c'è una cosa che mi turba del rapporto con la tecnologia e le innovazioni. o meglio, non è proprio che mi turbi, sarebbe più corretto dire che mi causa dubbi irrisolti.
partiamo da un assioma: qualunque cambiamento migliora la nostra vita rendendola più comoda, più semplice, o magari addirittura aggiunge delle possibilità che prima non avevamo. in quest'ultimo senso collocherei internet, che ha permesso di ampliare l'accesso alla conoscenza.
altre, come dicevo, ci hanno reso la vita più facile e penso al navigatore satellitare: prima ci si arrangiava con le cartine e si chiedevano indicazioni, ora si imposta la destinazione finale sul navigatore e ci si lascia guidare.
dunque, posto che appunto non mi passa neanche per l'anticamera del cervello l'idea di criticare il progresso, mi domando in che misura ne diventiamo schiavi. se uno ci pensa, prima dell'innovazione che ha semplificato la vita ci si doveva arrabbattare in qualche altro modo, mentre dopo ci affidiamo completamente all'ultimo ritrovato della tecnologia ed è qui che possono sorgere dei problemi: che succede quando non possiamo utilizzare l'invenzione? riusciamo a vivere come prima? oppure la nostra mente si è ormai bloccata su quel livello, lo ha dato per acquisito e non può quindi tornare indietro, concependo di fatto la nostra esistenza come mutilata?
non mi sono espresso benissimo, ma quello che intendevo chiedermi è quanto c'impigrisca il progresso, quanto ci faccia dimenticare di quando si viveva in sua assenza senza che ci fossero particolari problemi. temo che la risposta sia molto. il punto focale è che non esistiamo solo noi, esiste anche un mondo intorno a noi perciò poco male se siamo gli unici nel mondo a trovarci a un livello superiore e poi dover tornare allo stesso di tutti gli altri, il cruccio è restare indietro. non riusciamo a sopportarlo, viviamo come se fossimo dei paria.
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