giovedì 22 marzo 2018

Risate a denti strettissimi

Topolino si ostina a pubblicare le barzellette che vengono spedite dai lettori: poiché il suo pubblico è in larga parte composto da infanti in età pre-puberale, più che freddure si leggono degli obbrobri. Dall'alto della mia età pensionabile giudico e ironizzo, ma mi rendo conto di essere irrispettoso. Ridere non è per tutti, anzi. Ogni tanto mi avvicino alle persone con delle battute che reputo esilaranti e se va bene non mi querelano, se va male mi percuotono con un bastone. Figuriamoci lo spiccato senso dell'umorismo che potevo avere durante le elementari! Seguendo questo ragionamento mi sono ricordato che, con ogni probabilità, ero ritenuto un non simpatico: non significa proprio antipatico, ma solamente non in grado di suscitare l'altrui riso; a pensarci bene, non poteva essere diversamente.
Uno dei grandi esponenti italiani della sbarzelletta (per tale intendendosi quella che non fa proprio ridere) era mio nonno. A parte il fatto che era affetto da prolissità cronica e quindi le sue barzellette duravano quanto partite di calcio, mancavano totalmente di elemento comico; al pari dei bambini, si riteneva però in dovere di propinarle a chiunque gli capitasse a tiro, convinto che l'interlocutore si sbellicasse dalle risate.
Il suo cavallo di battaglia era questo.

La maestra assegna un tema da scrivere agli alunni. Traccia: passa il treno. Pierino ci pensa un po' e infine scrive: "Traccia: passa il treno. Svolgimento: e io mi scanso". Lo consegna e la maestra commenta a penna "E io ti boccio". Pierino a sua volta "Beh, meglio bocciato che sotto un treno".

Gelo.

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