l'otto settembre è una data sempre scomoda, come tutte quelle più o meno direttamente riconducibili alla seconda guerra mondiale e quindi alle vicissitudini del regime fascista in italia. di solito si segnala per una smodata presenza di post sui social network nei quali improbabili e nostalgici apologeti fanno riferimento a eventi accaduti quarant'anni prima della loro nascita come se li avessero vissuti in prima persona, anzi come se fossero stati dei protagonisti di quei giorni. un po' come se mio nonno, che era del 1919, mi avesse parlato per slogan dell'unità d'italia.
quest'anno, ad ogni modo, ho deciso di sfruttare la ricorrenza per sviluppare una riflessione secondo me inevitabile: cosa significa tradire? quand'è che si può legittimamente parlare di tradimento?
cercando di strutturare il discorso con un approccio neutro, direi che il tradimento significa la rottura della fiducia sulla quale si regge un rapporto. due persone hanno un rapporto di fiducia riguardo ad alcune cose e una delle due lo vìola, tradisce. la situazione tipica alla quale la nostra mente ricorre è quella di un fidanzamento/matrimonio o di amicizia. volendo riavvicinarsi al punto di partenza sembra opportuno prendere in considerazione solo la seconda, che è di facile interpretazione quando riguarda solo due persone, mentre diventa questione assai più spinosa e complicata quando vengono in rilievo gruppi di consociati, dove la volontà non è più individuale bensì collettiva e frequentemente si forma nonostante il dissenso di taluni. quando alla formazione della volontà collettiva si concorre secondo il metodo cosiddetto democratico e cioè quello della maggioranza più uno è giusto che tale volontà sia rispettata anche da coloro che non la condividono, se vogliono restare all'interno di quel gruppo e rispettarne le regole generali. se invece a ciò si è giunti attraverso metodi di sopraffazione è normale aspettarsi che questa non venga mai accettata e anzi ribaltata il prima possibile, concetto talmente banale che non merita ulteriori disquisizioni.
ma torniamo al caso di prima: si forma democraticamente una volontà. fino a dove ci vincola? voglio dire, è fisiologico che le idee possano mutare nel tempo e la maggioranza che ieri ha deciso x oggi può avere diversa composizione e stabilire y. tuttavia, si sostiene, vi sono casi in cui ciò non dovrebbe accadere, per esempio se il rapporto che si regge sulla fiducia è di tipo amicale. ma possono due stati essere amici? non sarebbe meglio parlare di partner commerciali, o piuttosto belligeranti? un lieve spostamento della prospettiva aiuta ad aprire numerosi scenari. perchè, così come sembra lecito in talune circostanze rompere un rapporto di amicizia se l'altra persona ha preso decisioni con le quali non possiamo convivere, ancora più facile ciò dovrebbe diventare quando l'amicizia altro non è se un rapporto di comodo, di mutuo vantaggio. e laddove questo cambi in maniera consistente la maggioranza di uno dei gruppi e palesi la propria contrarietà alla prosecuzione di tale rapporto, è evidente che non abbia alcun senso parlare di tradimento.
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