ripartirei da qui
stando alla garzanti linguistica, il benaltrismo è la "tendenza a spostare l'attenzione dal problema in discussione ad altro che si addita come più importante o più urgente".
per quanto poco mi si addica il ruolo del censore (sebbene lo desideri!), è evidente che questo costume sia largamente diffuso in italia, dove credo se ne detenga il record mondiale di abuso. tuttavia, non nasce a caso: siamo il paese dove, nonostante la profonda tradizione cattolica (o forse proprio per sua causa), l'atto che riesce più difficile è l'assunzione di responsabilità.
io non ho mai sbagliato.
se ho sbagliato (ma non è vero), guardate che sbagliano tutti (quindi io non ho sbagliato).
per chiudere il sillogismo: io non ho mai sbagliato.
la quintessenza del benaltrismo è rappresentata dall'ormai celebre "e i marò?!", figlio naturale del precursore "e le foibe?!", ma la declinazione che più mi affascina è quella che viene sfruttata in ambito, appunto, di responsabilità.
ne deriva che non è importante che io sia colpevole o meno, ma neanche che provi a discolparmi, l'importante è trovare qualcuno da trascinare negli inferi, forse per via dell'errata interpretazione dell'adagio per cui mal comune mezzo gaudio.
non perdiamoci in quisquilie.
il corollario essenziale, si diceva, del benaltrismo, è quello che postula l'equazione tutti colpevoli uguale nessun colpevole. non è ovviamente mai vero, perchè la colpevolezza presuppone, logicamente, la violazione di una legge: una legge che non è rispettata da nessuno dev'essere perlomeno adeguata, quindi se resiste significa che è ancora valida e vigente. non è neanche vero che i colpevoli sono tutti, ci basta reperire un compagno di sventura con cui addentrarci nei meandri dell'arrampicata su vetro, sport estremo per vittime certificate.
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