro, si avversava con ferocia invocandone profondi ed incisivi cambiamenti.
Del resto, benché sia una prospettiva allettante, sarebbe inutile lasciare il potere nelle mani di chi avrebbe la forza di mutare, poiché sarebbero visti come pericolosi da tutti e privati di qualsiasi legittimazione.
Quindi, l'amara verità è che scegliamo sempre di non cambiare.
martedì 28 marzo 2017
Terrore
La più grande paura che alberga nell'animo dei francesi, da duemila anni abbondanti a questa parte.
lunedì 27 marzo 2017
venerdì 24 marzo 2017
Broooom
Motore dell'Universo; mobile, se valutato globalmente; immobile, se considerato atomisticamente.
giovedì 23 marzo 2017
Antesignano
Precursore della sconfitta in Europa pur avendo la squadra più forte, concetto poi ripreso e sviluppato dal più raffinato esegeta moderno della derrota, Massimo Moratti.
mercoledì 22 marzo 2017
L'odore del nazismo al mattino
Svegliarsi e avere un motivo per odiare il mondo è tratto comune a molte persone. Per la maggior parte di loro, si tratta proprio di una normale reazione al mero fatto di aprire gli occhi e dover assumere una posizione verticale nonché una sorta di coscienza di ciò che li circonda; per altri, invece, è legata a motivi più esogeni che a loro volta sono variabili ed incostanti. Può capitare, dunque, che non sorga alcuna ragione di nazismo e che la giornata inizi in maniera tutto sommato positiva, oppure può accadere un fatto che sconvolga il precario equilibrio karmico di ciascuno di noi.
Nello specifico, svegliarsi con un lieve ma persistente pizzichìo al naso, grattarlo in maniera brutale per cercare di eliminarlo e realizzare che non se n'è affatto andato. Potrebbe essere un indovinello, ma penso che la soluzione sarebbe troppo semplice; benché le fanciulle (o meglio, quasi tutte le fanciulle) non possano provare tale sensazione, sappiano che il baffo che si arriccia e sfiora la narice è una delle torture che nessuna convenzione internazionale ha mai specificatamente vietato. È tanto più beffarda se consideriamo che viene rilevata solamente grazie all'ausilio di uno specchio e per rimuoverla è opportuno dotarsi di apposite forbicine, a meno che uno non sia assalito da un improvviso raptus e decida di estirpare tutta la popolazione pilifera presente sovrastante le sue labbra.
Finché tale problematica colpisce il ragionier Filini, possiamo tutti stare abbastanza sereni: male che vada risponderà male ai familiari, sarà imbronciato sul posto di lavoro e poco altro. Mi preoccupa molto di più pensare che ciò possa accadere a qualche spietato dittatore che ha il potere di armare ordigni nucleari, ma per fortuna sono tutti ben sbarbati.
Nello specifico, svegliarsi con un lieve ma persistente pizzichìo al naso, grattarlo in maniera brutale per cercare di eliminarlo e realizzare che non se n'è affatto andato. Potrebbe essere un indovinello, ma penso che la soluzione sarebbe troppo semplice; benché le fanciulle (o meglio, quasi tutte le fanciulle) non possano provare tale sensazione, sappiano che il baffo che si arriccia e sfiora la narice è una delle torture che nessuna convenzione internazionale ha mai specificatamente vietato. È tanto più beffarda se consideriamo che viene rilevata solamente grazie all'ausilio di uno specchio e per rimuoverla è opportuno dotarsi di apposite forbicine, a meno che uno non sia assalito da un improvviso raptus e decida di estirpare tutta la popolazione pilifera presente sovrastante le sue labbra.
Finché tale problematica colpisce il ragionier Filini, possiamo tutti stare abbastanza sereni: male che vada risponderà male ai familiari, sarà imbronciato sul posto di lavoro e poco altro. Mi preoccupa molto di più pensare che ciò possa accadere a qualche spietato dittatore che ha il potere di armare ordigni nucleari, ma per fortuna sono tutti ben sbarbati.
martedì 21 marzo 2017
Insopportabile fastidio
Affinché si produca sono necessarie almeno due persone.
Una delle due (la vittima) non necessariamente pistina e pignola, ma è sufficiente che abbia questa particolare fissazione.
L'altro (il carnefice) semplicemente non dà peso a quella singola cosa e non ci fa caso.
I carnefici possono essere più di uno.
Non è detto che il carnefice agisca intenzionalmente.
Situazione domestica, che si verifica in una stanza in particolare. Difficile che accada altrove.
È indispensabile un oggetto materiale, un bene di consumo. Composto di più elementi, non commestibile.
Il fastidio può essere provocato un numero potenzialmente illimitato di volte, anche perchè la vittima può sempre provare a porvi rimedio: di solito con esito felice, ma il successivo intervento del carnefice rende vano ogni sforzo.
Sheldon Cooper sarebbe perfetto nel ruolo della vittima? Con ogni probabilità sì.
Una delle due (la vittima) non necessariamente pistina e pignola, ma è sufficiente che abbia questa particolare fissazione.
L'altro (il carnefice) semplicemente non dà peso a quella singola cosa e non ci fa caso.
I carnefici possono essere più di uno.
Non è detto che il carnefice agisca intenzionalmente.
Situazione domestica, che si verifica in una stanza in particolare. Difficile che accada altrove.
È indispensabile un oggetto materiale, un bene di consumo. Composto di più elementi, non commestibile.
Il fastidio può essere provocato un numero potenzialmente illimitato di volte, anche perchè la vittima può sempre provare a porvi rimedio: di solito con esito felice, ma il successivo intervento del carnefice rende vano ogni sforzo.
Sheldon Cooper sarebbe perfetto nel ruolo della vittima? Con ogni probabilità sì.
lunedì 20 marzo 2017
venerdì 17 marzo 2017
Ridere non è mai stato così facile
Un signore chiama il proprio medico: "Dottore, è da un paio di giorni che avverto una fortissima emicrania e non accenna a diminuire. Il dolore è insopportabile". Il medico allora gli prescrive dei farmaci, dicendogli di ricontattarlo se nel giro di quarantott'ore il dolore fosse rimasto uguale.
Due giorni dopo il signore lo richiama lamentando lo stesso problema, anzi aggiungendo che è come se non avesse preso niente. Un po' spiazzato, il medico gli ordina degli esami; quando vede i risultati, tuttavia, è ancora più interdetto: nessuna apparente anomalia in grado di spiegare tanto patimento nel paziente. A quel punto decide di mandarlo da uno specialista suo amico, in modo che possa essere valutato da un professionista del settore.
Lo specialista, dopo aver valutato il caso, prescrive dei potenti farmaci. Ciononostante, il mal di testa non accenna a scomparire e il signore si reca nuovamente dallo specialista, il quale non sa che pesci pigliare: "Guardi, il suo è veramente un caso che va oltre le mie capacità. Le abbiamo prescritto farmaci generici e specifici che però non hanno sortito alcun effetto, in più da tutti gli esami risulta che lei è perfettamente in salute. Contatto un mio collega che è sicuramente il più grande esperto a livello mondiale, l'unica persona che può aiutarla".
Il signore va da questo guru che, dopo averlo attentamente esaminato, emette il proprio verdetto: "Caro signore, il suo caso è estremamente complesso. Tuttavia, in scienza e coscienza, ritengo che l'unica via praticabile per alleviarle il dolore sia l'evirazione. Dovremo reciderle il pene". Comprensibilmente scosso, il paziente chiede se per caso non ci siano altre possibilità. "Nossignore, ma del resto vedo che lei per questa emicrania non riesce neanche a dormire, quindi presumo che sia pronto a seguire anche le vie più tortuose pur di liberarsene". Dovendo scegliere tra una vita insostenibile e una vita senza pisello, il povero signore sceglie quest'ultima.
Una volta svegliatosi dall'anestesia, finalmente, riprova la libertà e il piacere di essere al mondo.
Felice per la prima volta dopo mesi, si dirige in merceria per il momento più umiliante: comprare mutande adatte.
"Buongiorno, vorrei sei mutande di quelle bianche di cotone".
"Certamente, che taglia?" chiede la commessa.
"Prima" bofonchia quello.
"Come scusi?"
"Prima, per favore"
"Ma no, cosa prende la prima, dia retta a me, si prenda una bella quinta" gli dice la signora.
"Lei non capisce, per favore, la prima"
"Si fidi: se prende delle mutande troppo strette poi le viene un mal di testa..."
Due giorni dopo il signore lo richiama lamentando lo stesso problema, anzi aggiungendo che è come se non avesse preso niente. Un po' spiazzato, il medico gli ordina degli esami; quando vede i risultati, tuttavia, è ancora più interdetto: nessuna apparente anomalia in grado di spiegare tanto patimento nel paziente. A quel punto decide di mandarlo da uno specialista suo amico, in modo che possa essere valutato da un professionista del settore.
Lo specialista, dopo aver valutato il caso, prescrive dei potenti farmaci. Ciononostante, il mal di testa non accenna a scomparire e il signore si reca nuovamente dallo specialista, il quale non sa che pesci pigliare: "Guardi, il suo è veramente un caso che va oltre le mie capacità. Le abbiamo prescritto farmaci generici e specifici che però non hanno sortito alcun effetto, in più da tutti gli esami risulta che lei è perfettamente in salute. Contatto un mio collega che è sicuramente il più grande esperto a livello mondiale, l'unica persona che può aiutarla".
Il signore va da questo guru che, dopo averlo attentamente esaminato, emette il proprio verdetto: "Caro signore, il suo caso è estremamente complesso. Tuttavia, in scienza e coscienza, ritengo che l'unica via praticabile per alleviarle il dolore sia l'evirazione. Dovremo reciderle il pene". Comprensibilmente scosso, il paziente chiede se per caso non ci siano altre possibilità. "Nossignore, ma del resto vedo che lei per questa emicrania non riesce neanche a dormire, quindi presumo che sia pronto a seguire anche le vie più tortuose pur di liberarsene". Dovendo scegliere tra una vita insostenibile e una vita senza pisello, il povero signore sceglie quest'ultima.
Una volta svegliatosi dall'anestesia, finalmente, riprova la libertà e il piacere di essere al mondo.
Felice per la prima volta dopo mesi, si dirige in merceria per il momento più umiliante: comprare mutande adatte.
"Buongiorno, vorrei sei mutande di quelle bianche di cotone".
"Certamente, che taglia?" chiede la commessa.
"Prima" bofonchia quello.
"Come scusi?"
"Prima, per favore"
"Ma no, cosa prende la prima, dia retta a me, si prenda una bella quinta" gli dice la signora.
"Lei non capisce, per favore, la prima"
"Si fidi: se prende delle mutande troppo strette poi le viene un mal di testa..."
giovedì 16 marzo 2017
Cuffie
Le piscine pubbliche sono ambienti ove è necessario garantire il massimo grado di igiene. Per questo motivo nelle vasche è costantemente presente il cloro, proprio col fine di sterilizzarle ed uccidere i batteri che l'acqua veicolerebbe tra le varie persone.
Esistono tuttavia altri accorgimenti: per esempio, è obbligatorio indossare le ciabatte e soprattutto bisogna tenere la cuffia mentre si nuota.
La ratio, specie di quest'ultima prescrizione, pare piuttosto evidente: non si vuole che le persone perdano capelli e che questi vaghino nell'acqua.
Giovine riottoso dalla lunga capigliatura, figlio ribelle dell'unico grande dio del rock, posto che sono molto felice che tu possa ancora permetterti di acconciare in cotal guisa la tua chioma, saresti così cortese da spiegare a noi poveri sciocchi quale senso possa mai avere ficcarsi la cuffia sulla capoccia senza raccogliervi dentro i capelli?
Non ti sei per caso avveduto del fatto che le utenti femminili, le quali hanno mediamente capelli più lunghi dei maschi, si premurino sempre di mantenerli all'interno delle suddette cuffie attraverso il sapiente utilizzo di pinze, pinzette, fermagli e forcine?
Pensi forse che sia soltanto un vezzo?
Mostraci il tuo lato intelligente, finora celato e custodito con così tanta gelosia da far persino dubitare della sua esistenza.
Esistono tuttavia altri accorgimenti: per esempio, è obbligatorio indossare le ciabatte e soprattutto bisogna tenere la cuffia mentre si nuota.
La ratio, specie di quest'ultima prescrizione, pare piuttosto evidente: non si vuole che le persone perdano capelli e che questi vaghino nell'acqua.
Giovine riottoso dalla lunga capigliatura, figlio ribelle dell'unico grande dio del rock, posto che sono molto felice che tu possa ancora permetterti di acconciare in cotal guisa la tua chioma, saresti così cortese da spiegare a noi poveri sciocchi quale senso possa mai avere ficcarsi la cuffia sulla capoccia senza raccogliervi dentro i capelli?
Non ti sei per caso avveduto del fatto che le utenti femminili, le quali hanno mediamente capelli più lunghi dei maschi, si premurino sempre di mantenerli all'interno delle suddette cuffie attraverso il sapiente utilizzo di pinze, pinzette, fermagli e forcine?
Pensi forse che sia soltanto un vezzo?
Mostraci il tuo lato intelligente, finora celato e custodito con così tanta gelosia da far persino dubitare della sua esistenza.
mercoledì 15 marzo 2017
martedì 14 marzo 2017
Dolori d'Oltralpe
Per chi è stato bambino negli anni ottanta in Italia, i calci di rigore hanno sempre rappresentato un trauma. Quando arrivarono finalmente i mondiali a casa nostra, ci presentammo come favoriti, però perdemmo in semifinale contro l'Argentina. Ai rigori.
Quattro anni dopo, mondiali oltre oceano, negli Stati Uniti: finale persa ai rigori, con errore del simbolo della squadra, Roberto Baggio.
Quelli come me che sono nati sul finire degli anni ottanta hanno scarsa memoria di quest'ultimo episodio e nessuna del primo, per cui il loro primo grande appuntamento fu il mondiale di Francia nel '98. Come al solito l'Italia si presentava con discrete ambizioni di successo finale, pur non essendo la favorita; ai quarti peschiamo i padroni di casa e, per la terza volta consecutiva, ci giochiamo la permanenza nel torneo dal dischetto. I nostri sogni, come ahimé ricordiamo, si infransero contro la traversa centrata in pieno da Di Biagio.
Lacrime, calde lacrime, prima grande delusione e desideri di profonda vendetta.
Manco a farlo apposta, l'occasione buona si presenta al giro di giostra successivo: finale degli Europei del 2000. Questa volta, se possibile, l'epilogo è ancora più doloroso. La Francia acciuffa il pareggio negli ultimi trenta secondi dei regolamentari e si aggiudica il trofeo al Golden Gol (regola che verrà poi eliminata nel giro di pochi anni).
Questa doppietta per me è stata letale, mi ha segnato in maniera indelebile, al punto che la celebre vittoria del 2006 non è bastata a rimuovere del tutto il trauma. Forse è legato al disincanto col quale da fanciulli viviamo qualunque esperienza, però il mondiale tedesco è stato una sorta di contentino, o meglio, ci ha permesso di pareggiare i conti, non di passare in vantaggio.
Più vado avanti negli anni e più sento che quella sfida l'ho persa. Non intravedo all'orizzonte la concreta possibilità di chiudere per sempre quelle ferite, è più forte di me.
Tuttora, nonostante siano passati quasi diciassette anni, soffro come un cane a vedere le immagini della finale europea. Distolgo lo sguardo, cambio canale, faccio altro.
Forse ero troppo fragile all'epoca e di conseguenza esposto in maniera eccessiva alle negatività della vita.
O forse, crescendo, una vittoria non mi dà più quell'autentica gioia che avrei provato da bambino.
Quattro anni dopo, mondiali oltre oceano, negli Stati Uniti: finale persa ai rigori, con errore del simbolo della squadra, Roberto Baggio.
Quelli come me che sono nati sul finire degli anni ottanta hanno scarsa memoria di quest'ultimo episodio e nessuna del primo, per cui il loro primo grande appuntamento fu il mondiale di Francia nel '98. Come al solito l'Italia si presentava con discrete ambizioni di successo finale, pur non essendo la favorita; ai quarti peschiamo i padroni di casa e, per la terza volta consecutiva, ci giochiamo la permanenza nel torneo dal dischetto. I nostri sogni, come ahimé ricordiamo, si infransero contro la traversa centrata in pieno da Di Biagio.
Lacrime, calde lacrime, prima grande delusione e desideri di profonda vendetta.
Manco a farlo apposta, l'occasione buona si presenta al giro di giostra successivo: finale degli Europei del 2000. Questa volta, se possibile, l'epilogo è ancora più doloroso. La Francia acciuffa il pareggio negli ultimi trenta secondi dei regolamentari e si aggiudica il trofeo al Golden Gol (regola che verrà poi eliminata nel giro di pochi anni).
Questa doppietta per me è stata letale, mi ha segnato in maniera indelebile, al punto che la celebre vittoria del 2006 non è bastata a rimuovere del tutto il trauma. Forse è legato al disincanto col quale da fanciulli viviamo qualunque esperienza, però il mondiale tedesco è stato una sorta di contentino, o meglio, ci ha permesso di pareggiare i conti, non di passare in vantaggio.
Più vado avanti negli anni e più sento che quella sfida l'ho persa. Non intravedo all'orizzonte la concreta possibilità di chiudere per sempre quelle ferite, è più forte di me.
Tuttora, nonostante siano passati quasi diciassette anni, soffro come un cane a vedere le immagini della finale europea. Distolgo lo sguardo, cambio canale, faccio altro.
Forse ero troppo fragile all'epoca e di conseguenza esposto in maniera eccessiva alle negatività della vita.
O forse, crescendo, una vittoria non mi dà più quell'autentica gioia che avrei provato da bambino.
lunedì 13 marzo 2017
domenica 12 marzo 2017
Schifezze
Il sesso è una cosa che nella vita hanno praticato quasi tutti almeno una volta. Ognuno poi lo intende in maniera differente, c'è chi non osa e resta nell'ordinario e chi invece cerca ogni volta di esplorare nuove possibilità. Ma chissenefrega. Era solo lo spunto per dire che le persone si scambiano liquami, sudori, saliva e pezzi di corpo con maggior disinvoltura di quanto non possa sembrare. Se guardassimo due persone fare sesso ci verrebbe da pensare che in fin dei conti non siamo così schifiltosi, perché ci lecchiamo, ci strusciamo, insomma tutte quelle cose che capitano in occasioni del genere.
Non le rinnego, anzi.
Mi ci diverto abbastanza.
Purtuttavia, non esiste nulla al mondo che faccia più schifo di scambiarsi lo spazzolino da denti. È un'idea più perversa dell'incesto, una devianza mentale pericolosissima e che spero sia presto inserita nei reati contro la persona.
Toccatemi tutto ma non lo spazzolino.
Non le rinnego, anzi.
Mi ci diverto abbastanza.
Purtuttavia, non esiste nulla al mondo che faccia più schifo di scambiarsi lo spazzolino da denti. È un'idea più perversa dell'incesto, una devianza mentale pericolosissima e che spero sia presto inserita nei reati contro la persona.
Toccatemi tutto ma non lo spazzolino.
venerdì 10 marzo 2017
Momento terribile
Questa è difficile.
Occorre premettere che non si tratta di qualcosa esprimibile con una parola sola, bensì è necessaria una locuzione anche abbastanza articolata e complessa.
Può farlo chiunque, ma è necessario fare una certa cosa prima per essere posti nella condizione di farlo. Va beh, non proprio chiunque chiunque, ma se restringo troppo il campo va a finire che si azzecca troppo presto. Diciamo che lo compiono le persone dai dodici anni in avanti, anche se, in linea del tutto teorica, potrebbero anche farlo bambini più piccoli. Ma non è qui la chiave dell'odierno indovinello.
Si tratta di un errore, di un gesto maldestro che causa sudori freddi a causa dell'irreversibilità dei suoi effetti. Ci fa sentire nudi, esposti, è saltata la nostra copertura.
Cos'è?
Occorre premettere che non si tratta di qualcosa esprimibile con una parola sola, bensì è necessaria una locuzione anche abbastanza articolata e complessa.
Può farlo chiunque, ma è necessario fare una certa cosa prima per essere posti nella condizione di farlo. Va beh, non proprio chiunque chiunque, ma se restringo troppo il campo va a finire che si azzecca troppo presto. Diciamo che lo compiono le persone dai dodici anni in avanti, anche se, in linea del tutto teorica, potrebbero anche farlo bambini più piccoli. Ma non è qui la chiave dell'odierno indovinello.
Si tratta di un errore, di un gesto maldestro che causa sudori freddi a causa dell'irreversibilità dei suoi effetti. Ci fa sentire nudi, esposti, è saltata la nostra copertura.
Cos'è?
giovedì 9 marzo 2017
Cosa sarà mai?
Ce l'hanno quasi tutti.
Si restringe e si allarga.
Si può perdere.
Non si usa per fare sesso, ma c'è un evidente collegamento.
Si restringe e si allarga.
Si può perdere.
Non si usa per fare sesso, ma c'è un evidente collegamento.
mercoledì 8 marzo 2017
Amarezze
Quasi nessun cantante sopravvive a se stesso.
Prima o poi la stragrande maggioranza esaurisce le idee, ma torchiati dalle case discografiche son costretti ad incidere nuovi lavori che spesso fanno storcere il naso a chi li aveva apprezzati dall'inizio fino all'apice della carriera. Qualche irriducibile si sorbisce pure gli ultimi stornelli, probabilmente accecato da un amore più simile all'idolatria che ad un sentimento; per il resto, ai concerti si assiste alla triste scena di giubilo quando l'artista smette di pubblicizzare - non me la sento neanche di dire 'eseguire' - i nuovi pezzi del repertorio per passare ai vecchi.
Il messaggio di fondo è proprio: ti prego smettila.
Smettila perché hai esaurito le idee, non hai più la brillantezza per la quale ti abbiamo apprezzato. Veder appassire così i propri idoli è molto peggio che doverne piangere la prematura scomparsa, quando almeno la loro immagine resta sacra ed immacolata.
Fermatevi, abbiate rispetto verso la vostra storia.
Prima o poi la stragrande maggioranza esaurisce le idee, ma torchiati dalle case discografiche son costretti ad incidere nuovi lavori che spesso fanno storcere il naso a chi li aveva apprezzati dall'inizio fino all'apice della carriera. Qualche irriducibile si sorbisce pure gli ultimi stornelli, probabilmente accecato da un amore più simile all'idolatria che ad un sentimento; per il resto, ai concerti si assiste alla triste scena di giubilo quando l'artista smette di pubblicizzare - non me la sento neanche di dire 'eseguire' - i nuovi pezzi del repertorio per passare ai vecchi.
Il messaggio di fondo è proprio: ti prego smettila.
Smettila perché hai esaurito le idee, non hai più la brillantezza per la quale ti abbiamo apprezzato. Veder appassire così i propri idoli è molto peggio che doverne piangere la prematura scomparsa, quando almeno la loro immagine resta sacra ed immacolata.
Fermatevi, abbiate rispetto verso la vostra storia.
martedì 7 marzo 2017
D'un tratto
Un'incredibile ed immotivata nostempìa di quando la politica si viveva nei circoli di partito.
Chissà quanto impegno, quanta dedizione e quanto coinvolgimento ci volevano per farne parte.
Altro che girare svogliatamente su internet.
Chissà quanto impegno, quanta dedizione e quanto coinvolgimento ci volevano per farne parte.
Altro che girare svogliatamente su internet.
lunedì 6 marzo 2017
Impreparazione
Il mondo si è da sempre diviso in due macro-categorie: coloro che arrivano agli esami sereni e rilassati, consapevoli di aver studiato nei giorni precedenti, e chi invece si affanna ad appiccicarsi in fretta e furia nella memoria gli ultimi concetti prima del patibolo.
Ho sempre fatto parte della seconda, anche quando ero effettivamente preparato. Questo per quanto concerne gli esami universitari e altre interrogazioni di vario genere e tipo, ma soprattutto per i concerti. Immancabilmente, mi manca l'ultimo album. Come se fosse la parte nuova del programma, quella che il professore ha aggiunto rispetto alle dispense dell'anno prima sulle quali lo studente discolo (il sottoscritto) ha studiato.
Così, dato che spesso i concerti sono funzionali alla promozione dell'ultimo lavoro, passo le prime canzoni a biascicare qualcosa, cercando di andare a tempo e ad orecchio, con risultati ovviamente goffi ed imbarazzanti, in attesa che attacchino i vecchi successi, a guisa d'uno studentello colto allo sprovvisto che cerca di arrabattarsi fino alla domanda successiva.
Ancorato al passato, in ritardo sul presente.
Ho lo spirito da revival.
Ho sempre fatto parte della seconda, anche quando ero effettivamente preparato. Questo per quanto concerne gli esami universitari e altre interrogazioni di vario genere e tipo, ma soprattutto per i concerti. Immancabilmente, mi manca l'ultimo album. Come se fosse la parte nuova del programma, quella che il professore ha aggiunto rispetto alle dispense dell'anno prima sulle quali lo studente discolo (il sottoscritto) ha studiato.
Così, dato che spesso i concerti sono funzionali alla promozione dell'ultimo lavoro, passo le prime canzoni a biascicare qualcosa, cercando di andare a tempo e ad orecchio, con risultati ovviamente goffi ed imbarazzanti, in attesa che attacchino i vecchi successi, a guisa d'uno studentello colto allo sprovvisto che cerca di arrabattarsi fino alla domanda successiva.
Ancorato al passato, in ritardo sul presente.
Ho lo spirito da revival.
venerdì 3 marzo 2017
giovedì 2 marzo 2017
Richiamo morale
Esistono cose che in realtà non esistono.
Tipo l'anima di sinistra del PD.
Più prosaicamente, e più vicino alla nostra pancia, è giunto il momento di sfatare uno dei più grandi falsi miti della storia dell'umanità, propagandato in maniera vile e subdola sulla scorta di quella che non è niente di più che una semplice unità di misura: l'etto di pastasciutta.
L'etto di pasta, semplicemente, non esiste.
La sua esistenza è ontologicamente indimostrabile, se non come frazione, ma come entità a sé stante ha le stessa fondamenta del mostro di Loch Ness.
Partiamo da due assunti: il primo è che qualsiasi rimasuglio di pasta che sia uguale od inferiore ai cinquanta grammi non si lascia nel pacchetto, ma si accorpa alla restante dose; il secondo è che la porzione singola si aggira intorno a grammi centocinquanta.
Orbene, appare di tutta evidenza come un pacchetto da mezzo chilo contenga al suo interno tre dosi singole: due da centocinquanta grammi abbondanti più una col rimanente. In caso ci fosse un ospite a cena? Nessun problema, se ne faranno fuori tre etti e qualcosa, lasciandone un po' meno di due etti, che andranno a costituire una dose singola. Tre persone? Beh, tre persone fanno un pacchetto.
Tutto molto semplice, alla portata di chiunque.
Eppure, nonostante ciò, nelle dispense italiane si trovano ancora questi insignificanti avanzi di tren/quaran/cinquanta grammi coi quali cosa dovremmo fare?
Uniamoci contro i veri problemi che affliggono l'Italia, consumiamo la pasta in modo più consapevole ma soprattutto eliminando quella fastidiosa sensazione di voglia mista a fame. La sazietà viene prima di tutto.
Tipo l'anima di sinistra del PD.
Più prosaicamente, e più vicino alla nostra pancia, è giunto il momento di sfatare uno dei più grandi falsi miti della storia dell'umanità, propagandato in maniera vile e subdola sulla scorta di quella che non è niente di più che una semplice unità di misura: l'etto di pastasciutta.
L'etto di pasta, semplicemente, non esiste.
La sua esistenza è ontologicamente indimostrabile, se non come frazione, ma come entità a sé stante ha le stessa fondamenta del mostro di Loch Ness.
Partiamo da due assunti: il primo è che qualsiasi rimasuglio di pasta che sia uguale od inferiore ai cinquanta grammi non si lascia nel pacchetto, ma si accorpa alla restante dose; il secondo è che la porzione singola si aggira intorno a grammi centocinquanta.
Orbene, appare di tutta evidenza come un pacchetto da mezzo chilo contenga al suo interno tre dosi singole: due da centocinquanta grammi abbondanti più una col rimanente. In caso ci fosse un ospite a cena? Nessun problema, se ne faranno fuori tre etti e qualcosa, lasciandone un po' meno di due etti, che andranno a costituire una dose singola. Tre persone? Beh, tre persone fanno un pacchetto.
Tutto molto semplice, alla portata di chiunque.
Eppure, nonostante ciò, nelle dispense italiane si trovano ancora questi insignificanti avanzi di tren/quaran/cinquanta grammi coi quali cosa dovremmo fare?
Uniamoci contro i veri problemi che affliggono l'Italia, consumiamo la pasta in modo più consapevole ma soprattutto eliminando quella fastidiosa sensazione di voglia mista a fame. La sazietà viene prima di tutto.
mercoledì 1 marzo 2017
Undici anni
Mi rendo conto che forse possa passare in secondo piano rispetto ad alcune questioni come il dibattito sul fine vita, la questione siriana, le prossime elezioni politiche o il riarmo della prima potenza bellica mondiale (oltretutto, se si 'riarma' quello che è già il più equipaggiato, cosa succede? Costruisce la Morte Nera?), però quest'oggi ricorre l'undicesimo anniversario del pensierino.
Se fosse una persona, andrebbe in prima media.
Siccome non è che mi vengano in mente frasi particolarmente argute da pronunziare, preferisco lasciar spazio a uno dei miei pensierini preferiti: i pirati.
Se fosse una persona, andrebbe in prima media.
Siccome non è che mi vengano in mente frasi particolarmente argute da pronunziare, preferisco lasciar spazio a uno dei miei pensierini preferiti: i pirati.
martedì 28 febbraio 2017
Lavorare anche no
Si vedono ad ogni ora del giorno lungo le strade delle città, ma non solo. Si trovano nei parchi, nelle colline, nelle campagne. Si notano perché indossano abiti tecnici, spesso sintetici, hanno un'età ormai non più da universitari, e fanno sport. A qualsiasi maledetta ora.
Le undici e venticinque.
Le quindici e cinquanta.
Mezzogiorno in punto.
Quando si presume che la gente debba lavorare, loro scorrazzano felici per la città o sgambettano sulle loro costose biciclette, bardati come se dovessero affrontare il Mortirolo o lo Zoncolan.
Il quesito che mi pongo, mentre li scorgo da lontano consapevole di non poterli emulare, è il seguente: quale lavoro fanno? Campano di rendita? Sono tutti metronotte? O forse il libero professionismo di una volta era davvero una pacchia?
Vorrei davvero capire cosa permette alla gente di essere in sella a un pezzo di titanio su ruote alle dieci e quarto del mattino, pronti per farsi un giretto di un paio d'ore, mentre la disoccupazione è a livelli da crisi del '29.
Le undici e venticinque.
Le quindici e cinquanta.
Mezzogiorno in punto.
Quando si presume che la gente debba lavorare, loro scorrazzano felici per la città o sgambettano sulle loro costose biciclette, bardati come se dovessero affrontare il Mortirolo o lo Zoncolan.
Il quesito che mi pongo, mentre li scorgo da lontano consapevole di non poterli emulare, è il seguente: quale lavoro fanno? Campano di rendita? Sono tutti metronotte? O forse il libero professionismo di una volta era davvero una pacchia?
Vorrei davvero capire cosa permette alla gente di essere in sella a un pezzo di titanio su ruote alle dieci e quarto del mattino, pronti per farsi un giretto di un paio d'ore, mentre la disoccupazione è a livelli da crisi del '29.
lunedì 27 febbraio 2017
Trova la caratteristica di stile
Non avrai altro Dio all'infuori di me.
Questo pensierino è assai strano.
Ci sono foglie sui campi di grano.
Queste frasi in apparenza sconnesse.
La scimmia non ballerà mai più nuda.
Vergogna è negli occhi di chi guarda.
Potrebbero volerci degli indizi.
Ma forse sarebbe troppo facile.
In caso voi non ci siate arrivati,
Uno dovrà essere sufficiente.
Questo pensierino è assai strano.
Ci sono foglie sui campi di grano.
Queste frasi in apparenza sconnesse.
La scimmia non ballerà mai più nuda.
Vergogna è negli occhi di chi guarda.
Potrebbero volerci degli indizi.
Ma forse sarebbe troppo facile.
In caso voi non ci siate arrivati,
Uno dovrà essere sufficiente.
sabato 25 febbraio 2017
Bustrofedica
Da qualche giorno ho in mente questa parola, mi assilla.
Bustrofedica è la scrittura continua, cioè che quando deve andare a capo non ricomincia dal lato opposto, per cui si legge come un flusso ininterrotto. Da destra a sinistra e da sinistra a destra.
Bustrofedica suona benissimo.
Non voglio dire come procrastinare, però appartengono alla stessa dorata stirpe, è evidente una qualche discendenza divina.
Purtroppo, bustrofedica è una parola relegata ai margini della nostra lingua. Quando mai abbiamo l'occasione di utilizzarla? Pressoché mai, a meno che uno voglia fare come i bambini che usano parole a sproposito.
Sarebbe invece opportuno valorizzare questo sublime lemma e collocarlo in una posizione ben più adatta al suo rango e alla sua musicalità; è normale che la gente si svegli nervosa e poco felice di andare a lavoro, pensate come potrebbe tutto cambiare se solo potesse masticare più spesso la rotondità del suono di bustrofedica. Bustrofedica. Solo a pronunciarla si migliora la propria qualità della vita. Sazia come un gustoso spuntino, accende l'interruttore del buon umore.
Bustrofedica a tutti.
Bustrofedica è la scrittura continua, cioè che quando deve andare a capo non ricomincia dal lato opposto, per cui si legge come un flusso ininterrotto. Da destra a sinistra e da sinistra a destra.
Bustrofedica suona benissimo.
Non voglio dire come procrastinare, però appartengono alla stessa dorata stirpe, è evidente una qualche discendenza divina.
Purtroppo, bustrofedica è una parola relegata ai margini della nostra lingua. Quando mai abbiamo l'occasione di utilizzarla? Pressoché mai, a meno che uno voglia fare come i bambini che usano parole a sproposito.
Sarebbe invece opportuno valorizzare questo sublime lemma e collocarlo in una posizione ben più adatta al suo rango e alla sua musicalità; è normale che la gente si svegli nervosa e poco felice di andare a lavoro, pensate come potrebbe tutto cambiare se solo potesse masticare più spesso la rotondità del suono di bustrofedica. Bustrofedica. Solo a pronunciarla si migliora la propria qualità della vita. Sazia come un gustoso spuntino, accende l'interruttore del buon umore.
Bustrofedica a tutti.
venerdì 24 febbraio 2017
La prima cosa bella
La soluzione dell'indovinello di ieri era molto semplice: annodare la cravatta.
Siccome il cammino verso la risposta esatta è stato lungo e periglioso, questa volta propongo un quesito alla portata di grandi e piccini, in modo che tutti possano entrare nel weekend con la giusta dose di autostima e fiducia nei propri mezzi.
La prima cosa che fa un militare.
Siccome il cammino verso la risposta esatta è stato lungo e periglioso, questa volta propongo un quesito alla portata di grandi e piccini, in modo che tutti possano entrare nel weekend con la giusta dose di autostima e fiducia nei propri mezzi.
La prima cosa che fa un militare.
giovedì 23 febbraio 2017
Attività quotidiane
Trattasi di attività manuale.
La si può svolgere in casa, ma anche fuori.
C'è chi la pratica quotidianamente, chi con meno frequenza.
Non richiede molto tempo.
Tuttavia, quando dura di più, le persone tendono ad innervosirsi.
Si nota quando qualcuno l'ha fatto.
Se dessi un altro indizio, lo capireste troppo facilmente.
La si può svolgere in casa, ma anche fuori.
C'è chi la pratica quotidianamente, chi con meno frequenza.
Non richiede molto tempo.
Tuttavia, quando dura di più, le persone tendono ad innervosirsi.
Si nota quando qualcuno l'ha fatto.
Se dessi un altro indizio, lo capireste troppo facilmente.
mercoledì 22 febbraio 2017
Il pensierino visivo
Senza un apparente motivo, ho digitato "pensierino del giorno" nella barra di ricerca di Google, dopodiché, non pago, ho selezionato la voce "immagini".
Non l'avessi mai fatto.
È venuto fuori di tutto.
A quanto pare, pensierino del giorno è un espressione da quarantenni sui social. Eppure quando la coniai, quasi undici anni fa, avevo in mente tutt'altro: il mio punto di riferimento erano i pensierini che le maestre assegnavano da fare come compiti a casa, in sostanza dei temi molto corti. Giusto la trasposizione letteraria di un pensiero, di un concetto, nulla di pazzesco, ma al tempo stesso cercavo di darmi un tono ed elevarmi al di sopra di quella che, qualche anno dopo, sarebbe stata chiamata l'epoca dei bimbiminkia.
Ho fallito e devo amaramente prenderne atto.
Non mi resta che vendere tutto quanto a una quarantaseienne con seri problemi di autostima e perennemente in cerca di qualcuno da ammorbare.
Non l'avessi mai fatto.
È venuto fuori di tutto.
A quanto pare, pensierino del giorno è un espressione da quarantenni sui social. Eppure quando la coniai, quasi undici anni fa, avevo in mente tutt'altro: il mio punto di riferimento erano i pensierini che le maestre assegnavano da fare come compiti a casa, in sostanza dei temi molto corti. Giusto la trasposizione letteraria di un pensiero, di un concetto, nulla di pazzesco, ma al tempo stesso cercavo di darmi un tono ed elevarmi al di sopra di quella che, qualche anno dopo, sarebbe stata chiamata l'epoca dei bimbiminkia.
Ho fallito e devo amaramente prenderne atto.
Non mi resta che vendere tutto quanto a una quarantaseienne con seri problemi di autostima e perennemente in cerca di qualcuno da ammorbare.
martedì 21 febbraio 2017
Le barche lontane
Le barche che si allontanano scivolando oltre l'orizzonte non scompaiono.
Siamo noi che non le vediamo più.
Siamo noi che non le vediamo più.
lunedì 20 febbraio 2017
False verità
Le code in autostrada non esistono.
Esistono solo degli imbranati che guidano agli zero all'ora abbarbicati al volante come un naufrago al suo relitto e che, immancabilmente, si appaiano sulle corsie in modo ostruire il passaggio a tutti quelli dietro.
Esistono solo degli imbranati che guidano agli zero all'ora abbarbicati al volante come un naufrago al suo relitto e che, immancabilmente, si appaiano sulle corsie in modo ostruire il passaggio a tutti quelli dietro.
venerdì 17 febbraio 2017
Quasi vero
Oggi si è avvicinata una ragazza, mentre ero seduto al tavolino di un bar e leggevo distrattamente il giornale, per chiedermi se potesse sedersi al medesimo tavolo per bere il suo caffè e dopo una breve chiacchierata di circostanza si è scusata perché doveva proprio andare, lasciandomi tuttavia il numero di telefono per poterci rivedere con maggior calma nei giorni successivi.
Questa storiella è quasi del tutto vera, infatti vi è una ed una sola parola che è falsa. Sostituendola con quella corretta, si otterrà la versione originale.
Qual è questa parola e con quale andrebbe sostituita?
Questa storiella è quasi del tutto vera, infatti vi è una ed una sola parola che è falsa. Sostituendola con quella corretta, si otterrà la versione originale.
Qual è questa parola e con quale andrebbe sostituita?
giovedì 16 febbraio 2017
La nostra generazione
I nostri nonni hanno combattuto i tedeschi. Come se in quella parola potessero essere racchiusi tutti i mali del mondo, il concetto disneyano di nemico efferato e crudele oltre ogni limite. Però hanno vinto, come i veri eroi.
I nostri genitori hanno combattuto il sistema. Hanno protestato per anni, elevando barricate, rivendicando diritti, spazi, voci. Era una battaglia già più confusa e infatti non si può dire che ne siano usciti vincitori.
La nostra generazione invece ha combattuto i pop-up che si aprono quando guardi qualcosa in streaming. E non è affatto detto che vinceremo.
I nostri genitori hanno combattuto il sistema. Hanno protestato per anni, elevando barricate, rivendicando diritti, spazi, voci. Era una battaglia già più confusa e infatti non si può dire che ne siano usciti vincitori.
La nostra generazione invece ha combattuto i pop-up che si aprono quando guardi qualcosa in streaming. E non è affatto detto che vinceremo.
mercoledì 15 febbraio 2017
Finti dilemmi 2 - la vendetta
Alcune questioni di risibile importanza ricevono talvolta attenzioni spropositate ed assumono, pertanto, i connotati di serietà che normalmente non dovrebbero avere. Si tratta proprio di ciò di cui parlavo ieri, che consiste nella tendenza ad esagerare le asserite carenze di indumenti.
Davvero le persone non hanno più niente da mettersi?
Certamente no, al massimo si sono stufate di avere sempre gli stessi capi.
Legittimo, ci mancherebbe.
Non posso però fare a meno di pormi una domanda: i vestiti che fine fanno? Voglio dire, una volta che uno compra finalmente dei vestiti, perchè, come ha detto, non ha niente da mettersi, cosa fa con i vecchi? Li butta tutti via? Tenderei ad escluderlo, quindi li accumula. E se li accumula, quanto è poco probabile, dopo alcuni giri per negozi nel corso del tempo, che davvero non abbia più nulla da mettersi?
Questa cosa mi lascia senza sonno.
Davvero le persone non hanno più niente da mettersi?
Certamente no, al massimo si sono stufate di avere sempre gli stessi capi.
Legittimo, ci mancherebbe.
Non posso però fare a meno di pormi una domanda: i vestiti che fine fanno? Voglio dire, una volta che uno compra finalmente dei vestiti, perchè, come ha detto, non ha niente da mettersi, cosa fa con i vecchi? Li butta tutti via? Tenderei ad escluderlo, quindi li accumula. E se li accumula, quanto è poco probabile, dopo alcuni giri per negozi nel corso del tempo, che davvero non abbia più nulla da mettersi?
Questa cosa mi lascia senza sonno.
martedì 14 febbraio 2017
Finti dilemmi
"Devo assolutamente andare a comprarmi qualcosa. Non ho niente da mettere" disse chiudendo con aria afflitta e sdegnata il proprio armadio traboccante di vestiti ed ignorando le pile di indumenti accatastatesi su letto, sedie, tavoli e divani.
lunedì 13 febbraio 2017
Scopone
In questi lugubri tempi di oscurantismo culturale si avverte forte l'esigenza di un pensierino che si erga a faro morale della civiltà, che costituisca un baluardo tanto a difesa delle tradizioni quanto come propulsore per le innovazioni. Questo incipit è probabilmente privo di senso, ma era necessario per introdurre uno di quei pensierini dal denso e pregnante valore sociale: è mia intenzione, infatti, sgombrare il campo da un equivoco nel quale incorrono tuttora molte persone.
Lo scopone e lo scopone scientifico non sono due diverse modalità di un gioco pressoché identico, nossignori. Il gioco è sempre il medesimo, che si chiama appunto scopone scientifico, per brevità chiamato anche solo scopone, e presenta due varianti, che peraltro mostrano differenze non abissali. Mentre nella scopa a coppie si distribuiscono tre carte a testa e quattro ne vengono disposte sul tavolo, nello scopone si giuoca con nove carte a cranio e quattro in tavola. L'alternativa è giocare senza tavolo, quindi esaurendo il mazzo nelle mani dei giocatori, che si ritrovano con dieci carte l'uno, ma per il resto le regole non mutano. Poi chiaro, tutti siamo consapevoli di come giocare con le nove carte sia soltanto un bieco, squallido e meschino tentativo di evitare l'ansiogeno momento in cui il primo di mazzo deve aprire il gioco senza lasciare una scopa all'avversario, ma per completezza d'informazioni dev'essere menzionato. Leggenda vuole che a chi pratichi questa variante caschi il pistolino entro il primo rintocco delle campane.
In conclusione, gentili radioascoltatori, siate consapevoli del fatto che, indipendentemente da quante carte decidiate di distribuire, state sempre giocando a scopone, che altro non è se non l'abbreviazione di scopone scientifico.
Lo scopone e lo scopone scientifico non sono due diverse modalità di un gioco pressoché identico, nossignori. Il gioco è sempre il medesimo, che si chiama appunto scopone scientifico, per brevità chiamato anche solo scopone, e presenta due varianti, che peraltro mostrano differenze non abissali. Mentre nella scopa a coppie si distribuiscono tre carte a testa e quattro ne vengono disposte sul tavolo, nello scopone si giuoca con nove carte a cranio e quattro in tavola. L'alternativa è giocare senza tavolo, quindi esaurendo il mazzo nelle mani dei giocatori, che si ritrovano con dieci carte l'uno, ma per il resto le regole non mutano. Poi chiaro, tutti siamo consapevoli di come giocare con le nove carte sia soltanto un bieco, squallido e meschino tentativo di evitare l'ansiogeno momento in cui il primo di mazzo deve aprire il gioco senza lasciare una scopa all'avversario, ma per completezza d'informazioni dev'essere menzionato. Leggenda vuole che a chi pratichi questa variante caschi il pistolino entro il primo rintocco delle campane.
In conclusione, gentili radioascoltatori, siate consapevoli del fatto che, indipendentemente da quante carte decidiate di distribuire, state sempre giocando a scopone, che altro non è se non l'abbreviazione di scopone scientifico.
sabato 11 febbraio 2017
In caso di necessità, consultare la lista
Può capitare, nella vita, di ritrovarsi a dover intrattenere una conversazione con una persona dai nobili natali, di diversa estrazione sociale e nello specifico più altolocata. O magari, senza tutto questo necessario pedigree, una persona che ha un atteggiamento diverso nei confronti della vita e quindi più pettinata, per utilizzare un termine che ultimamente va abbastanza di moda.
Senza che uno debba per forza impressionare l'interlocutore o provare a sedurlo/a, è purtuttavia necessario essere consapevoli che ci si muove su di un campo minato, per cui al primo errore si è fuori.
Prima ancora dei concetti e dei ragionamenti, ci sono alcune parole od espressioni che sono severamente proibite, pena l'inserimento automatico nella lista di proscrizione.
Eccovene alcune, fatene buon uso, o meglio, buon NON uso:
- condivisione
- ecologia
- sprechi
- offerta
- saldi
- riserva
- coinquilino
- zaino
- avventura
- ostello
- tenda
- campeggio
- addiaccio
- menu all you can eat
- sottomarca
- bancarelle
- outlet
- mezzo pubblico
- trasporto pubblico
- pullman
- motorino (questa solo stagionale, è da evitare d'inverno)
- blablacar
- sinistra
- redistribuzione
- solidarietà
- accoglienza
Trattasi ovviamente di una lista aperta che invito ad integrare al fine di evitare clamorosi scivoloni.
Senza che uno debba per forza impressionare l'interlocutore o provare a sedurlo/a, è purtuttavia necessario essere consapevoli che ci si muove su di un campo minato, per cui al primo errore si è fuori.
Prima ancora dei concetti e dei ragionamenti, ci sono alcune parole od espressioni che sono severamente proibite, pena l'inserimento automatico nella lista di proscrizione.
Eccovene alcune, fatene buon uso, o meglio, buon NON uso:
- condivisione
- ecologia
- sprechi
- offerta
- saldi
- riserva
- coinquilino
- zaino
- avventura
- ostello
- tenda
- campeggio
- addiaccio
- menu all you can eat
- sottomarca
- bancarelle
- outlet
- mezzo pubblico
- trasporto pubblico
- pullman
- motorino (questa solo stagionale, è da evitare d'inverno)
- blablacar
- sinistra
- redistribuzione
- solidarietà
- accoglienza
Trattasi ovviamente di una lista aperta che invito ad integrare al fine di evitare clamorosi scivoloni.
venerdì 10 febbraio 2017
Pioggia
Prima di uscire dal pesante portone di legno massiccio ti fermi un attimo e appoggi il casco a terra.
La pioggia non dà tregua.
Infili prima i pantaloni da pescatore, che stanno su alla Fantozzi, poi il k-way impermeabile.
Ora sì che sei pronto ad affrontare l'Atlantico del Nord.
Mentre allacci il casco e cerchi le chiavi, avverti una strana sensazione, un noto formicolio che intorpidisce le membra: è il demone della dimenticanza. Puoi sentirlo sogghignare nell'oscurità, felice per avertela fatta ancora una volta.
Non è vero che sei pronto per affrontare l'Atlantico del Nord: hai dimenticato i guanti sul termosifone, ove li avevi riposti qualche ora prima perché si asciugassero. Ora saranno belli caldi, ma ci sono quattro piani di scale oltre a due porte da aprire a chiave a separarvi. Lo studio è ovviamente deserto come il Senato la domenica mattina, tu sei stato l'ultimo ad uscire e a chiuderlo con quattro mandate.
Occorre prendere una decisione in tempi rapidi: tornare su accettando di perdere qualche minuto o affrontare le intemperie a mani nude. Siccome piove, la temperatura dovrebbe essersi alzata di qualche grado: vada per le mani nude.
Arrivi a casa bagnato fradicio, senza il calore di un abbraccio ad attenderti, con un frigorifero che piange miseria e il salotto nella semi oscurità, perché non hai ancora provveduto a sistemare la lampadina che si è fulminata quanto tempo fa? Un mese forse? Magari anche di più, chi se lo ricorda ormai.
L'unico rumore di compagnia è lo sciabattìo prodotto dalla tua pigra andatura, accompagnato poi dal ritmico incidere del coltello che affetta la cipolla e dal gas che scalda la pentola. Potresti mettere della musica, ma quel silenzio culla e avvolge come una coperta dalla quale non vuoi uscire.
Siedi da solo al tavolo mangiando il risotto direttamente dalla padella, poiché significa un piatto in meno da lavare.
La pioggia ti accompagna tamburellando sull'abbaino.
Eppure, la solitudine si fa apprezzare.
La pioggia non dà tregua.
Infili prima i pantaloni da pescatore, che stanno su alla Fantozzi, poi il k-way impermeabile.
Ora sì che sei pronto ad affrontare l'Atlantico del Nord.
Mentre allacci il casco e cerchi le chiavi, avverti una strana sensazione, un noto formicolio che intorpidisce le membra: è il demone della dimenticanza. Puoi sentirlo sogghignare nell'oscurità, felice per avertela fatta ancora una volta.
Non è vero che sei pronto per affrontare l'Atlantico del Nord: hai dimenticato i guanti sul termosifone, ove li avevi riposti qualche ora prima perché si asciugassero. Ora saranno belli caldi, ma ci sono quattro piani di scale oltre a due porte da aprire a chiave a separarvi. Lo studio è ovviamente deserto come il Senato la domenica mattina, tu sei stato l'ultimo ad uscire e a chiuderlo con quattro mandate.
Occorre prendere una decisione in tempi rapidi: tornare su accettando di perdere qualche minuto o affrontare le intemperie a mani nude. Siccome piove, la temperatura dovrebbe essersi alzata di qualche grado: vada per le mani nude.
Arrivi a casa bagnato fradicio, senza il calore di un abbraccio ad attenderti, con un frigorifero che piange miseria e il salotto nella semi oscurità, perché non hai ancora provveduto a sistemare la lampadina che si è fulminata quanto tempo fa? Un mese forse? Magari anche di più, chi se lo ricorda ormai.
L'unico rumore di compagnia è lo sciabattìo prodotto dalla tua pigra andatura, accompagnato poi dal ritmico incidere del coltello che affetta la cipolla e dal gas che scalda la pentola. Potresti mettere della musica, ma quel silenzio culla e avvolge come una coperta dalla quale non vuoi uscire.
Siedi da solo al tavolo mangiando il risotto direttamente dalla padella, poiché significa un piatto in meno da lavare.
La pioggia ti accompagna tamburellando sull'abbaino.
Eppure, la solitudine si fa apprezzare.
giovedì 9 febbraio 2017
Salta!
Tracciare bilanci non è mai stata una delle mie attività preferite. Per contro, la mia memoria è stranamente selettiva sulle date e sugli anniversari, quindi in un certo modo mi indirizza a farlo, perché capita che io mi renda conto che in un certo giorno sono passati esattamente tot anni da un avvenimento.
Non mi piace neanche parlare di me, specie qua sopra: un conto è scherzare, prendersi in giro, ma esporsi pubblicamente mi riesce particolarmente difficile. Per questo motivo è con estrema fatica che tiro fuori queste - per la verità non tantissime - parole.
Cinque anni fa, come ricorda la mia quasi infallibile memoria, sono cambiato profondamente. Forse sono proprio diventato una persona diversa.
Lasciando perdere l'evento singolo da cui è dipeso il cambiamento, l'aspetto principale è legato alla lezione che ne ho tratto, sulla cui validità non nutro alcun dubbio.
Salta sempre, non avere paura.
Devo in tutta franchezza osservare che non sempre è andata così, eppure l'aver interiorizzato il precetto è stata già una piccola rivoluzione. Fino ad allora aleggiava, impercettibile, talvolta ne respiravo appena l'essenza, talaltra proprio non me ne accorgevo.
Adesso invece so che esiste e che bisogna seguirlo in ogni circostanza, non fosse altro che per non aver rimpianti.
Non mi piace neanche parlare di me, specie qua sopra: un conto è scherzare, prendersi in giro, ma esporsi pubblicamente mi riesce particolarmente difficile. Per questo motivo è con estrema fatica che tiro fuori queste - per la verità non tantissime - parole.
Cinque anni fa, come ricorda la mia quasi infallibile memoria, sono cambiato profondamente. Forse sono proprio diventato una persona diversa.
Lasciando perdere l'evento singolo da cui è dipeso il cambiamento, l'aspetto principale è legato alla lezione che ne ho tratto, sulla cui validità non nutro alcun dubbio.
Salta sempre, non avere paura.
Devo in tutta franchezza osservare che non sempre è andata così, eppure l'aver interiorizzato il precetto è stata già una piccola rivoluzione. Fino ad allora aleggiava, impercettibile, talvolta ne respiravo appena l'essenza, talaltra proprio non me ne accorgevo.
Adesso invece so che esiste e che bisogna seguirlo in ogni circostanza, non fosse altro che per non aver rimpianti.
mercoledì 8 febbraio 2017
La mano fredda
Quando si utilizza il pc, che sia per lavoro o per cazzeggio, capita che si utilizzi il mouse con una mano mentre l'altra resta inoperosa, appoggiata sul tavolo oppure intenta a sostenere il mento. Sebbene l'ambiente nel quale ci troviamo non sia per forza freddo, anzi magari è ben riscaldato, la mano che tiene il mouse diventa gelida.
Immancabilmente.
Inevitabilmente.
Indubitabilmente.
Improcrastinabilmente.
Indefessamente.
INSPIEGABILMENTE.
Il mouse, di per sé non è che sia ghiacciato, avrà suppergiù qualche grado in meno dell'ambiente circostante, ma non stiamo parlando di azoto liquido.
Eppure, la mano che lo controlla scende a una temperatura da morte apparente. Il dato non sarebbe così significativo se esteso ad entrambe le mani, ma è proprio la disparità di calore a turbarmi.
Se ci penso, mi smarrisco nella mia totale incapacità di trovare una risposta.
Non resta che fare come Lois Griffin quando Brian le chiede se le capita mai di pensare che ha sposato un imbecille.
Immancabilmente.
Inevitabilmente.
Indubitabilmente.
Improcrastinabilmente.
Indefessamente.
INSPIEGABILMENTE.
Il mouse, di per sé non è che sia ghiacciato, avrà suppergiù qualche grado in meno dell'ambiente circostante, ma non stiamo parlando di azoto liquido.
Eppure, la mano che lo controlla scende a una temperatura da morte apparente. Il dato non sarebbe così significativo se esteso ad entrambe le mani, ma è proprio la disparità di calore a turbarmi.
Se ci penso, mi smarrisco nella mia totale incapacità di trovare una risposta.
Non resta che fare come Lois Griffin quando Brian le chiede se le capita mai di pensare che ha sposato un imbecille.
martedì 7 febbraio 2017
Quanta letizia
Metà pomeriggio di un sabato, supermercato.
Banco dei salumi.
Fretta, necessità di cavarsela rapidamente.
Stanno servendo un tizio, speriamo sia celere.
Vestito da corsa, avrà finito da poco.
Non ha nemmeno il carrello.
Ottimismo.
Ma quanto cazzo di cotto gli stanno affettando?
"Mezzo chilo preciso, desidera altro?"
Li morta'nguerieri.
"Sì grazie, mi dà quattro etti di crudo?"
Cos'ha, una pizzeria?
"Ecco a Lei, basta così?"
Sì, basta, togliti che non ho tutto il giorno.
"Tre etti di speck"
Ora mi spieghi cosa fai con tre etti di speck. Li usi per grigliare una dozzina di tomini?
"Poi mi dà una dozzina di tomini per favore"
Lo ammazzo. Lo colpisco sulla tempia con una ruota di parmigiano.
"Venga di lato che le do tutto, grazie a Lei, arrivederci. Ottantasette?"
Oh, io.
"Buongiorno, desidera?"
Merda, il foglietto.
Banco dei salumi.
Fretta, necessità di cavarsela rapidamente.
Stanno servendo un tizio, speriamo sia celere.
Vestito da corsa, avrà finito da poco.
Non ha nemmeno il carrello.
Ottimismo.
Ma quanto cazzo di cotto gli stanno affettando?
"Mezzo chilo preciso, desidera altro?"
Li morta'nguerieri.
"Sì grazie, mi dà quattro etti di crudo?"
Cos'ha, una pizzeria?
"Ecco a Lei, basta così?"
Sì, basta, togliti che non ho tutto il giorno.
"Tre etti di speck"
Ora mi spieghi cosa fai con tre etti di speck. Li usi per grigliare una dozzina di tomini?
"Poi mi dà una dozzina di tomini per favore"
Lo ammazzo. Lo colpisco sulla tempia con una ruota di parmigiano.
"Venga di lato che le do tutto, grazie a Lei, arrivederci. Ottantasette?"
Oh, io.
"Buongiorno, desidera?"
Merda, il foglietto.
giovedì 2 febbraio 2017
Di oggi
Lo faccio di oggi.
Di oggi dovremmo finire.
Ecco un'altra espressione che non riesco a tollerare, mi provoca l'orticaria, libera in me demoni che pensavo incatenati a robuste pareti. Invece no, ogni volta che qualcuno la utilizza vorrei avere un tomahawk appeso alla mia cintura per scagliarlo verso quella persona come l'ultimo dei Mohicani; grande sarebbe la gioia nel poter aggiungere il suo scalpo alla mia collezione.
Purtroppo la mia intolleranza tracima e inibisce l'ormone della socialità, quello che impedisce di comportarsi con gli altri come Jack Nicholson in Shining.
Sarebbe interessante andare più a fondo e capire da dove scaturisce questo profondo disagi, questa naturale repulsione nei confronti di alcuni usi linguistici. Tuttavia, sociologo non sono e quindi mi limito a prendere atto del travaso di bile che queste espressioni mi provocano.
Il bello è che ce ne sono davvero tante.
Facciamo mente locale e di oggi troviamo una soluzione.
Di oggi dovremmo finire.
Ecco un'altra espressione che non riesco a tollerare, mi provoca l'orticaria, libera in me demoni che pensavo incatenati a robuste pareti. Invece no, ogni volta che qualcuno la utilizza vorrei avere un tomahawk appeso alla mia cintura per scagliarlo verso quella persona come l'ultimo dei Mohicani; grande sarebbe la gioia nel poter aggiungere il suo scalpo alla mia collezione.
Purtroppo la mia intolleranza tracima e inibisce l'ormone della socialità, quello che impedisce di comportarsi con gli altri come Jack Nicholson in Shining.
Sarebbe interessante andare più a fondo e capire da dove scaturisce questo profondo disagi, questa naturale repulsione nei confronti di alcuni usi linguistici. Tuttavia, sociologo non sono e quindi mi limito a prendere atto del travaso di bile che queste espressioni mi provocano.
Il bello è che ce ne sono davvero tante.
Facciamo mente locale e di oggi troviamo una soluzione.
venerdì 20 gennaio 2017
Sale grosso
Comprendo che le imprese produttrici di sale grosso non dedichino particolare attenzione e/o risorse al confezionamento del prodotto (incredibile, esiste una parola italiana anche per packaging, l'avreste mai detto?), però è davvero necessario realizzare dei pacchetti così scadenti da far sempre tracimare il contenuto? Per giunta viviamo in una Repubblica fondata sulla scaramanzia, com'è possibile che un simile fenomeno rischi di verificarsi così di frequente? Sono basito dal fatto che non siano ancora nate rivolte o tumulti.
martedì 17 gennaio 2017
Mente locale
Ciao, espressione "mente locale".
Vorrei festeggiare con te i vent'anni di odio.
Ti sentii utilizzare per la prima volta da mio padre all'incirca nel 1997 e, sebbene avessi compreso il tuo significato, ti odiai istintivamente. Quell'odio bilioso e rancoroso che prova il grillino di fronte ai poteri forti, l'odio degli attivisti di Greenpeace verso le petroliere.
L'odio che ci piace, insomma.
Sei un'espressione che disprezzo, che mai ho utilizzato e che mai utilizzerò.
Eterno rancore prometto a chi la pronuncerà in mia presenza.
Vorrei festeggiare con te i vent'anni di odio.
Ti sentii utilizzare per la prima volta da mio padre all'incirca nel 1997 e, sebbene avessi compreso il tuo significato, ti odiai istintivamente. Quell'odio bilioso e rancoroso che prova il grillino di fronte ai poteri forti, l'odio degli attivisti di Greenpeace verso le petroliere.
L'odio che ci piace, insomma.
Sei un'espressione che disprezzo, che mai ho utilizzato e che mai utilizzerò.
Eterno rancore prometto a chi la pronuncerà in mia presenza.
martedì 3 gennaio 2017
Mala tempora currunt
In questo pensierino, e per la verità nemmeno in quelli precedenti, non avevo espresso con sufficiente chiarezza un concetto. Ai tempi del referendum sarebbe stata scattata una fotografia, e noi avremmo dovuto decidere quali file ingrossare. Tutto in maniera libera e legittima, per carità.
La mia scelta è stata parecchio tormentata, come ben sanno coloro che ho ammorbato tramite i numerosi interventi sul tema; nonostante le varie elucubrazioni, ho scelto poi seguendo l'istinto, pensando proprio al fatto che quel voto avrebbe potuto determinare futuri equilibri, pur non apprezzandone la logica.
A quasi un mese di distanza, sono quasi sollevato. Ci avviciniamo a un grande e terribile scontro intestino, i cui esiti sono più che mai incerti.
Mi piace fare il catastrofista, ma credo davvero che la democrazia sia in pericolo. Tutto quello che noi siamo abituati a dare per scontato, e che dunque non proteggiamo più con l'intensità e la forza che merita, è a rischio. Questo scontro contrapporrà due schieramenti e non vi sarà una terza opzione disponibile: forse ho esagerato nell'anticipare la presa di posizione al referendum, ma è una delle poche scelte delle quali sarò sempre pienamente convinto.
Mi piace fare il catastrofista, ma credo davvero che la democrazia sia in pericolo. Tutto quello che noi siamo abituati a dare per scontato, e che dunque non proteggiamo più con l'intensità e la forza che merita, è a rischio. Questo scontro contrapporrà due schieramenti e non vi sarà una terza opzione disponibile: forse ho esagerato nell'anticipare la presa di posizione al referendum, ma è una delle poche scelte delle quali sarò sempre pienamente convinto.
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