lunedì 1 febbraio 2016

pensierino del giorno-01/02/2016

- presto! - gli disse, facendogli cenno con la mano di raggiungerla.
- Giulia, si può sapere dove mi stai portando? -
lei si girò, gli prese la mano e affrettò il passo.
- dai sbrigati, o ci muoviamo o chiude! -
- ma cosa chiude, in nome del cielo? -
- il ponte! eccolo! oh, è ancora lì! svelto, non c'è tempo da perdere! -
dinanzi a loro, in effetti, si scorgeva un ponticello di legno, ad arco, che permetteva di attraversare un placido ruscello il cui corso lambiva il prato, formando una dolce curva di cui non si vedeva però la fine. aveva l'aria di essere piuttosto recente, sembrava anzi che l'avessero costruito da pochi giorni. ma chi l'avrebbe fatto? e perchè? senza una targhetta, nulla, un minimo segnale di riconoscimento?
era perplesso da quel posto, non ricordava neanche bene come ci era finito; si rendeva conto che sua moglie era già a metà del ponte e continuava a tirarlo energicamente appresso a sé.
quando furono dall'altra parte lei si fermò, ansimò, riprese fiato e lo guardo finalmente serena.
- l'abbiamo passato troppo in fretta e non ho fatto in tempo a leggere l'orario di chiusura, mannaggia!- commentò con sprezzante sarcasmo.
per tutta risposta, la moglie si girò indietro, continuando a respirare profondamente per regolarizzare i battiti del proprio cuore. rimase in silenzio finchè anche lui non si voltò. il ponte era sparito, restava solo il ruscello e il prato da cui erano arrivati. fu assalito, senza un vero motivo, dalla sensazione di trovarsi su un'isola, anche se non aveva mai visto un'isola a pochi metri dalla terraferma.
- allora, - iniziò a spiegargli la moglie, rassettandosi i capelli dietro le orecchie e avviandosi lungo un sentiero che si addentrava in una macchia di alberi - ogni persona, nella sua vita, compie delle scelte. ne facciamo a centinaia ogni giorno e sono ovviamente in grado di influenzare il nostro destino, in un certo senso ne siamo continuamente artefici. ricordi il film sliding doors? una cosa simile, con la differenza che nella vita reale questo accade pressoché sempre. tuttavia, ci sono solo tre grandi momenti che sono in grado di mutare il seguito della nostra esistenza.
è una sorta di legge dell'universo, ognuno ha tre di questi momenti all'interno della propria vita -
si prese un attimo di tempo per riflettere su quelle parole, proseguendo al fianco della moglie, poi le chiese: - come se ci fossero decisioni minori, in grado solo di condizionare pochi minuti o pochi attimi, e decisioni che invece influenzano e modificano il corso di tutto quanto ci resta da vivere? -
- sì, direi che hai reso abbastanza bene l'idea - gli rispose - io ho questa mia personale triade, tu la tua e via discorrendo. anche i nostri figli, e può capitare, anzi capita sempre, che quelle di due o più persone s'intreccino -
- e mi stai spiegando questo perché...-
- perché questa è l'isola di quello che non abbiamo mai vissuto. la strada che abbiamo scartato, l'opzione che non ci è piaciuta. -
- vuoi dire i finali alternativi? quelli che avremmo voluto poter vedere al momento della scelta, per sapere quale direzione imboccare? -
- esatto, solo che tu non sai in anticipo se una scelta sarà destinata a cambiare la tua vita o meno, perchè, appunto, può darsi che tu subisca l'effetto della decisione di qualcun altro e quindi ne sia in qualche modo vittima. tu puoi esserti trovato a subire tale decisione per una scelta all'apparenza banale, alla quale non hai dato la minima importanza -
nel pronunciare l'ultima frase distolse il viso da lui con un gesto istintivo, come se volesse ricacciare indietro una lacrima. non gli sfuggì lo strano contegno della moglie, ma decise di non fare domande.
dopo qualche minuto trascorso in silenzio, lui riprese il discorso: - quindi non avrebbe senso fermarsi a vedere i possibili finali ogni volta, perchè finiremmo col non vivere -
- sì - gli rispose con un ritrovato sorriso. lo prese sotto braccio e uscì dal sentiero, imboccando una deviazione che saliva lungo il fianco della montagna. da dove fosse sbucata quella montagna, non riusciva a spiegarselo.
lei gli fece cenno di non parlare, e con passo leggero si avvicinò a due persone che confabulavano ai piedi di una parete rocciosa, sorseggiando vino da un fiasco che si passavano di mano in mano. furono proprio le loro mani a catturare la sua attenzione: spesse, con le vene in rilievo, callose, e soprattutto ricoperte di una polvere bianca, come se avessero finito d'impastare il pane.
stava per domandare spiegazioni, ma la moglie lo anticipò e gli intimò nuovamente il silenzio.
osservarono per alcuni minuti, poi lei si allontanò e lui la seguì.
- allora, cos'hai riconosciuto? - gli chiese.
- due signori, piuttosto in là con gli anni, che stavano seduti su dei sassi a tagliare fette spesse di salame e tracannare vino direttamente dalla bottiglia -
- nient'altro? -
- non che ricordi - e si affrettò ad aggiungere: - avrei dovuto?-
lei fece spallucce, senza interrompere il cammino. la strada degradava dolcemente e all'orizzonte s'intravedevano fila di case basse, con un tetto dalla forma singolare. si rese conto che anche la vegetazione stava cambiando, ma di nuovo non fece domande.
- i due signori - esordì la moglie - erano in una pausa dopo aver scalato sulla falesia. non hai notato l'attrezzatura che era poco distante? -
- sinceramente no, non riuscivo a concentrare la mia attenzione su niente, era come se non fossi in grado di mettere a fuoco la scena -
- quindi i loro volti non ti sono sembrati familiari? - lo incalzò
- decisamente no -
- hai prestato davvero poca attenzione. mi aspettavo che notassi la cicatrice sulla spalla del signore che tagliava il salame, era bella evidente grazie alla sua canottiera -
- come ti ho detto, io...-
ma lei lo interruppe, riprendendo il filo del suo discorso: - hai appena visto uno di quelli che tu hai definito 'finali alternativi'. ricordi cosa successe quando andasti in trasferta a verona l'ultima volta? -
questa volta fu lui a restare ammutolito, torvo sui propri ricordi, come se li volesse riportare a galla da un abisso in cui li aveva nascosti. scandendo bene le parole, iniziò a ricostruire: - eravamo euforici per la vittoria inaspettata, restammo dentro il settore a cantare per mezz'ora abbondante dopo il fischio finale. eravamo sbronzi marci, avevamo fatto entrare di nascosto non so più quante boccette di sambuca ed erano state finite tutte quante. uscendo dallo stadio ci sentivamo invincibili, gli scoppi che arrivavano dal lato della tribuna non ci preoccupavano perchè tutto sembrava militarizzato...appena entrammo nel parcheggio ci trovammo di fronte un drappello di veronesi che non so da dove minchia fosse sbucato. in pochi istanti si scatenò il finimondo, torce che volavano da una parte all'altra, botte da orbi, cinghiate, astate, gente per terra, poi una carica della celere mise al tappeto i pochi che erano rimasti in piedi; fu una strage di diffide, ne appiopparono a centinaia grazie alle telecamere nascoste. non si salvò nessuno -
- vero. ma tu non prendesti parte, e fu per questo che la passasti liscia. doveva essere la tua ultima trasferta, io ero già incinta di sei mesi. non capirai mai cosa provai quando la tv diede la notizia dei tafferugli, in più tu non rispondevi al telefono. un'angoscia infinita. ecco, l'anziano con la cicatrice sei tu, se ti fossi buttato nella rissa e fossi stato diffidato: avresti perso il lavoro e la sottoscritta. non chiedermi cos'avresti fatto dopo, questo lo ignoro, ma saresti finito da solo con un tuo amico a scalar montagne nel sud della spagna. senza una famiglia, a viver di lavoretti saltuari e sottopagati, ma poco t'importa, perchè ormai la tua vocazione è stare a contatto con la natura. in particolar modo, lontano dalla civiltà, lontano dal ricordo di me e della tua vita precedente -
- quello era il sud della spagna? -
- non hai riconosciuto nemmeno il paesaggio? -
- così su due piedi non l'ho collegato a niente, - tentò di spiegarsi - del resto non capisco niente di questo posto, dove siamo finiti? non c'è lo straccio di un cartello, non un'indicazione. sembra una città, ma non europea, guarda la gente. siamo in asia? -
- singapore -
questa volta capì.
molti anni prima, appena conclusa l'università, aveva fatto domanda per un tirocinio di alcuni mesi a singapore, e inizialmente era stato preso.
- poi cosa accadde? - chiese dolcemente la moglie prendendogli la mano e guidandolo su per le scale di un palazzo.
- stavo per firmare, ma proprio il giorno prima arrivò un'offerta da berlino, con un trattamento economico di gran lunga superiore. non ci pensai tanto, mandai al diavolo singapore e scelsi la germania -
- dove c'incontrammo. in coda al berghain, rimbalzati entrambi. e nonostante tu fossi vestito da donna, riuscisti a portarmi a letto. è stata l'unica volta in cui una donna è riuscita a sfilarmi le mutandine - e scoppiò a ridere.
lui annuì sorridendo, nascondendo goffamente un lieve rossore. alzò lo sguardo e si ritrovò nel mezzo di un appartamento, dove una famiglia numerosa stava mangiando al tavolo nella sala da pranzo.
- guardati - gli indicò la moglie - seduto a capotavola -
l'anziano signore aveva dei tratti simili a quello che affettava il salame, ma era più curato, rasato, con abiti di foggia migliore e un fisico meno allenato. alla sua destra sedeva una donnina asiatica con i capelli ormai grigi raccolti in una crocchia, il volto punteggiato dalle lentiggini che esprimeva un'aria ancora giovanile ed energica.
le altre sedie erano occupate dai loro figli, che dalla madre sembravano aver preso solo una lieve forma a mandorla negli occhi, e dalle rispettive mogli, che parevano essere state scelte in rappresentanza dell'umanità intera, tanto erano diverse tra loro per colore della pelle e tratti somatici.
poco oltre il tavolo, una nidiata di bambini giocava chiassosamente sui divani del salotto con i giocattoli appena ricevuti.
- perché siamo qui? voglio dire, chi se ne frega. non tornerei mai indietro, non rinuncerei mai a te in cambio di una famiglia come questa, per quanto possano sembrare felici e armoniosi -
- ci stiamo arrivando - gli rispose la moglie conducendolo giù per le scale del palazzo.
quando furono in strada, la città era nuovamente cambiata.
per la prima volta era in grado di orientarsi, si trovava a pochi passi da casa. ed era proprio lì che si stavano dirigendo, passando però dal giardino.
- non entriamo? - le chiese sospettoso.
- no, questa volta no - mormorò senza guardarlo negli occhi.
in cucina vide se stesso e la moglie, intenti a imbastire una cena romantica.
qualcosa iniziò a risvegliarsi nei suoi sensi, affannosamente cercò di spiare cosa stessero preparando.
l'arnese che stava tenendo in mano era una mezzaluna e sembrava sporca di verde, quindi con ogni probabilità stava affettando del prezzemolo. pesce?
una fitta più forte gli prese lo stomaco, ma cercò di non darlo a vedere.
la moglie dentro la casa era vestita con i tacchi, si muoveva sensuale come una pantera anche quando si trattava di portare il cibo in tavola, dove finalmente riuscì a vederlo meglio.
- cazzo Giulia ma siamo noi due che ceniamo stasera! - esclamò.
ora gli occhi di sua moglie non potevano più mentire, erano gonfi di lacrime.
una terza lancinante fitta lo piegò sulle ginocchia.
- questo non può essere un finale alternativo, è la nostra storia, cosa può averla modificata? -
- avevi fretta di tornare. volevi saltarmi addosso, mi mandavi messaggi osceni, ma io ero contenta, non vedevo l'ora che tu arrivassi, così ti provocavo con delle foto. credo che tu non l'abbia neanche visto arrivare, probabilmente stavi armeggiando col telefono -
- visto arrivare cosa? ho fatto un incidente? e allora cosa ci faccio qui, sano come un pesce? dovrei essere in ospedale o almeno -
- no - lo interruppe lei, quando sei arrivato in ospedale era troppo tardi, hanno fatto il possibile ma non ti hanno salvato.
- quindi io sto... -
- sì, amore mio. tu stai morendo - disse tra i singhiozzi, mentre la sua immagine diveniva sempre più sfocata.
- non ti sento più, toccami Giulia, ti prego, fa' qualcosa, sono sempre più lontano, Giulia cazzo che mi sta succedendo -
scorse le labbra della moglie che mormoravano qualcosa, ma non riuscì a comprenderne il significato, perchè il buio inghiottì tutto.

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